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Heroes – David Bowie
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Harry sa cosa fare.

Quel giorno fu il gelo ad impadronirsi della mattina. Si sciolse nel vento, che pizzicò le foglie ancora verdi e ancora fresche, scivolando tra i fili d'erba e facendoli tremare miseramente. Si levò in aria come una furia, scuotendo e percuotendo qualsiasi cosa ostacolasse il suo cammino. Sibilò nei viali, nei vicoli, sopra i tetti delle case e tra le fessure dei portoni. Gelò i passanti, che alzarono lo sguardo confuso in direzione del cielo, chiedendosi come fosse possibile che settembre si fosse raffreddato a tal punto. Le nuvole coprirono l'infinita distesa di azzurro, calando un'ombra tristemente cupa sulle strade silenziose.

Fu proprio un sussurro del vento a svegliare Harry.

Rabbrividì ancora prima di essersi completamente svegliato, schiudendo dolcemente le palpebre e venendo accolto dal bagliore accecante del cielo grigio, che si insinuò nella stanza per riempire i suoi occhi di luce. Istintivamente, con il sonno ancora pesante sul suo volto e gli arti intorpiditi, il ragazzo si tirò le lenzuola fin sopra la punta del naso, chiudendo le palpebre stanche ancora una volta, deciso a tornare a dormire. Sospirò nella sua tana fatta di coperte e cuscini, leccandosi le labbra screpolate e provando a rilassarsi.

Quando inspirò il profumo delle coperte, però, i suoi occhi si aprirono di scatto.

Quello che sentì non fu l'aroma del tabacco e del calore delle sue lenzuola, e nemmeno quello soffice e dolce del letto di Louis.

Fu diverso.

L'odore secco del fumo sfiorava il tessuto morbido, ma le coperte si rivelarono ruvide sul suo viso pallido, come non fossero state usate da tempo. Sapevano di stanza chiusa, di freddo e, poco accoglienti, parvero quasi non aver coperto un corpo addormentato per anni. Si sentì improvvisamente a disagio, come stretto fra le braccia di un estraneo pur essendo in cerca di conforto, desiderando divincolarsi immediatamente per fuggire lontano. Quando decise di scoprirsi per osservare quale fosse l'ambiente circostante, lo scoprì sconosciuto.

Si ritrovò seduto su un materasso privo di rete o struttura, ribaltato tristemente sul pavimento di legno scricchiolante e polveroso. Di fronte a lui non vide nulla se non un paio di scatoloni pieni di quelli che sembrarono essere vecchi indumenti, un piccolo tavolino traballante abbandonato a sé stesso, decorato solo da un posacenere troppo pieno e da una bottiglia di birra vuota e silenziosa. Nessun altro particolare catturò il suo sguardo, principalmente perché la stanza intorno a lui era completamente vuota, salvo per il materasso sul quale aveva dormito.

Si passò le mani sul viso, sfregandosi le palpebre assonnate e gli zigomi sporgenti, per poi far scivolare le dita nei ricci spettinati, aprendo gli occhi solo per lanciare una seconda occhiata alla camera dall'aspetto triste. Fece cadere le braccia sulle lenzuola con un tonfo, come avessero improvvisamente perso la forza di reggersi autonomamente. Non capì nemmeno lui per quale motivo, ma sentì la necessità di sollevare le coperte e nel farlo, si riscoprì ancora completamente vestito. Gli stessi jeans logori calzavano ancora le lunghe gambe, gli stivali abbandonati a pochi passi dal materasso, i calzini ai piedi e la maglietta stropicciata stretta come una morsa intorno al suo busto.

Batté improvvisamente le palpebre, mettendo a fuoco la scena nonostante il sonno pesasse ancora senza pietà sui lineamenti del suo viso. Afferrò le estremità della maglia con la punta delle dita, stendendola quanto bastava per poter vedere i bordi netti e precisi delle gocce secche e rossastre macchiare il tessuto chiaro.

Sangue, pensò istintivamente.

E prima non era davvero riuscito a rischiarare i ricordi confusi, ma ora, rivedendo le impronte scarlatte impregnare la sua maglia, qualcosa cominciò a farsi spazio nella nebbia confusa. Il sonno pesante l'aveva tenuto al sicuro fino a quel momento, ma non sarebbe più bastato. Si prese del tempo per girovagare nel buio, trovando, al suo interno, il rumore delle ruote sull'asfalto umido, l'odore di pioggia, ma nessuna goccia, una sensazione pesante ad attanagliarli la testa.

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