XXXI

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"Ora dimmi con quale cazzo di diritto le hai spedito quella lettera! Sei un grandissimo pezzo di merda!"

Stefano sospirò, cercando di ricacciare indietro le lacrime che gli stavano pungendo gli occhi come spilli. Era tornato a casa rendendosi conto che Michele era rimasto da solo per troppo tempo in stato di incoscienza e quando era tornato l'aveva trovato sveglio, ma intontito.

L'aveva aiutato a vomitare e gli aveva preparato dei vestiti puliti che gli aveva lasciato fuori dalla porta del bagno. La serata era proseguita in un tono tranquillo, Michele si era scusato per lo spavento che gli aveva fatto prendere nel trovarlo in quello stato e l'aveva ringraziato per l'aiuto.

Ma quando poi si era ripreso del tutto, dopo due aspirine, Stefano si era sentito in dovere di comunicargli quello che aveva fatto.

E ora erano lì, Michele di fronte a lui, con le mani alle tempie, probabilmente per sopprimere il mal di testa e Stefano dietro al tavolo per proteggersi dalla sua furia.

"Calmati, l'ho fatto per te"

Questo però non fece altro che farlo infuriare ancora di più, rendendolo irriconoscibile agli occhi del ragazzo più giovane. Ebbe realmente paura che Michele potesse fargli del male, così alzò le braccia per proteggersi il viso, mentre Michele continuava a urlare e far volare oggetti. Quel suo gesto di protezione fece bloccare immediatamente il più grande, che guardò le sue mani e si sentì un vile, se la stava prendendo con una persona fisicamente più debole di lui, Stefano aveva paura di lui. Fece il giro del tavolo e lo prese tra le braccia, chiedendogli mille volte scusa, cosa che scatenò in Stefano un pianto a dirotto, che gli sconquassò il petto a ogni respiro.

Scivolarono entrambi sul pavimento freddo, Michele cominciò ad accarezzargli i capelli, mentre non smetteva di chiedere il suo perdono. Vederlo rannicchiato su se stesso, preda della paura, l'aveva atterrito.

Gli prese il viso tra le mani mentre il petto di Stefano sussultava di continuo, gli asciugò tutte la lacrime, una per una, che man mano si affacciavano si suoi occhi, fino a scivolargli giù dal viso, poi, preso dal momento e completamente assorbito dai suoi occhi lucidi, fece un gesto avventato, lo baciò.

All'inizio le loro labbra si sfiorarono appena, perché entrambi erano sconvolti da quel contatto tanto intimo, ma Stefano colse l'occasione, perché nella sua testa quel momento era avvenuto così tante volte che sapeva esattamente cosa fare. Gli allacciò le braccia intorno al collo e schiuse le labbra, mentre il più grande cominciò a tremare insistentemente.

Per entrambi fu il bacio più intenso che avessero mai dato, il più forte, il più gentile, il più passionale. Stefano si mise in ginocchio, intrecciando le dita dietro la nuca di lui, tra i suoi capelli. Michele si lasciò andare solo in quel momento e schiuse le labbra a sua volta, totalmente spiazzato e impaurito, ma pienamente consapevole del proprio desiderio.

Prese il sopravvento su Stefano, avvolgendolo tra le sue braccia, non sapendo bene come comportarsi, ma non smise un secondo di guardarlo negli occhi, finché non fu il più piccolo a scostarsi, perché aveva una paura tremenda.

"Mi dispiace" Si scusò la sua scheggia. Michele sorrise perché sapeva che era stato lui a cominciare, ma ugualmente Stefano si sentiva in difetto.

"L'ho voluto io" disse tranquillo, sentendosi per una volta nella vita, più leggero.

Sentiva di aver seguito il suo desiderio ed era stato molto più facile che soffocare il suo istinto.





I giorni successivi furono strani per entrambi perché si percepiva nell'aria una certa tensione, stavolta non per frenarsi, ma semplicemente perché entrambi erano usciti allo scoperto e non sapevano come comportarsi. Stefano era felice come mai era stato nella vita ma era molto imbarazzato, perché ora Michele sapeva.

Capitava che si incontrassero nel corridoio dopo che Michele aveva fatto la doccia ed era ancora a petto nudo o che Stefano sobbalzasse se lo ritrovava improvvisamente alle sue spalle mentre cucinava qualcosa.

"Sei pessimo in cucina" Gli sospirò all'orecchio Michele, proprio mentre il più piccolo era assorto nei suoi pensieri.

Si sentì stringere in vita dalle sue mani forti e si appoggiò con la schiena al suo petto, chiudendo gli occhi. Sapevano entrambi che avrebbero dovuto parlare, ma allo stesso tempo avevano paura di uscire da quella bolla magica che tentavano di non far scoppiare.

"Mi uccidi così" Gli fece notare il più piccolo, sospirando dal desiderio, ormai aperto emotivamente fino all'osso.

"Non riesco a farne a meno" il respiro di Michele nel suo orecchio lo stava mandando fuori fase, sapeva che non avrebbe resistito molto prima di chiedere di più e questo lo spaventava perché era consapevole che Michele non era pronto e forse non lo sarebbe stato mai.

Si voltò, mettendosi di fronte a lui e prendendo il suo bellissimo viso tra le mani. Per Stefano Michele era l'uomo più bello che avesse mai visto in vita sua, anche con i piccoli difetti che contornavano il suo volto, come il naso leggermente storto o una cicatrice al lato del sopracciglio destro. Sfiorò proprio questa con il dito medio, in una lieve carezza che fece sorridere Michele.

"Una scazzottata di troppo" gli confermò. Vederlo sorridere così gli impedì di resistere, mentre la pentola sul fuoco chiedeva di essere ascoltata e un odore di bruciato si espandeva nell'aria.

Cominciarono a baciarsi ancora e ancora perché proprio non riuscivano più a farne a meno. Era un piccolo paradiso che Stefano non riusciva a gestire, le loro labbra intrecciate, le mani di lui sui fianchi e quell'odore che solo Michele aveva.

Fu come nascere e morire in una volta sola.








"Ispettore, abbiamo una pista!"

Lovati urlò lungo il corridoio della centrale, sventolando il fascicolo del criminale più pericoloso di quel periodo.

L'ispettore era teso, dai piani alti cominciavano a fargli delle pressioni per acciuffare il colpevole di tutti quegli efferati omicidi, che continuavano ad aumentare man mano che il tempo passava.

Ogni notte tornava a casa, abbracciava sua moglie e i suoi due figli e sperava di non dover analizzare gli indizi su un nuovo cadavere il giorno dopo. Spesso si chiedeva se quella vita facesse davvero al caso suo, ma poi scacciava tutti i dubbi pensando che era l'unica cosa che sapesse fare bene.

"Si tratta di lui?" Ormai tutti in centrale sapevano che quello era un tasto dolente per l'ispettore, uno dei casi più importanti della sua vita e più gli omicidi aumentavano più la tensione e lo sconforto crescevano.

"Sì, proprio di quel bastardo. Ha finalmente lasciato una traccia, alcune donne hanno visto un tipo losco aggirarsi nel parco poco più di un mese fa, nello stesso parco dove è scomparsa la signora Fria. Abbiamo controllato le telecamere del parco e le giuro che questa è la pista giusta, me lo sento!" L'entusiasmo di quel ragazzo fece sorridere l'ispettore, gli ricordava se stesso in gioventù, quando una pista era ancora motivo di grande gioia. In quel momento invece, con l'esperienza accumulata negli anni, andava prima rigirata come un calzino e poi ritenuta tale.

"Calmati, potrebbe essere una persona qualunque"

Lovati gli consegnò il fascicolo, più una pennetta usb contenente le registrazioni del parco.

L'ispettore era nervoso, se fosse stata l'ennesima pista a vuoto sarebbe stato un problema per lui.

Si posizionò dietro la sua scrivania, accendendo il computer e inserendo la chiavetta, mentre Lovati gli si affiancava, pur restando in piedi.

"Ecco ispettore, questo è il sospettato, come vede sta osservando la zona ma sembra in stato confusionale, ecco, ora si dirige verso una donna." Il video si interrompe dopo pochi minuti, mentre la donna e l'uomo vanno via dal parco insieme a un bambino. Lovati mette una mano sulla spalliera della sedia del suo capo, finalmente poteva tirare un respiro di sollievo, anche se era giovane aveva molto intuito e sapeva che quello doveva essere l'assassino.

"Ispettore, quella donna è risultata scomparsa subito dopo."

L'ispettore si passò una mano nei capelli e scattò dalla sedia. Sì, quella era la pista che stavano cercando da troppo tempo.

I due poliziotti si guardarono a lungo, scoppiando poi in una risata liberatoria.

"Troveremo quel bastardo, ci siamo troppo vicini" concluse Lovati, stringendo la spalla dell'ispettore, che di rimando annuì.

CoscienzaWhere stories live. Discover now