XXIX

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Dopo un mese di convivenza Stefano si rese conto di molte altre sfaccettature di Michele, che in istituto non era riuscito a vedere.
Per certi sensi stavano crescendo insieme.
La mattina sapeva di non dovergli parlare, perché il più grande ci metteva sempre tanto tempo per svegliarsi, così lo osservava da lontano mentre Michele camminava come uno zombie per la casa, in cerca del caffè, rigorosamente amaro.
Dopodiché si accendeva una sigaretta e si affacciava alla finestra che dava su un piccolo giardino e solo allora Stefano sapeva che il suo amico era pronto per cominciare la giornata.
Avevano una routine, e al ragazzo piaceva tantissimo perché gli ricordava gli anni in cui si era sentito a casa, al sicuro.

Ma se Stefano era convinto che le cose stessero andando per il verso giusto, Michele non era dello stesso avviso. Se da un lato era innegabile che provasse qualcosa per il più piccolo, dall'altro vi erano giorni in cui avrebbe voluto scacciarlo, perché si sentiva sbagliato a provare quelle cose per lui.
Quando si alzava dal letto la mattina si sentiva i suoi occhi addosso e provava un senso di profondo calore al petto, odiandosi perché non voleva sentire niente.
La notte dormiva agitato perché ricordava i fatti accaduti durante il giorno, come un loop infernale che non lo lasciava riposare tranquillo.
Ormai sentiva il profumo di Stefano perfino sul suo cuscino.
Era snervante combattere contro quel sentimento, contro se stesso.
Una sera avevano litigato per un'inezia, Stefano aveva appoggiato la testa sulla sua spalla mentre guardavano un film, seduti sul divano. Michele era scattato come una molla, perché il cuore gli aveva fatto un balzo nel petto, gli aveva detto di andarsene a dormire ed era uscito. Aveva visto solo di sfuggita lo sguardo triste e desolato del più piccolo, ma quell'attimo era bastato per tormentarlo per tutta la sera. Aveva cercato di dimenticare quel suo difetto di forma andando con Romina, una formosa rossa che l'aveva fatto godere non poco.

Per questo continuava a chiedersi per quale motivo provasse attrazione per un uomo, convincendosi che fosse solo frutto della sua mente, dell'affetto che provava per lui. Cercava disperatamente di fingere che Stefano non fosse altro che un amico, ma la verità era che non sarebbe riuscito a fingere per sempre.

"Ehy, tutto bene?"
Michele trasalì, osservando il volto del suo più grande tormento.
"No" rispose francamente.
Era così stanco di fingere che tutto andasse bene, malgrado tutto, Stefano non si meritava i suoi scatti d'ira.
"Ti va di parlarne?" Stefano era così, non pretendeva di sapere, lui chiedeva gentilmente, si rendeva disponibile, totalmente opposto a lui, eppure sentiva che quella gentilezza gli stava cambiando il modo di vedere il mondo, a poco a poco.
"Credo di provare delle cose per una persona" Infatti si fece sfuggire. Per lui era un grande sforzo anche solo parlarne, di quelle cose.

"Oh" Stefano non sapeva cosa dire, era ovvio che il suo amico avrebbe trovato qualcuno, prima o poi, solo che nel profondo sperava davvero di poter essere lui, quella persona.
"Oh? Questo è tutto quello che hai da dire?"
Il più grande si allontanò per spegnere la sigaretta, che non era altro che un filtro bruciato, proprio come lui in quel momento.
"Mi dispiace, non so cosa... glielo hai detto?"
Michele cominciò a ridere, che situazione di merda! Parlare con Stefano... di Stefano!
Scosse la testa e vide il più piccolo crucciarsi, la sua scheggia non sapeva che pensare.
Era cresciuto tantissimo, diventando davvero belloccio, malgrado il suo incarnato restasse comunque molto pallido.
"Beh allora dovresti dirle tutto, non fa bene tenersi le cose dentro"
Lo disse stizzito, preda della più furiosa gelosia, che vagamente riuscì a dissimulare.
Stefano amava profondamente Michele, ma prima di tutto era suo amico e in quanto tale aveva il dovere di consigliarlo per il meglio, anche se questo voleva dire rinunciare a lui.
Michele pensò a fondo alle parole dell'amico, tanto che Stefano fece per congedarsi, pensando che non avrebbe mai risposto.
"Sei tu quella persona" gli sfuggì ancora dalle labbra, proprio mentre Stefano stava per entrare in bagno. Borbottò una vaga imprecazione contro se stesso, era proprio per quello che la convivenza con quel ragazzo lo stressava oltre misura, cominciava a parlare a sproposito, senza riuscire a frenarsi.
Stefano rimase impietrito, in un apparente attacco di ansia. Non riusciva a muoversi, a respirare, nemmeno a stare in piedi, tanto che strinse fortissimo la maniglia della porta tra le mani per reggersi.
Cercò quantomeno di recuperare il respiro, ma non ebbe il coraggio di voltarsi verso Michele.
Quest'ultimo avrebbe preferito buttarsi di sotto, pur di non essere lì e prese davvero in considerazione la cosa, prima di rendersi conto che abitavano al primo piano.
Al massimo si sarebbe spezzato un braccio.
"Michele, lascia stare"
Stefano si voltò, lentamente. Era più bianco del solito e immediatamente il senso di protezione verso di lui spinse Michele a raggiungerlo e farlo sedere sul divano.
"Ma che hai? Ti porto l'acqua?"
Non attese una sua risposta ma si fiondò in cucina.
Per molti minuti nessuno dei due riuscì a dire alcunché, poi Michele gli chiese se stesse bene e il suo amico annuì.
"Sai, ci ho provato, a lasciar stare intendo."
Mentre Michele parlava si sedeva sul divano, strusciando le sue grandi mani sui jeans, in cerca di un controllo che era ben lungi dal provare.
Stefano lo osservò, era teso, incredibilmente affascinante. Quanto avrebbe voluto scostargli quel ciuffo di capelli che aveva sempre negli occhi, ma era come se il suo corpo lo tenesse intrappolato, non riusciva proprio a farlo.
"Io non voglio provare queste cose, io non sono come te. Io le scopo le donne e mi piace da morire"
Stefano sorrise amaramente. Il suo caro amico non le mandava certo a dire.
"Esistono i bisessuali"
Constatò in modo semplice. Michele si chiese se fosse l'etichetta giusta per lui.
"Ma a me non piacciono gli uomini, a me piaci solo tu"
Stavolta finalmente si voltò per guardarlo in faccia e Stefano arrossì violentemente.
Lo stomaco gli si contorse in una morsa tanto stretta che pensò di morire.
"Ascoltami, perché te lo dirò una volta sola. Questo non è un cazzo di gioco dove tu scegli chi volere, queste cose non si comandano. Pensi che io voglia essere gay? IO NON L'HO SCELTO! io ci sono nato e ci ho messo davvero tanto tempo ad accettarmi. Perché non provi a fare lo stesso?"
Detto ciò Stefano si alzò e indossò il giubbetto di pelle, lasciando Michele da solo, chiuso in se stesso.
Vagò per ore, in cerca di una pace che forse non avrebbe ottenuto mai.
Era uscito perché la sola presenza di Michele gli faceva mancare l'aria, quella rivelazione aveva cambiato tutto.
Avevano vissuto tanto tempo insieme in istituto ma era bastato un mese di convivenza per mandare tutto a puttane. Decise che era arrivato il momento di andarsene, di prendere la sua strada, perché se Michele non accettava se stesso era un problema suo, Stefano non si sentiva pronto a lottare per entrambi.

CoscienzaWhere stories live. Discover now