II

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I segreti di Tara rischiavano di soffocarla.
Nessuno provava a capire cosa nascondessero i suoi occhi tristi, le sue notti silenziose.
Per tutti era una roccia, un ancora di salvezza; ma lei non aveva nessuno, in realtà.
Nessuno con cui potersi confidare, qualcuno a cui chiedere perdono dopo tanto dolore muto.
Fino a quando sarebbe sopravvissuta a quella follia?
Aveva subito molte umiliazioni e certe volte si era chiesta se non fosse giustizia divina per quello che aveva fatto anni prima...

"È sicura signorina?"
Alla fine un nome era riuscita a farglielo sputare dalle labbra, anche se si tenne ben stretta il cognome.

"Quel bambino avrà un futuro migliore senza di me."
Disse, ed era davvero convinta di quel che diceva.
Le pareti di quell'ospedale parvero diventare una gabbia bianca e Tara si voltò verso la finestra accanto al suo letto, guardando l'orizzonte striato di rosa.

Cosa ne sapeva l'ostetrica?
Nel suo tono arrogante non vi era altro se non giudizio.
Tara aveva taciuto per nove mesi e avrebbe continuato a farlo ancora, fino alla fine dei suoi giorni.

Si riscosse dai suoi ricordi solo per tornare a fare quello che faceva ogni giorno: la serva.
Sperò di tenere quel nuovo e inaspettato segreto chiuso in un cassetto.
Entrò nella camera da letto, come ogni mattina, cercando di rassettare il prima possibile, così da cominciare a cucinare per il ritorno del figlio e del marito, mentre altri pensieri la sopraffecero...

Era sera inoltrata ma Matteo non era ancora rincasato.
Tara uscì in terrazza per respirare aria pulita, quello che aveva appena scoperto aveva cambiato tutto.
Lacrime silenziose le solcarono il volto, mentre cercava un controllo che era ben lungi dal provare.
Cosa avrebbero fatto adesso?
Di certo non avrebbe confessato a suo marito di aver scoperto ogni cosa sul suo conto, rischiava seriamente di mettere in pericolo se stessa e Stefano.
Se pensava a suo figlio, così fragile e sensibile, provava un gran rimorso per il passato.
Non vi era un solo giorno in cui Tara non pensasse al suo altro figlio, quello perduto.
Nessuno sapeva quello che lei aveva fatto e quel peso gravava sulla sua vita come un macigno, una montagna troppo alta per essere scalata.
La donna chiuse le imposte e tornò al presente.

Mancava poco a veder tornare i due uomini della sua vita, Tara si affrettò a preparare la tavola per il pranzo, mentre l'acqua bolliva in pentola.
Quel giorno era uguale a tutti gli altri, eppure appariva diverso, più lento, per certi versi.
Ormai i suoi segreti erano più grandi delle sue spalle e non riusciva più a reggerli.
Avrebbe tanto voluto essere più forte di tutto, più roccia di quanto non fosse in realtà.
Guardò l'orologio a muro, segnava le tredici e venti, mancava circa mezz'ora e poi quella casa non sarebbe stata più il suo tempio silenzioso.
Raccolse il coltello da terra, che le era scivolato dalle mani e si tagliò un dito che prontamente mise in bocca.
Il sapore del sangue le diede una scossa elettrica e guardando il suo dito, vide una goccia colare giù, preda della gravità.
Vedere quel sangue la tranquillizzò, dando una risposta alle sue mille domande, ai suoi altrettanti segreti.
Dei colpi alla porta la fecero sussultare, Stefano era rientrato in anticipo.

"Ma', che si mangia?"
Chiese, gettando la cartella colma di libri sul pavimento.
Tara guardò suo figlio, chiedendosi chi sarebbe diventato un giorno.
Di sicuro qualcuno di importante, qualcuno di cui essere fiera.
E Michele?
Chissà chi sarebbe diventato lui.

"Pasta e ceci."
Rispose assorta, guardando il viso di suo figlio, paragonandolo a un altro viso.

"Che schifo, mamma!"
Si lamentò Stefano.
Ma era abituato a mangiare qualsiasi cosa gli si mettesse davanti, quindi Tara non si preoccupò più di tanto.

"Come è andata oggi a scuola?"
Lo vide sorridere e ne fu felice, era uno dei pochi argomenti che lo mettevano a suo agio.

"Ho preso nove e mezzo al compito di matematica, la Loris è diventata viola d'invidia!"
Tara sorrise di rimando.
Fiona Loris era l'antagonista di Stefano, in tutto.
Amava lo studio tanto quanto lui e si sfidavano continuamente, mettendo alla prova il loro intelletto fuori dal comune.
Un altro colpo alla porta annunciò l'arrivo di Matteo e il sorriso sul volto di Tara sparì.

🔸

"Tuo figlio è una donnicciola."
Constatò quella stessa sera Matteo, a letto.
Tara sospirò.
Odiava che suo marito fosse tanto severo con suo figlio.
Stefano era la cosa più cara che avesse al mondo, l'unico vero amore che le era rimasto e non accettava che fosse trattato male, nemmeno da suo padre.

"Stefano è fatto così, proprio come tu sei un prepotente e arrogante bastardo. Non ti ho accettato per quello che sei, forse?"
L'uomo sorrise.
Amava sua moglie alla follia, tanto che avrebbe fatto qualunque cosa per tenerla stretta a sé.

"Spera solo che non mi diventi frocio!"
Urlò, ridendo sguaiatamente.
Tara abbassò lo sguardo, per paura che suo marito potesse leggere la verità nei suoi occhi.
Forse per lui era solo una battuta, ma la donna sapeva che suo marito non era poi tanto lontano dalla realtà.
Si chiese se Stefano se ne fosse già reso conto.

"Spegni la luce Tara, sono stanco morto, quel cazzone di Suvi oggi ha superato tutti i limiti della legalità."
Tara spense la luce senza fiatare, ma - mai quanto te-, pensò, girandosi dall'altra parte.

🔸

Quel giorno Stefano sarebbe rincasato tardi, preso da un attacco d'ego contro Fiona Loris si era fatto coinvolgere in una gara di spelling.
Tara scosse la testa sorridendo.
Quel giorno sarebbe finito tutto e finalmente avrebbe trovato pace per la sua anima tormentata.
Suo marito le mentiva, suo figlio stava per conoscere il dolore, mentre l'altro suo figlio chissà da quanto tempo lo conosceva già.
Prese carta e penna, cercando di aprire il cuore alla sola persona che era riuscita a non ferire ancora.
Rilesse velocemente tra le lacrime, facendosi forza e, cercando di non odiarsi troppo, si diresse al bagno, cominciando a riempire la vasca di acqua calda, che avrebbe dilatato i vasi sanguigni.
Dopodiché si spogliò, cercando appiglio nella tenda della vasca e scendendo lentamente verso quel caldo torpore.
Chiuse per un attimo gli occhi, mentre l'acqua le accarezzava il volto segnato da rughe ed esperienze.
Quando tornò in superficie si sentì determinata a portare a termine il suo intento.
Prese la lametta da barba di Matteo, rimproverandolo mentalmente per aver lasciato i peli dentro quel piccolo taglierino.
La sciacquò velocemente e poi mise fine alla sua esistenza, quel tredici dicembre del millenovecentonovantanove, mentre fuori dalla finestra dei bambini cantavano Jingle bells, poco prima del nuovo millennio.

CoscienzaWhere stories live. Discover now