III

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L'uomo parve dubitare dei suoi stessi occhi.
Era tutto finito.
Anni di matrimonio buttati in una vasca rossa di sangue, Tara che guardava suo marito con occhi vitrei.
Lo stomaco di Matteo ebbe un sussulto e l'uomo si ritrovò a rovesciare nel water accanto alla vasca dove la moglie era morta.
Più il suo stomaco si svuotava più la sua mente tornava lucida, limpida.
Matteo era sempre stato convinto che bisognasse trovare gli aspetti positivi anche dai più tragici destini.
Era stato cresciuto da una madre troppo vecchia per essere un'amica, uno stampo di un'epoca troppo severa.
Dopo la scuola, il giovane Matteo aiutava suo padre con la forgiatura dell'acciaio, ancora oggi, sua grande passione.
Passava ore nel vedere un oggetto all'apparenza indistruttibile, piegarsi agli eventi; aveva passato il resto della vita nell'osservare cose e persone piegarsi al suo volere, lo calmava.
Spesso diceva a sé stesso di essere nel giusto, ma dentro di sé sapeva che spingere le persone oltre il limite era sbagliato, sua moglie ne era la prova.
Ricacciò indietro i brutti pensieri, cominciando a fare telefonate e chiudendo la porta del bagno a chiave, cosicché Stefano non avrebbe mai potuto vedere sua madre in quello stato, una volta tornato da scuola.
Era un momento che Matteo temeva.
Con quali parole dici a tuo figlio che sua madre si è suicidata?
Con quale coraggio, dal momento che ne era in parte responsabile?
Scosse la testa e si diresse al mobiletto dei liquori, dove scolò due bottiglie intere di strega, che gli diedero alla testa.
Poi tutto si svolse al rallentatore, forse per l'alcool o per il delicato momento.
Stefano arrivò contemporaneamente alla polizia, seguita da un'ambulanza che era arrivata troppo tardi per salvare sua moglie.
Forse quello che faceva era davvero sbagliato, aveva preso così tante anime da non ricordarne nemmeno la cifra esatta, ma quella di sua moglie gli pesava sulla coscienza come un macigno che nemmeno l'alcool riusciva a far scivolare via.
Gli fecero domande, lo scortarono in centrale mentre riusciva a sentire distintamente solo il pianto di suo figlio.
L'aveva spezzato.
Tara sapeva che sarebbe stato un grande dolore per Stefano, ma non si era fermata.
Matteo si chiese quanto grande potesse essere stato il suo tormento, per spingerla al punto di ignorare il dolore del figlio.

🔸

Un giovane ragazzo vagava per la città vuota.
Case, vicoli, palazzi, erano solo ostacoli da superare, le strade erano solo cemento da calpestare senza meta.
Il giovane camminò a lungo, vide i lampioni della città illuminarsi, segno che diventava sera, che doveva tornare a casa.
Casa.
Stefano non aveva più una casa, gli era stata strappata via, come un figlio viene strappato dal grembo materno.
Guardò in alto ma non vi trovò il conforto divino di cui mille religioni parlano, il cielo era sempre il cielo e non si curava del dolore della Terra.
Piangere, imprecare, implorare di riportarla in vita, a che sarebbe servito?
Si chiese se fosse stato solo un sogno, se tornando a casa la sua amata Tara non lo stesse aspettando.
Un brivido lo scosse dal profondo, forse era lei che lo accarezzava.
Mamma dove sei?
Continuava a chiedersi.

🔸

"Se un giorno riuscirai a perdonarmi ricordati che ti ho amato."

Stefano strappò la lettera, leggendo solo la prefazione, senza nemmeno aprirla.
Come osava lasciargli una traccia della sua esistenza dopo che si era uccisa?
Sparse coriandoli di parole sul suo letto, quando qualcosa attrasse la sua attenzione.
Un pezzo di nome era scritto su un coriandolo.
Lo prese tra le dita e lo rigirò, come se potesse dargli altri indizi.
Un nome.
Tutto quello che gli rimaneva di sua madre era quel piccolo nome nero su bianco.
Un coriandolo di vita.


🔸

Suo figlio non gli parlava da settimane.
Matteo non lo biasimava, ma non riusciva a sopportare tutto quel mutismo.
Osservava suo figlio cercare di rimettersi in piedi da solo, un giovane scout della vita.
Non si sentì di confortarlo, non si sentì di fare alcunché.
Quel figlio che era suo, lo sentiva distrutto come uno strappo in una tela, un'inutile anima che non valeva nemmeno la pena prendere.
Si chiese se avesse potuto essere felice da qualche altra parte, in un mondo senza di lui, e improvvisamente tutto gli fu chiaro.

🔸

Fiona Loris varcò la soglia di casa Manetti piena di timore.
Da sempre era l'antagonista di Stefano, non riusciva nemmeno a ricordare come fosse la vita prima di lui.
Lo vide appallottolato su una poltrona, in mezzo alla cucina.
Si guardava i piedi, tirandosi gli alluci; Fiona tremò.
Non era mai stato un tipo imponente, ma in quel momento non pareva altro che un debole fuscello, pronto a spezzarsi alla prima folata di vento.

"Stefano..."
Si fece notare, timida e impacciata.
Il ragazzo alzò lo sguardo verso di lei, chiedendosi da quanto tempo non la vedesse.
Circa due mesi, rispose la sua mente attenta.
Erano due mesi che non metteva piede a scuola, strano che gli assistenti sociali non fossero già arrivati.

"Posso aiutarti?"
Stefano sorrise a quella domanda.
Nessuno poteva.

"Usciamo."
Rispose invece, correndo in camera sua a prendere le scarpe.

"Quando ero piccolo mia madre mi portava sempre in questo parco, rubavamo la frutta dagli alberi ma erano sempre troppo aspri."
Storse la bocca al ricordo.

Fiona lo guardava assorta; quel ragazzo era importante per lei.

"Perché?"
Chiese.
Una domanda interpretabile in mille modi, ma Stefano afferrò subito il concetto.

"Perché si è uccisa? Non lo so. La polizia ha detto che si è tagliata in modo verticale i polsi, questa è l'unica cosa che ricordo, che non dimenticherò mai."

Deglutì a vuoto, mentre Fiona si contorceva le mani in grembo.
Erano seduti sull'erba fine, il parco era semideserto, a parte qualche cane che faceva i bisogni sulle aiuole.
Tutto era così calmo che la ragazza dubitò potesse esistere il dolore per sempre.
Tutto era stato sfruttato, gli alberi potati, l'erba era stata calpestata, eppure niente aveva impedito alla natura di rifiorire, di vincere.

"Che vuol dire Stefano?"
Prese coraggio.

"Di solito le persone si tagliano le vene in modo orizzontale, sai, è un modo per farsi notare, ma non desiderano morire veramente."

Fiona guardò dritto di fronte a sé, avendo Stefano seduto accanto sull'erba.

"Ma non Tara."
Constatò.
In quel preciso momento giurò a sé stessa che avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità su Tara Lellis.

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