VI

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Stefano si toccò il mento.
Ormai si trovava nel dormitorio da due settimane, ma solo in quel momento si rese conto di quanto fosse grande l'edificio, in realtà.
Dietro il dormitorio vi erano altri due casali, nella quale i ragazzi praticavano lo sport, cosa sempre odiata da Stefano.
Ma comunque lui apprezzava osservare le persone, così si soffermò in quei luoghi, per scorgere meglio i dettagli.
Nel primo casale le ragazze si allenavano con pallavolo e attrezzi di vario genere.
Il ragazzo osservava le giovani tentare di superare i propri limiti e provò molta ammirazione nei loro confronti.
Alla fine aveva più cose in comune con lo sport di quelle che immaginava, anche lui amava superare i propri limiti, sebbene nello studio.
Alcune ragazze gli sorrisero mentre correvano per la circonferenza interna del casale, tre in tutto.
La più alta doveva avere sui sedici anni, mentre le altre gli sembrarono più piccole.
Sorrise di rimando alle ragazze e passò al secondo casale.
Questo era per i ragazzi.
Era poco più grande dell'altro e vi erano molte più persone all'interno.
C'era un piccolo campo da calcio, forse per soli cinque giocatori e ai lati, proprio sopra le loro teste, due canestri da basket.
Anche qui c'erano ragazzi che correvano lungo il casale ma Stefano si concentrò verso un altro ragazzo, che faceva pesi con le cuffiette nelle orecchie e il muso duro.
Si chiese come mai fosse così arrabbiato.
Senza pensare si avvicinò a lui e lo guardò attraverso lo specchio posto di fronte a entrambi.
Il ragazzo restò muto, anche se Stefano gli puntava chiaramente gli occhi addosso.
Dopo qualche attimo si strappò le cuffiette dalle orecchie e fronteggiò Stefano.
"Hai qualche problema?"
Chiese.
Aveva una voce abbastanza profonda, così che il giovane dodicenne dedusse che di lì a poco lo sconosciuto avrebbe abbandonato il dormitorio.

"N-nessuno, sono venuto qui senza pensare, giravo."

Alzò le spalle, lasciando che la cosa perdesse d'importanza.

"Allora gira da un'altra parte, moccioso."
Lo intimò.
Stefano scoppiò a ridere, di fronte a quel ragazzo arcigno.
Lo sconosciuto lo guardò perplesso, subito dopo contagiato dal suo entusiasmo e scoppiò a ridere di rimando.

🔸

Qualcosa non quadrava.
Fiona era piccola, non stupida.
Sul giornale del giorno precedente aveva trovato una notizia su di un cadavere fatto a pezzi, una specie di dilemma.
Era sempre stata appassionata di tali gialli, amava risolvere cose che per la maggior parte delle persone erano irrisolvibili.
Ritagliò quel trafiletto e lo mise nella scatola dei casi irrisolti.
L'aveva da anni ormai, e amava pensare che un giorno li avrebbe risolti tutti lei, quei casi.

"Fiona, la colazione!"
Urlò sua madre, dabbasso.

"Arrivo, arrivo!"
Rispose la giovane, correndo per le scale.

🔸

Sembrava quasi una bambina, invece era un ragazzo.
Era magrolino e bianco in volto, sembrava un cadavere.
Michele gli sorrise, al tavolino delle occasioni, come lo chiamava lui.
Aveva rimorchiato tante di quelle ragazze in quel bar che ne aveva perso il conto.
Qualcuna era intimorita, altre lo prendevano come un caso clinico da curare.
Storse la bocca, il suo status era come un marchio.

"Insomma, che ci fai nel dormitorio?"
Chiese diretto, in fondo lo era sempre stato.
Aveva preferito la dura realtà al morbido inganno fin da piccolissimo.

"Sono felice di conoscerti anch'io, piacere, Stefano."
Il dodicenne sorrise, privo della malizia degli adulti, che mandavano a male tutto quello che toccavano.

Il più grande prese quella mano bianca come il latte tra le proprie; se avesse fatto un minimo di pressione in più, gli avrebbe spezzato le dita.

"Michele."
Rispose semplicemente.
Lo sentì trasalire sotto il palmo e si chiese cosa gli scatenasse dentro quel nome.
Per lui non era nient'altro che la firma di sua madre prima di abbandonarlo.

"Ma quanti anni hai? Sembri piccolissimo."
Chiese Michele.

No, non poteva essere lui, si disse Stefano nel frattempo, sarebbe stata una coincidenza troppo grande, troppo.
Scosse la testa.

"Dodici."
Disse, alzando ancora una volta le spalle.
Lo faceva quando era nervoso, quel gesto piccolo, che vuole lasciar andare un argomento scomodo.

🔸

In poco tempo Michele e Stefano divennero inseparabili.
Molti criticavano la loro amicizia, non avevano praticamente nulla in comune, a partire dall'età.
Il fatto strano era che gli stessi protagonisti di quei pettegolezzi concordavano.
Però c'era un'alchimia mai provata prima da ambo le parti, come due anime che di ritrovano dopo essersi tanto cercate.
Parlavano di qualunque cosa, tranne del passato più remoto.
Stefano gli aveva raccontato che sua madre era morta e che suo padre non era in grado di occuparsi di lui, ma mentì per omissione sulla lettera lasciatale da lei.
Non voleva che Michele si facesse strane idee, pensando che gli si fosse avvicinato solo per scoprire la sua identità, quando in realtà lo stesso Stefano dubitava si potesse trattare di quel Michele.
Inoltre, quella era una scuola molto costosa e sua madre non sarebbe mai riuscita a pagare una retta così alta per tutti quegli anni.
Il più grande, dal canto suo, gli raccontò che si trovava nel dormitorio da sempre, che i suoi genitori non li conosceva affatto e che l'unica parentela era con una sua zia che viveva in America, poi chiuse completamente l'argomento 'passato'.
Stefano gli parlò di Fiona e Michele si ricordò di lei, una volta che il padre era venuto a prenderla.
Michele gli fece conoscere Stacey e tutti i suoi amici del dormitorio, ormai li conosceva tutti da anni.
I due ragazzi passavano la maggior parte del tempo libero insieme, talvolta il dodicenne dava ripetizioni al più grande, scatenando l'ilarità di Stacey.

"Se lo sapesse il professore!"
Insinuò un giorno.

"Stai zitta o giuro che ti faccio a pezzi Stacey, non azzardarti!"
La ammonì Michele.

"Che male c'è nel farsi spiegare qualcosa?"
Intervenne Stefano.

I tre si trovavano nella stanza di Michele; i due ragazzi chini sulla scrivania, mentre Stacey distesa sul letto con in mano una rivista di moda.

"Non ci sarebbe niente di male, se non fosse che quel caprone tra poco si diploma! Come fai ad avere certe nozioni, Ste'?"
Chiese carinamente lei, che si era davvero affezionata a quel piccolo ragazzo pallido.

"Mi piace studiare."
Rispose quest'ultimo, in un alzata di spalle che Michele aveva imparato a conoscere.

"Smettila Stacey, non lo vedi che è imbarazzato? E io ho davvero bisogno che mi spieghi questa maledetta materia, davvero."
Finì, guardando il ragazzo.

Il pomeriggio passò tanto in fretta che non si accorsero nemmeno del mutismo di Stacey, ormai addormentata.

CoscienzaWhere stories live. Discover now