IX

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La direttrice entrò con la torta per Stefano, poco prima della mezzanotte, il ragazzo era molto stupito dal fatto che in un istituto tanto severo e rispettoso delle regole avessero accettato di fargli una festa di quella portata, tutti i ragazzi che facevano parte di quel posto avrebbero potuto risentirsi, anche se nessuno si stava in realtà, sembravano solo grati di quello svago inaspettato.
Qualcuno lo spinse contro il tavolo per farlo andare al suo posto, cioè davanti alla torta.
Le luci furono spente e in un attimo tutti cominciarono la cantilena del "tanti auguri"
Stefano ringraziò l'oscurità perché era viola dalla vergogna.
"Respira, sche'"
Gli disse Michele, che era corso dietro di lui dopo che avevano spento le luci.
Erano tanto vicini che Stefano poteva sentire il suo profumo inondargli le narici.
"Vai via." Si fece sfuggire dalle labbra il più piccolo.
Non riusciva a stargli accanto dopo quello che aveva scoperto su se stesso, ma Michele dovette interpretarlo male perché disse: "Dai che tra poco è tutto finito e torniamo alla normalità e poi credono che sia una festa per tutti!" gli diede una pacca sulla spalla sottile.
"E la torta?" chiese, stranito.
Ora riusciva a capire per quale motivo non aveva protestato nessuno.
"Non lo sapevano."
Gli sorrise e si allontanò, lasciandolo da solo dietro la tavola con la torta.
Normalità.
Niente sarebbe stato normale da quella sera.

Michele dal canto suo era felice della piega che stava prendendo la serata, Stacey era bellissima, la festa era riuscita malgrado l'inganno e anche se Stefano era teso e imbarazzato, era sicuro che presto l'avrebbe ringraziato.

🔸

Il giorno dopo Stefano ricevette una visita inaspettata: suo padre.
L'uomo sembrava molto cambiato in quelle settimane di solitudine, per certi versi gli incuteva più timore del solito.
Si sedettero nella zona relax dell'ingresso, dove altri ragazzi avevano ricevuto delle visite.
Ancora una volta il ragazzo si chiese da dove prendesse tutti quei soldi, per mantenerlo in un istituto tanto illustre.
"Papà." Disse incolore, accomodandosi di fronte a lui.
Non si abbracciarono, né si scambiarono le affettuosità tipiche di padre e figlio, dopo tanto tempo che non si vedevano.
Per un lungo momento restarono in silenzio a studiarsi.
Stefano chiedendosi se suo padre potesse accorgersi del suo nuovo status, per così dire.
E l'uomo cercando di capire se il figlio ce l'avesse con lui per non essere venuto prima.
"Ecco, ho un regalo per te, per il tuo compleanno."
Stefano prese il pacchetto che Matteo aveva in mano e lo scartò lentamente.
Una maglietta del Barcellona.
Il ragazzo sorrise, come poco lo conosceva suo padre.
"Grazie, è davvero bellissima!"
Esclamò, cercando di dissimulare il disappunto verso quel padre che non aveva mai conosciuto davvero.
L'uomo sorrise soddisfatto e leggermente imbarazzato.
"Bene, come ti trovi qui?"
Chiese in tono formale.
"Sto bene, meglio di quanto avrei potuto stare con te, ma questo lo sai anche tu altrimenti non mi avresti lasciato qui."
Matteo annuì, un po' sconsolato.
In cuor suo voleva bene a suo figlio, anche se l'avrebbe preferito diverso.
Un ragazzo si accostò a loro e Stefano lo presentò come Michele, si scambiarono una stretta di mano e qualche parola di circostanza.
Quando Michele vide il regalo di Stefano si illuminò.
"Oddio è stupenda! C'è l'autografo di Iniesta!"
La strappò dalle mani di Stefano e la annusò.
Matteo sorrise felice, ecco come voleva che suo figlio diventasse, quel Michele gli stava già simpatico.
"Ragazzi, ora devo andare." Esordì l'uomo.
I ragazzi scattarono in piedi per salutarlo e Stefano sperò di non doverlo rivedere mai più.

🔸

Il respiro gli diventò irregolare e la sensazione maledetta tornò a sovrastarlo.
Rivedere suo figlio l'aveva toccato molto più di quanto desse a vedere, quanto avrebbe desiderato essere una persona normale, libera dalla malattia che affliggeva il suo animo marcio.
La sensazione oscura gli faceva pulsare la testa, doveva agire al più presto, o sarebbe soffocato.
Girovagò in macchina fino a notte fonda, quando si rese conto di dover fare benzina.
Si accostò al distributore, dove un uomo di colore gli chiese l'importo da digitare.
Un respiro, due, tre... Niente, non sarebbe mai riuscito a controllare quell'impulso.
Gli disse l'importo e mentre l'uomo era girato per digitare la cifra sullo schermo, Matteo uscì dall'auto, colpendolo alla nuca con i crick che portava sempre sul sedile passeggeri.
L'uomo crollò a terra come un debole fuscello, malgrado fosse abbastanza alto e muscoloso.
Matteo si rese conto che era un piano azzardato stavolta, vista la stazza dell'uomo, ma l'istinto era più forte della ragione.
Lo caricò velocemente in macchina, guardandosi intorno.
Erano le tre di notte e non vi era anima viva, così corse dal lato guidatore e scappò via.

🔸

"Sche' anche io ho un regalo, solo che non volevo dartelo alla festa, davanti a tutti." Disse, toccandosi la nuca, segno che era imbarazzato.
Stefano sorrise e prese il suo pacchetto, lo scartò velocemente e restò molto sorpreso.
Un libro.
"È di una nuova scrittrice, quindi non so se potrà piacerti."
Stefano si mise a ridere, in poche settimane Michele l'aveva conosciuto meglio di suo padre in dodici anni.
Se lo rigirò tra le mani e lesse rapidamente da trama, che lo catturò subito. Parlava di questa ragazza ottocentesca che malgrado i pregiudizi dell'epoca sulle donne, sfidava la vita per essere sé stessa.
Adélaïde si intitolava e lui si sentì così vicino a quella ragazza, al suo desiderio di essere se stessa.
"È il regalo più bello che abbia mai avuto, grazie." Disse sincero.
Michele era felice, era sicuro che Stefano avrebbe cambiato idea in merito alla festa e aveva avuto ragione.

🔸

L'ispettore sospirò sconfitto.
Ancora una volta il killer aveva agito indisturbato, aiutato anche dalla fortuna visto che la telecamera di sorveglianza del distributore di benzina era fuori uso.
L'uomo che aveva davanti, o almeno quello che ne restava, era un africano che lavorava proprio in quella pompa di benzina, poco distante dal luogo del delitto, aveva trent'anni, solo trenta.
Era stato identificato grazie a un suo amico, che dovendogli dare il cambio per il turno non l'aveva trovato.
Quella situazione andava sempre più complicandosi, l'ispettore era pressato dai suoi superiori per scoprire l'identità dell'assassino, un caso che stava diventando seriale, che da varie settimane commetteva sempre lo stesso tipo di delitto.
Ma era anche molto scaltro in quanto non lasciava mai alcuna traccia del suo passaggio.
Come era possibile?

CoscienzaWhere stories live. Discover now