XXIV

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"Non ti dirò mai quel nome, rassegnati"
Stefano sbuffò pesantemente, Michele era un osso davvero duro da convincere.

Malgrado tutto, sentiva che stava per cedere e rivelare il nome di Giorgio, perché il suo amico era davvero frustrante. Era rimasto altri due giorni a Trapani e in quel momento erano fuori all'ufficio della preside, anche se il più piccolo non ne conosceva la ragione.

"Molto bene, amico" rispose petulante, il più grande. Si alzò dalla sedia di legno, che scricchiolò sotto al suo peso e bussò alla porta della preside. Poco dopo venne ricevuto e con un cenno della mano intimò a Stefano di non seguirlo e di rimanere seduto.

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"Avanti, dimmi tutto"

La preside si sedette dietro alla sua scrivania. Il tono era tornato quello austero e formale di sempre, questo fece sospirare soddisfatto il giovane, non riuscendo a gestirla quando era troppo emotiva.

"Il mio amico mi ha confessato di aver subito percosse, ma non vuole tuttora rivelarmi il nome di quel bast... tipo." si corresse subito, alla fine era sempre al cospetto della donna più temuta della scuola.

La preside parve non farci troppo caso e lo spronò a continuare.

"Per cui vorrei chiederle il permesso di rimanere qualche giorno. Sono convinto che stando a stretto contatto con lui riuscirò a capire chi è stato."

La donna parve reticente, nella storia dell'istituto non avevano mai accettato maggiorenni o ex allievi, era una cosa totalmente fuori da regolamento.

"Caro, mi spiace, ma non posso venire meno alle regole." Gli disse, quasi affranta perché i motivi del ragazzo erano più che nobili.

"Signora preside, Stefano ha solo me. Se non scopriamo chi gli ha fatto del male verrà violentato ancora" a quelle parole la preside scattò dalla sedia, strabuzzando gli occhi.

"Che cosa stai dicendo? Ti rendi conto delle accuse che stai muovendo? Il ragazzo è stato visitato approfonditamente e non porta segni di violenza sessuale."

Michele si alzò a sua volta, tentando di rimanere calmo. Comprendeva che una faccenda di violenza sessuale su minore avrebbe potuto far chiudere l'istituto e gettare fango a vita sulla preside, ma il suo intento non era mandare tutto in pezzi, quella era la sua casa d'infanzia.

"Mi ha frainteso. Io non voglio minacciarla, questa cosa rimarrà una confidenza tra di noi, anche perché, se Stefano scoprisse che gliel'ho confessato, non vorrebbe rivedermi mai più. A ogni modo ci sono molti modi di fare violenza sessuale su qualcuno, senza lasciare segni."

Vide sul viso della donna un espressione di disgusto, ma era consapevole che il ragazzo avesse ragione. Tuttavia aveva le mani legate, il prestigio dell'istituto era stato compromesso per sempre, e se la cosa fosse venuta a galla, si sarebbe andato anche sul penale. La donna deglutì, nel vano tentativo di calmarsi e darsi un contegno, davanti a un ragazzo che poco ne sapeva delle responsabilità di una scuola come quella. Da decenni l'istituto accoglieva ragazzi da ogni parte d'italia, garantendo anonimato e discrezione. Lo stesso Michele non sapeva che la sua permanenza in quel posto era stata possibile solo grazie a cospicui assegni mensili.

"Posso pensarci? Almeno fino a domani. Ho bisogno di riflettere e trovare una soluzione, cerca di capire" la voce le si incrinò, così come aveva fatto tutto il suo mondo da quando Michele era tornato.

Il ragazzo annuì, facendole presente che sarebbe tornato il giorno seguente.


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Stefano cercò di dissimulare l'imbarazzo che quegli ultimi avvenimenti avevano scatenato in lui.

Il suo amico non volle dirgli il motivo di quell'incontro con la preside, così decise di non insistere più di tanto, anche perché aveva timore che Michele avrebbe ricominciato la tiritera di Giorgio.

La sera si lasciarono poco prima delle diciannove, Stefano notò le occhiaie sotto lo sguardo del suo amico e si chiese quanto quella storia lo stesse ferendo, in realtà. Aveva pensato di essere lui quello debole tra i due, ma a quanto sembrava anche Michele aveva dei punti deboli. Restò a guardarlo, attraverso il cancello d'ingresso, con il suo profumo che ancora gli disturbava le narici e quei passi di scarpe che avrebbe riconosciuto tra mille altri.


La mattina successiva Michele lo svegliò alle nove in punto. Si chiese per quale motivo la preside lo facesse entrare e uscire come niente fosse.

Se lo ritrovò a pochi millimetri dalla faccia, seduto sul suo letto e senza scarpe.

"Non hai un hobby?" Gli chiese irritato. Era sempre stato mattiniero, ma da quando aveva subito violenza non riusciva più a riposare la notte, con la conseguenza che si svegliava tardi al mattino successivo.

"Sei tu il mio hobby, ho una bella notizia per te!" Il ragazzo si tirò su a sedere, facendo notare a Michele che non indossava la maglietta. Altri ematomi spuntarono sotto ai suoi occhi, ormai quasi del tutto sbiaditi, ma non per questo non visibili.

Stefanò notò la direzione del suo sguardo e cominciò a sentire strane pulsazioni al basso ventre, odiava e amava averlo vicino.

"Allora?" lo incentivò il più piccolo, facendo rinsavire Michele dal suo stato di torpore apparente. Egli infatti, guardando le cicatrici di Stefano, era entrato in uno stato di rabbia che al di fuori sembrava calma piatta.

"Resto qui, tutta la settimana, poi andrò via davvero e tornerò a Milano." Stefano rimase a bocca aperta, come un pesce fuori dall'acqua. Era questo il discorso che aveva fatto alla preside?

"Cosa speri di ottenere? Io non ti dirò niente, lo sai." Michele sorrise, mostrando uno squadrone di denti bianchi e lucenti al più piccolo, che si inumidì le labbra senza farci caso.

"Non mi importa più, ma le lezioni stanno per riprendere, ormai siamo a Settembre, per cui è ora di rimetterti in sesto e tornare il secchione di sempre."

Gli scompigliò i capelli, accettando finalmente di provare un sentimento molto forte per quella piccola scheggia. Non volle approfondire il tipo di legame che li univa, ma si convinse che non fosse necessario, in quanto stare insieme era l'unica cosa che lo facesse sentire vivo.

"E tu quindi, cosa saresti... la mia ombra?" Il più grande saltò dal letto, urtando inevitabilmente la scrivania al lato dello stesso, dal quale volò in terra il piccolo cassetto in legno, che si schiantò proprio sul piede di Michele.

"Cazzo!" urlò, intanto che Stefano scoppiava a ridere, prima di rendersi conto di quale cassetto si trattasse. Infatti, poco dopo scattò anch'egli dal letto, cercando di recuperare alla bell'e meglio il contenuto sparso per terra.

"Le hai conservate" constatò Michele, prendendo una lettera che a Stefano era sfuggita. Notò che ognuna era segnata con un annotazione e gli venne da sorridere.

"Sei sempre il solito precisino!" lo prese in giro, anche se dentro di sé era molto emozionato. Anche lui aveva conservato le sue lettere, ma non pensava che il suo amico avesse fatto la stessa cosa.

"E tu sempre il solito stronzo!" urlò l'altro, mentre le risate di Michele riempivano l'ambiente.

CoscienzaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon