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Anastasia resta con me tutta la mattina, mentre la mia mente vaga da sola, rammentando gli ultimi due anni. Quel lontano novembre in cui, per puro caso, mi sono scontrata con Damian. In quel vicolo buio e angusto, dove poi mi ha raggiunto Tim. Due sconosciuti che, a distanza di qualche settimana, sono diventati una parte essenziale della mia vita. Io e Damian ci siamo innamorati, Tim è diventato il suo collega, ed ho conosciuta la mia meravigliosa, futura cognata. "Posso aiutarti a preparare il pranzo?" domanda, vedendomi in difficoltà. "Non devo cucinare molto, in realtà. Puoi aiutarmi a lavare l'insalata". La vedo prendere la busta dal frigo, spezzettando la lattuga in una ciotola. "Di solito è Damian che cucina. Io sono alquanto incapace" scherzo, mandando giù mezza bottiglia d'acqua. "Già, comprendo appieno. Io ho Tim che cucina" fa una smorfia, mostrandosi però compiaciuta dalla cosa. 

"Meglio così, no? Gli uomini devono darsi un po' da fare

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"Meglio così, no? Gli uomini devono darsi un po' da fare. Noi abbiamo già da sgobbare". Termina di pulire l'insalata, lasciandola coperta sul marmo della penisola. Guardo l'orologio, comprendendo che gli altri sono via da quasi due ore. "Chissà dove sono" domando tra me e me, mordendomi il labbro inferiore. All'improvviso, odo dei passi lungo le scale, quindi raggiungo la porta e, aprendola, mi pento subito di averlo fatto, poiché incontro due occhi scuri e un ghigno malefico.

[...]

Mancano pochi chilometri per arrivare a Sofia. Volgo lo sguardo verso il finestrino, osservando le campagne a perdita d'occhio che ci lasciamo alle spalle. "Puoi andare più veloce?" ordino a Tim, vedendolo stranamente tranquillo alla guida. "Ho già superato il limite consentito". "Puoi superarlo ancora. Nessuno ci farà la multa". Non mi dà ascolto. Percepisco uno strano nodo alla bocca dello stomaco. Ho un brutto presentimento. "Accelera, Tim. Per favore. C'è qualcosa che non va". Lui sembra credermi, quindi spinge l'acceleratore, facendoci arrivare a casa mia in sette minuti. Cammino a passo svelto sulle scale e, appena arrivo davanti alla porta, noto che è aperta. Mi si smorza il respiro. Resto impalato, vedendo Tim superarmi. Apre la porta velocemente, richiamandomi. "Amico..." inizia a dire, senza finire di parlare. Avanzo lentamente verso l'interno, trovando i mobili sottosopra, le finestre aperte. La pentola piena d'acqua sibila sul fornello, facendo sussultare il coperchio. Mi affretto a spegnere il gas, mentre Tim si guarda intorno. 

"Damian, vieni qui". Brontola con voce soffocata dal bagno. Sulla moquette vicino alla vasca da bagno, c'è una macchia di sangue. Mi manca l'equilibrio sulle gambe. Cado di ginocchia sul pavimento, sconvolto. "Dove sono?" domando soprattutto a me stesso, odiandomi per aver lasciato Georgia e mia sorella da sole. "Tim, è stato quel bastardo. Lo so. Io devo trovarlo..." mi tiro su con il suo aiuto, digrignando i denti. Prendo la mia glock dal comodino, infilandomela nella fondina. "Dam, cosa intendi fare?". "Quello che va fatto, Tim. Non torcerà un solo capello alle ragazze". "Ehi, aspetta..." lui mi blocca. Noto una goccia di sudore attraversargli la fronte. "Chiamiamo il capo e gli altri detective. Ci servono più mani". Scuoto la testa. "Se vuoi farlo, aspettali tu. Io non perderò un secondo di più. Più tempo passa, e più loro sono in pericolo". Torno sul pianerottolo, prendendo la mia macchina. Giro per le strade di Sofia, guardando attentamente in ogni angolo, scrutando ogni volto, fermandomi solo se necessario. Raggiunta la periferia, ricevo una chiamata. Rispondo, mettendo il vivavoce. "Dam, ho appena parlato con il detective Jeffrey..." inizia a dire Chris, il mio partner. 

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Where stories live. Discover now