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Prima di poter continuare ad indagare, Tim insiste sull'andare a pranzo. "Pensiamo meglio a stomaco pieno" come contraddirlo. E poi, siamo a digiuno da ventiquattro ore. Mangiamo un panino e delle patatine fritte in un fast food simile al McDonald's. Dopodiché continuiamo le ricerche. "Bene, dove possiamo cercare quello stronzo?" domanda Georgia, poggiandosi con il braccio allo schienale del sedile di Tim. Io siedo accanto a lui e volgo lo sguardo. "Non so nemmeno che lavoro fa. Si manteneva con le rapine".
"C'è qualcuno che conosce tua sorella qui? Ti ha mai parlato di un'amica, o di un posto di lavoro?" mi preparo a dire di no, ma poi ricordo una mail di Anastasia di sei anni fa. Me la ricordo ancora a memoria, per quante volte l'avrò letta.

Ciao fratellone. Se non ti scrivo io. Non ti sto sentendo più, che combini? Hai trovato la donna che sposerai? Io volevo parlarti di una cosa. Ho iniziato a lavorare come commessa in un negozio di abbigliamento. Guadagno abbastanza bene e presto potrò comprarmi una casa mia. Magari potrai trasferirti e venire a vivere con me. Mi manchi, anche se sei spesso scorbutico. Rispondimi appena puoi, te iubesc frate.

Non le ho risposto e non ricordo perché. Dopo quella mail, i nostri contatti si sono persi. Ma la mail l'aveva mandata dal negozio in cui lavorava. "Faceva la commessa in una boutique chiamata Status. Si trova sulla Pos'yetskaya Ulitsa" Tim mette subito in moto, arrivando all'indirizzo in cinque minuti. Le commesse non conoscono né rumeno e né inglese, perciò Georgia prende il mio posto, chiedendo di Anastasia. "Liobeznij devocka. Ona hodil odin god nazad". La commessa le porge un documento, per poi salutarci. Appena siamo fuori dal negozio, Georgia mi guarda. "Ha detto che era una ragazza molto gentile e brava ma che non la vedono da un anno. Non ha nemmeno ritirato l'ultimo stipendio. Mi hanno lasciato questo documento in cui ci sono scritte le sue referenze.." glielo carpisco dalle mani, confuso. L'indirizzo è lo stesso che conosciamo anche noi. Poi c'è un numero di cellulare e una mail.
Provo a chiamarla ma parte la segreteria dopo pochi squilli. Riprovo dopo una mezz'ora e una voce femminile mi risponde. "Pronto, Anastasia?".
"Chi parla?".
"Mi chiamo Damian Dobovan, sto cercando mia sorella. Questo è il suo numero". La donna dall'altro capo del telefono fa una pausa. "Signore, temo che dovrà venire qui. Ho una brutta notizia da darle" ingoio la saliva, facendomi dire dove si trova. "All'ospedale, reparto terapia intensiva stanza tredici" Tim si fa da parte, facendomi guidare. Mi affretto ad arrivare il prima possibile. Raggiungo la stanza con le scale perché l'ascensore ci stava mettendo un po' troppo. Non appena entro, la vedo distesa sul letto con un tubo infilato nella trachea, gli occhi chiusi, i capelli più scuri di quanto ricordassi. Mi affretto ad avvicinarmi, prendendole la mano. "Ana? Sono Damian, mi senti?" la mano di Georgia è sopra la mia spalla. Tenta di confortarmi ma persino lei non potrebbe riuscirci adesso. "Lei chi è?" l'infermiera irrompe nella stanza, con la cartella clinica tra le mani. "Sono suo fratello. Cos'ha?".
"È in coma da quasi un anno. Ha avuto un incidente stradale. L'abbiamo dovuta intubare perché non riusciva a respirare da sola".
"Quali sono le sue condizioni adesso?".
"Sono stabili, ma ha riportato diverse emorragie interne e subito un intervento alla gamba. Adesso sta solo a lei svegliarsi" annuisco, sedendomi al suo capezzale. Resto accanto a lei per tutto il pomeriggio, mentre Georgia e Tim attendono sulle poltrone. Ogni tanto si avvicinano a me, chiedendomi se voglio qualcosa da mangiare o un caffè. Decido di andare al bar da solo, per sgranchirmi le gambe. Dopo aver comprato un espresso doppio, vado all'esterno nella zona fumatori. È il momento perfetto per farsi una sigaretta. Ho bisogno di pensare, di tranquillizzarmi.

 Ho bisogno di pensare, di tranquillizzarmi

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Faccio un ultimo tiro prima di rientrare. Ho sempre odiato gli ospedali. Sono così opprimenti, tristi. Georgia mi viene incontro, mettendomi le mani sul collo. "Come stai?".
"Non lo so. Non riesco a capire".
"Vieni, parliamo. C'è Tim insieme a lei" annuisco, seguendola nella sala d'attesa. "Hanno detto che è stabile, perciò si risveglierà".
"È strano che sia incosciente da un anno senza aver subito gravi traumi. C'è qualcos' altro sotto".
"E cioè?" faccio spallucce, sentendomi inutile. "Devo trovare chi le ha fatto questo, sapere qualcosa in più sull'incidente".
"Vuoi una mano?" mi ritrovo a dirle di no mentre incrocia le sue dita con le mie. "Questa è una cosa che devo fare da solo". La abbraccio, tenendola stretta a me.

Torno nella stanza, baciando Anastasia sulla fronte

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Torno nella stanza, baciando Anastasia sulla fronte. "te iubesc de asemenea, soră". La saluto, mentre una lacrima mi riga la guancia. Poi lascio la stanza, stringendo i pugni. "Ehi, dove stai andando?" domanda Tim venendomi dietro. "Ho una cosa da fare. Prenditi cura di Georgia finché non torno".
"Aspetta. Credi davvero che ti lascerò andare in questa missione omicida/suicida?".
"Si, lo credo. Perché ti conosco e tu conosci me. Sai benissimo come posso essere vendicativo. Stavo per uccidere Breznev per aver rapito Georgia. Adesso si tratta di mia sorella, perciò ho il diritto di ammazzare chi voglio" non aspetto che mi risponda. Raggiungo l'ascensore, arrivando al parcheggio. Prendo un taxi e mi dirigo alla centrale di polizia. Uno dei detective mi aiuta, mostrandomi il rapporto dell'incidente. Gli ho detto che sono un poliziotto anche io, ma in Bulgăria e che avevo dimenticato il distintivo. Sembrava contrariato, ma alla fine ha accettato. Dal rapporto, scopro che Anastasia era da sola quella sera. Guidava lei e c'era un'altra auto coinvolta nell'incidente. Non hanno riscontri, poiché l'auto era senza targa e non c'era nessuno alla guida. Nate, penso. È proprio da lui. Questo atteggiamento criminale e perverso.
Devo trovarlo. Lo cercherò in lungo e in largo per tutta la Russia se necessario.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Where stories live. Discover now