14.

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"È inconsueto da parte tua invitarmi fuori" inizia a dire, aggiustandosi il tovagliolo sulle gambe. La osservo, perdendomi nei suoi grandi occhi. "Ho incontrato Tim prima..".
"Sono già due volte che lo vedi. Stai archittetando qualcosa?" scuoto la testa, chiamando il cameriere. "Sono semplici coincidenze. Nemmeno io vorrei vederlo così spesso, credimi".
"Perché rischiavi di essere arrestato da lui?".
"Anche" mi guarda, perplessa e imbarazzata. Prendono le nostre ordinazioni, andando via quasi subito. "Hanno un nuovo indiziato" prendo la parola, prima che lei possa intuire qualcosa. "Il fratello di quella ragazza sembra essere stato sulla scena del crimine" aggrotta la fronte, stranita quanto me dalla notizia. "E come lo hanno collegato al caso?".
"Non ne ho idea. Jeffrey mi terrà informato". Pranziamo insieme per le successive due ore e comprendo come la cosa mi venga così facile e spontanea. Lei è una bellissima persona, diversa da tutte le altre ragazze incontrate negli ultimi trentadue anni della mia vita. La cosa che per prima salta all'occhio è la sua bellezza quasi sovrannaturale. I capelli rosso mogano e gli occhi scuri mi hanno rapito sin dal primo istante in quel vicolo. "Posso farti una domanda?" mi chiede, allontanandomi dai miei pensieri.
"Che significato ha per te quella spilla?".
"È una specie di stemma che appartiene alla mia famiglia. Non ho mai compreso il vero significato di quella X con lo sfondo rosso. Non ne ho mai potuto parlare con i miei perché sono morti prematuramente, lasciandomi solo e pieno di dubbi".
"E tua sorella non ne sa nulla?" scuoto la testa, ordinando il dessert. Oggi ho particolarmente fame. Georgia mi fa compagnia ordinando del Baklava.
Mentre imbocca un pezzo di pasta sfoglia con Noci, sussulta sulla sedia. "Che hai?".
"Non lo so, ho sentito uno strano brivido lungo la schiena. Come se qualcuno mi stesse osservando" mi guardo intorno, osservando le persone mangiare e chiacchierare tra di loro. "Molto strano" finiamo il dolce, uscendo dal ristorante per le tre passate. Invece di andare via con il taxi, scegliamo di passeggiare anche se la temperatura è sotto lo zero. Lei è infreddolita. Indossa cappello e guanti, avvolta da un parka decisamente troppo grande per la sua piccola statura. Provo un'insolita tenerezza a vederla così, vulnerabile e dolce. A pochi metri da noi, odo frenare bruscamente. Infine un van della Volkswagen entra nel vicolo in cui siamo, sfrecciando fino ad arrivare a noi. Accosta con aggressività, facendo capovolgere dei bidoni della spazzatura. "Ti sembra modo di guidare questo?". Mi innervosisco, vedendolo uscire dall'auto. Indossa un cappuccio e cammina con passo pesante verso di noi. "Dammi la ragazza" dichiara con voce soffocata, alzando gli occhi su di noi. Non riesco a vederlo, poiché indossa una maschera. "Neanche per sogno. Chi sei?" domando, restando calmo. Georgia trema nel suo cappotto enorme, indietreggiando. "Non ti interessa. Lei viene con me, o ti uccido".
"Damian, che sta succedendo?" domanda Georgia guardandomi con occhi impauriti. "Non preoccuparti, ti proteggo io" la invito a mettersi dietro di me. Le faccio da scudo, allontanandola dalle mani di quell'uomo rude e singolare. "Non la proteggerai. Non ci sei riuscito neanche con Bianca..." dichiara, facendomi ingoiare la saliva. "Sei Ivan..." dico in maniera retorica, mentre Georgia mi stringe i fianchi. L'uomo tira fuori un coltello enorme, di quelli che si usano in cucina per tagliare il tacchino. Avanza verso di me, agitando il coltello in aria. Riesce a fare un taglio sulla manica del mio giaccone. "Dam!" urla Georgia, inciampando su una lattina di birra. Cadendo, Ivan la afferra prontamente bloccandole i polsi. "Devi essere scattante se vuoi proteggere la donna che ami!" lei aggrotta la fronte, guardandomi con aria scettica. Indietreggia insieme a Georgia verso il van. "Non la porterai da nessuna parte".
"Prova a fermarmi" la getta nel retro del van, partendo di volata. Impietrito, resto a fissare il punto in cui era il furgone poco tempo fa. "Oh mio dio!" borbotto tra me e me, correndo alla centrale della polizia. Agitato e sconvolto, chiedo di parlare immediatamente con l'agente Tim Jeffrey. "Non è a lavoro adesso. Attacca tra un'ora". Chiamo un taxi, andando a casa sua. Suono più volte al citofono, non ricevendo risposta. "Dove cazzo è finito?!". Il cancello fa un click, aprendosi. Entro, raggiungendo il suo appartamento. Busso con decisione alla sua porta. "Chi è a quest'o..." i suoi occhi scrutano i miei. "Dobovan! Che ci fai a casa mia?".
"Hanno rapito Georgia!" dico, tentando di restare calmo. La verità è che mi prudono le mani. Ho voglia di prendere quell'uomo e ridurlo in brandelli. "Georgia? E tu come fai a saperlo?".
"Ti ho mentito. La conosco e adesso dobbiamo trovarla. Non temporeggiamo inutilmente. Devo trovarla" ripeto, camminando da una parte all'altra con le mani nei capelli. Tim non aggiunge altro, vestendosi in fretta e furia. Giriamo per la città con la volante, sirene accese e correndo a 190 all'ora.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Where stories live. Discover now