26.

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Appena Anastasia si addormenta, colgo l'occasione per tornare in hotel a darmi una sistemata.
Faccio in fretta, dato che in meno di un'ora sono di nuovo davanti all'ingresso dell'ospedale.
Varco la soglia, osservando il caos che mi circonda.
Dottori e infermieri che vanno a destra e a sinistra. Sirene dell'ambulanza in lontananza.
"Codice rosso!" urla un paramedico a cavalcioni su un lettino, mentre tenta di fare il massaggio cardiaco alla vittima. "Ferita da arma da taglio. Ha perso molto sangue".
Il braccio penzoloni, le lunghe dita che sembrano accarezzare l'aria. Al suo polso, riconosco un bracciale che io stessa ho comprato.
Allungo il passo, seguendo il paramedico lungo il corridoio.
"Reparto di chirurgia toracica. Presto!" urla ancora, entrando nell'ascensore.
Prima che le porte si chiudano, riesco a vederlo in faccia.
Damian.
Resto immobile davanti all'ascensore per un tempo che mi sembra infinito.
Lo richiamo, spingendo il pulsante per la terapia intensiva.
Mi affretto a raggiungere la stanza di Anastasia, trovandola ancora addormentata.
Tim è seduto sulla poltrona.
Quando si volta verso di me, strabuzza gli occhi, spaventato.
"Ehi, cos'hai?" trattengo il respiro fino a sentirmi male. Mi appoggio al cardine della porta, scoppiando in lacrime.
"Damian" brontolo tra un singhiozzo e l'altro.
"Era di sotto. Lo stanno portando in chirurgia toracica".
"Che è successo?" scuoto la testa, incapace di continuare.

"Che è successo?" scuoto la testa, incapace di continuare

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"Vuoi che indaghi?".
"No!" digrigno i denti, stringendo i pugni. "Resto io qui. Tu vai al reparto di chirurgia toracica" non me lo faccio ripetere due volte.
Non appena sono lì, chiedo all'accettazione che non sa dirmi dove si trovi.
"Non abbiamo nessun Damian Dobovan".
"Dev'esserci. Ricontrolli. Lo hanno appena portato. Era con un paramedico biondo con la barba rossiccia" la segretaria prende il telefono, digitando un numero. Dopo poco riappende.
"Si, abbiamo un uomo in sala operatoria adesso, che non aveva documenti con sé".
"È lui" mi asciugo il naso con la mano.
"Però non posso dirle nulla adesso. L'intervento durerà qualche ora" annuisco, mettendomi seduta nella sala d'attesa, tentando di mantenere i nervi saldi. Com'è potuto succedere tutto questo? Il giorno in cui si risveglia la sorella, lui rischia di perdere la vita.
No, non può accadere. Non devo pensarci. Lo rivedrò.

[...]

Sono passate circa tre ore, o forse di più. Ho lo sguardo perso nel vuoto, i capelli appiccicati alla fronte per il sudore causato dall'ansia. Temo di poter avere un attacco di panico, ma tiro grossi respiri prima di lasciarmi andare del tutto. Devo restare lucida, lo devo a Damian.
"Signorina..." una voce femminile mi richiama, venendo verso di me. Mi alzo, mettendomi a braccia conserte.
"l'intervento è finito e il ragazzo è ancora sotto anestesia. Purtroppo ha perso molto sangue e...".
"Si può fare una trasfusione sul posto?" chiedo, senza farla finire di parlare. Il dottore annuisce. "Perché?".
"Sono donatrice universale. Mi dica che si può fare" la dottoressa sorride. "Chiedo al chirurgo che ha seguito l'intervento". Dopo qualche minuto, mi ritrovo nella stanza dei prelievi, con una flebo attaccata alla vena con un tubicino. In meno di mezz'ora, sfilano la flebo dal bastone portandola dal dottore. "Dovrebbe mangiare qualcosa adesso. Si sentirà debole".
"Voglio vederlo".
"Mangi prima, le garantisco che dopo potrà vederlo" annuisco, scendendo al piano di sotto. Ho lo stomaco chiuso, non ho per niente fame ma devo nutrirmi altrimenti rischio di svenire.
Prendo una briosce d'asporto, portandomela di sopra. Come promesso, l'infermiera mi fa entrare nella stanza di Damian. Vederlo immobile nel letto mi fa uno strano effetto. Trattengo le lacrime, avvicinandomi a lui. È così bello. Con le dita, gli sposto il ciuffo di capelli che gli sfiora la fronte, poi gli poso un bacio sulla guancia, restando seduta accanto a lui tutta la notte.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Where stories live. Discover now