42. giacca, Torino e Dostoevskij

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Federico si mise le mani nelle tasche e si appoggiò con una spalla allo stipite della porta della propria cabina armadio, osservando Alessia che era in piedi in mezzo alla stanza e scannerizzava ogni gruccia, passava gli occhi chiari su ogni giacca e ogni camicia, pensando qualcosa che lui nemmeno poteva immaginare. Il biondo aveva indosso dei jeans scuri e un maglione chiaro, da cui spuntava il colletto di una camicia bianca. Il freddo lui non l'aveva mai sopportato e la sera, lì a Torino, si faceva sentire più del solito e gli pizzicava il viso anche solo all'idea.
Lei, invece, non aveva neppure una maglia addosso. Con un paio di jeans alle gambe e un reggiseno, stava lì con le braccia incrociate davanti al petto, osservando si intorno con uno sguardo corrucciato.

«Cosa fai? Pensi come ordinare il mio armadio come hai fatto con la mia libreria?» le domandò, distogliendola dai pensieri che le stavano inquinando quella bella testolina. Il ricordo di quando era entrato nella "stanza del piacere" e aveva trovato tutti i libri per terra e lei seduta che li ordinava per autore era chiaro nella sua mente Alessia sorrise fintamente e poi si avvicinò a una gruccia, estraendo una giacca nera e controllando se avesse qualche stemma strano sopra.

«No, stavo pensando a come vestirmi» replicò, sfilando la giacca dall'appendino e facendola scivolare sulle proprie spalle, per poi infilare un bottone nell'asola e guardandosi allo specchio, pensando a come dare una minima forma a quella giacca che le stava leggermente grande sulle braccia e lunga sui fianchi. Le sue gambe lunghe erano fasciate da un paio di jeans e la facevano sembrare un po' più alta, donandole qualche centimetro anche se non ne aveva per nulla bisogno. Federico, alle sue spalle, la squadrò dalla testa ai piedi, soffermando lo sguardo sulle sue curve leggermente più pronunciate nonostante fossero nascoste da quella giacca che la faceva sembrare una bambina che giocava con i vestiti del papà.

«Cosa combini con quella?» le domandò, avvicinandosi di un passo e alzando leggermente il mento mentre la guardava e lei passava in rassegna ogni centimetro del proprio corpo allo specchio. Si girò a destra, poi a sinistra, con una smorfia sofferente in viso, e poi si rimise dritta. Dopo essere dimagrita, non si era mai fatta problemi per come vestirsi: per fortuna non esistevano tanti capi di abbigliamento che le stessero male o, per fortuna, tutti quelli che le piacevano o con cui si trovava a proprio agio si adattavano perfettamente al suo corpo snello. In quel momento, con qualche chilo in più e quel ragazzo bellissimo alle sue spalle che la osservava attentamente, si sentiva a disagio, talmente tanto da quasi non voler più uscire, rifugiandosi nel letto, sotterrando la testa nel piumone profumato e magari mangiando qualcosa per riempire quel buco che le si era formato allo stomaco.

«Dai, non ho miei vestiti qua, solo quelli con cui sono arrivata ieri» si lamentò, guardando i suoi occhi attraverso il riflesso allo specchio. Federico le fece un piccolo sorriso quasi timido e lei ricambiò, sentendo il cuore un po' più grande e caldo.

«Non so come aiutarti» il biondo scrollò le spalle e si avvicinò di ancora un passo, posando una mano sul fianco di lei e osservando il loro riflesso allo specchio. Alessia aveva le sopracciglia aggrottate e guardava quella giacca che non la convinceva per nulla: avrebbe dovuto trovare qualcosa per adattarla un po' di più alle sue forme e per non sembrare semplicemente un pacco di patate. All'improvviso, un'idea fantastica le balenò in testa e si manifestò anche sul suo viso come un lampo di luce; si allontanò dallo specchio e di conseguenza anche dal ragazzo e afferrò una cintura nera, posizionandosela in vita e stringendola il più possibile, riuscendo a fare giustizia al suo fisico. Il biondo sorrise nel vederla così bella anche e soprattutto con i suoi vestiti addosso e le prese la mano per farle fare un giro su sé stessa «Stai bene, molto» decretò poi, senza alcuna ombra di dubbio sul suo viso. La castana si avvicinò di nuovo allo specchio: si girò a destra e poi a sinistra e posizionò una mano sulla parte bassa del suo addome. Un brivido percorse la schiena di Federico, che solo un'altra volta aveva visto qualcuno fare una cosa del genere, e cominciò a sudare freddo finché lei non ruppe il silenzio.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now