1. cena tra amici

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«Non ho voglia di vedere tutti» mi lasciai cadere sul divano, chiudendo gli occhi. L'afa di quei giorni di fine giugno mi stava uccidendo, non riuscivo proprio a sopportarlo. E c'era anche da dire che io ero abituato allo sforzo fisico in generale, un po' di sudore non mi aveva mai spaventato. La fine della stagione, gli impegni con la nazionale e il caldo asfissiante mi avevano portato una specie di tristezza, che si era calata su di me come un velo nero, e che oscuravano le mie giornate e mi impedivano di essere presente al cento percento nelle cose che facevo. Innumerevoli erano i piatti che avevo rotto, gli oggetti che mi erano caduti e le volte in cui mi ero dimenticato qualcosa che mi era appena stato detto, e di conseguenza le volte in cui avevo fatto innervosire chi mi stava vicino.

«Andiamo Fede, lo sai che lo faccio per te, alzati e vai a prepararti che siamo già tardi» Gaia finì di sistemarsi i capelli allo specchio e mi fece il broncio, sperando di convincermi senza fare troppe storie. Gaia era la mia sorella maggiore, e soprattutto in situazioni del genere si notava che era decisamente più matura di me: uscire e parlare con qualcuno che non fosse lei mi avrebbe aiutato a uscire da un tunnel buio come quello in cui mi ero ritrovato, ma non ne avevo la minima voglia.

«Non ne ho voglia, facciamo un'altra volta» replicai, con un tono di voce piatto. Seppellii la testa tra i cuscini del divano, pensando che magari se io non avessi potuto vederla o sentirla, lei non avrebbe insistito per farmi uscire con i suoi amici.

«Dici così da due settimane, quell'altra volta è oggi, alzati» piano piano tolse tutti i cuscini da sopra la mia testa e mi prese per l'orecchio, tirando perché io mi alzassi.

«Ma sei completamente impazzita? Mi fai male!» esclamai, cercando di togliere la sua mano dal mio orecchio «Ahia, Gaia!»

«Alzati!» ordinò lei, evidentemente molto divertita dalla mia espressione dolorante.

«Va bene, mi alzo, mi alzo» obbedii e mi misi in piedi, massaggiandomi l'orecchio «Andiamo quindi?» presi le scarpe da ginnastica dove le avevo lasciate in precedenza e mi meritai uno sguardo perplesso «Cosa c'è adesso?»

«Vieni così? Non ti metti nemmeno un po' in tiro?» chiese lei, allacciandosi i sandali neri che aveva deciso di indossare lei. Io scrollai le spalle.

«Cosa dovrei mettermi? Non è che ci si può vestire come in "Peaky Blinders" ogni giorno» presi il cellulare dal mobiletto accanto al divano e controllai velocemente le notifiche. Avevo solo il venti percento di batteria.

«Certo che Chicco sei veramente intrattabile, speriamo di recuperarti al più presto sennò giuro che non ci arrivi intero a settembre» sospirò Gaia sottovoce, passandomi accanto e prendendo le chiavi della macchina. Conoscevo il suo temperamento, forse veramente era meglio calmarsi un pochettino per evitare di farla innervosire troppo.

***

«Ci saranno Luca, Arianna, Sofia, Matteo... lui ha detto che porta anche sua sorella, che è più o meno nella tua stessa situazione quest'estate. Te la ricordi Alessia? L'ultima volta che l'ho vista era alta più o meno così e aveva una cotta assurda per te. Sinceramente penso che se la vedessi adesso non la riconoscerei, è andata a fare l'Erasmus a Tenerife tipo tre anni fa e da quella volta non l'ho più vista» mi girai verso Gaia quando finì il suo monologo, ma non trovai il coraggio di dirle che mi ero perso alla prima frase. Metà della gente che aveva nominato non avevo la minima idea di chi fosse, quindi avevo smesso di ascoltarla attivamente.

«No, non me la ricordo, se devo essere al cento percento sincero non mi ricordo nemmeno chi sia Matteo» ammisi, guardando fuori dal finestrino il paesaggio toscano scorrermi sotto gli occhi mentre ci avvicinavamo alla città.

«Matteo, dai, devi per forza ricordartelo! Quello riccio, biondo... quello che gioca a basket!» deglutii, cercando di associare a quel nome una faccia, ma non mi venne in mente nulla.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now