16. chiasso, silenzio e Firenze di notte

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La mattina dopo la prima a svegliarsi fu proprio Alessia che, dopo aver passato un paio di secondi a capire bene cosa stesse succedendo, sorrise al sentire ancora le braccia di Federico attorno a sé. Le sue dita si erano infilate sotto la maglietta della ragazza e sfioravano la sua pelle calda, mentre il suo respiro regolare si infrangeva direttamente sul suo collo. Nonostante la sera prima fosse cominciata nel peggiore dei modi per lei, era abbastanza soddisfatta di come fosse finita. Il comportamento del ragazzo che aveva dormito con lei quella notte non l'aveva per nulla delusa: aveva capito che lei non voleva parlare di cosa fosse successo e le era rimasto accanto in silenzio, senza superare alcun limite che lei aveva imposto silenziosamente.
La ragazza si girò, rimanendo tra le braccia tatuate che l'avevano protetta da sé stessa, e nel farlo notò che Federico aveva gli occhi socchiusi e la stava osservando di sottecchi.

«Buongiorno, ti ho svegliato?» gli chiese, mormorando quelle parole con la bocca ancora impastata dal sonno. Lui sembrava essere nella sua stessa situazione, con il vantaggio però di avere i capelli abbastanza corti da non rischiare che fossero disordinati o ingarbugliati sul cuscino.

«In realtà sì, stavi premendo il tuo sedere su di me ed è stato impossibile non notarlo» il ragazzo si stropicciò gli occhi con una mano, per poi rimetterla dov'era prima, ossia intorno alla vita della ragazza. Lei scoppiò a ridere e cinse il collo di lui con le braccia, per poi accarezzare con i polpastrelli i capelli più corti sulla nuca.

«Scusa, è stato involontario, mi stavo stiracchiando» gli disse, con un sorriso sincero sul viso. Non le dispiaceva veramente di averlo provocato, il corpo di Federico le era mancato almeno quanto a lui era mancato il corpo di lei, nonostante avesse riempito quella mancanza in altri modi. Inoltre, sapere di fare effetto a quel ragazzo in particolare le faceva sempre un gran piacere, perché era quello che avrebbe voluto fare da adolescente.

«Non ti devi scusare, non mi stavo mica lamentando» anche lui sorrise nel dire quella frase. La sera prima si era trattenuto, un po' perché non era nelle condizioni e un po' perché sapeva che dall'altra parte non c'era tutta quella voglia di fare sesso. Ma quella mattina c'era qualcosa di diverso. Alessia non era più triste come la sera prima, anzi, sembrava aver recuperato tutta la parte paperina e provocante del suo carattere che tanto lo eccitava.

«Mmh, okay» mormorò lei, per poi baciarlo in modo decisamente diverso da come aveva fatto giusto qualche ora prima, prima di andare a dormire. La sua mano destra si allontanò dalla nuca di lui, seguendo un percorso immaginario che passava in mezzo al petto di lui, tra i suoi muscoli definiti sull'addome, fino ad arrivare ai suoi boxer.

Il ragazzo, invece, portò entrambe le mani sul viso della ragazza, gustandosi ogni momento di quello che stava accadendo. Anche baciarla così gli sarebbe bastato, sentire il suo corpo vicino, ma sapeva dove la sua mano voleva andare a parare e l'eccitazione montava in lui come se fosse un ragazzino alle prime armi.
Alessia lasciò le labbra di Federico con un sorriso, per poi dedicarsi al suo collo, al suo petto, ai suoi addominali, ridefinendo con la lingua ogni linea già perfettamente scolpita dai duri allenamenti e dalle infinite sessioni in palestra.

Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore e la guardò attentamente mentre tamburellava con le dita sull'elastico dei suoi boxer, per poi abbassarlo. I loro sguardi non si separarono nemmeno per un istante, nemmeno mentre lei prendeva in bocca il membro eretto del giovane. Lui allungò il braccio destro e, con la mano, raccolse i suoi capelli, stringendoli in un pugno per evitare che le fossero d'intralcio mentre succhiava e leccava e lo faceva contorcersi sotto di sé. Federico gemeva e mormorava qualche cosa sottovoce, parole sconnesse tra loro, ma che alla ragazza sembravano tanto delle imprecazioni.
Lui venne direttamente dentro la sua bocca e lei incavò le guance, per poi mettersi seduta e leccarsi le labbra.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now