30. ci vediamo lì

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«Ti vedo bene» Federico si mise le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta. Quella mattina si era svegliato presto nonostante le poche ore di sonno per potersi godere quegli ultimi momenti con lei. Alessia era distesa sul divano, le ginocchia piegate e le gambe schiuse per fare posto a Wendy, distesa anche lei sul divano e con il muso appoggiato sul basso ventre della ragazza mentre lei la accarezzava lentamente con la mano sinistra e con la destra reggeva un libro che stava leggendo, pigramente spostando gli occhi da una riga all'altra. Fece scivolare velocemente lo sguardo verso il biondino, chiudendo il libro e posandolo sul tavolino ma stando attenta a non muoversi troppo per evitare che la cagnetta si svegliasse. Lui si piegò sulle gambe, raggiungendo con il viso la stessa altezza di quello della ragazza, e le posò una mano tra i capelli, accarezzandoli teneramente mentre la guardava da vicino.

Prima di dire quelle poche parole, l'aveva osservata per qualche secondo dalla base delle scale senza che lei se ne accorgesse, troppo attenta nella sua lettura. Quella notte non era riuscita a dormire, lui se n'era accorto facilmente visto che, dopo la litigata, si erano addormentati abbracciati ma lei non finiva di agitarsi tenendolo in uno stato di dormiveglia e, a un certo punto, era scappata dalle sue braccia e poi dal letto, rifugiandosi su quel divano a leggere quel libro.
Che due, aveva pensato, vedendo Wendy e Alessia comodamente distese sopra il divano grigio, entrambe sonnecchianti. Era stato proprio fortunato però a trovare una ragazza così, in fin dei conti, semplice.

«Scusa che sono scappata, proprio non riuscivo a dormire e non volevo disturbare il tuo sonno, dormivi come un bimbo» gli disse subito lei, accarezzando il suo viso con una mano e sorridendo dolcemente mentre quegli occhi la scrutavano. Non era arrabbiato, per nulla, era sereno, placido, completamente a suo agio.
Si avvicinò a lei per darle un bacio, visto che quella mattina non se n'erano scambiati nemmeno uno, e sentì che stranamente non sapeva di caffè come ogni giorno.
Si sedette per terra, appoggiò la schiena contro il divano e accolse felicemente Spike che arrivò trotterellando verso le sue gambe.

«È successo qualcosa che non riuscivi a dormire?» le chiese dopo qualche minuto, quando lei aveva già posato una mano tra i suoi capelli più corti alla base della nuca e li stava accarezzando lentamente, facendolo rilassare talmente tanto che si sarebbe potuto addormentare lì, in quell'esatto momento. Chissà come ci erano arrivati lì, nessuno dei due l'aveva capito, però stavano bene. Si erano chiusi dentro quella casa solo per quella notte, ma sembrava che fossero completamente scollegati dal mondo esterno, con i cellulari scarichi e gli orologi lasciati sul comodino, nemmeno il tempo si metteva in mezzo.

«No, pensavo» rispose lei, osservando quasi di traverso Wendy che, rendendosi conto che il suo padrone era seduto giusto lì, era scappata dalle sue gambe e si era rifugiata in quelle del biondino, litigandosele con Spike e, alla fine, correndo via con lui, lasciando i due soli. Federico si girò, guardandola in viso mentre anche lei si sedeva e faceva penzolare le gambe dal divano. Durante la notte aveva cominciato a piovere e dalle finestre del salotto si poteva vedere l'acqua che scendeva a secchi nel giardino e in tutta Torino. Odiava quel tempo, non sopportava la pioggia né la nebbiolina che si formava ogni mattina e che avvolgeva la collina, creando un ambiente quasi surreale.

«A cosa?» il biondino posò una mano sul suo ginocchio e la riportò a terra. I loro sguardi si incrociarono e, per un attimo, lei smise di sentire il suono fastidioso della pioggia sul tetto. Infilò le sue dita tra quelle del ragazzo, ripassando con l'indice la crocetta nera tatuata sul suo anulare senza nemmeno rendersene conto, semplicemente seguendo l'inchiostro.

«All'università, a Nicola e Anna, a noi... un po' a tutto» mormorò Alessia, spostando finalmente lo sguardo sul viso del ragazzo e sorrise sinceramente. Non era triste, arrabbiata o qualcosa del genere, era semplicemente sincera. Le capitava spesso di non riuscire a dormire, aveva sofferto d'insonnia per molti anni durante l'adolescenza e ormai non le faceva più paura. Qualche volta le capitava ancora, specialmente quando era molto stressata come in quel momento o aveva mille cose che le frullavano per la testa e non volevano calmarsi nemmeno a causa dell'immensa stanchezza che si sentiva addosso.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now