47. viviamo

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Alessia sospirò. La partita era finita bene, per fortuna, e Federico aveva giocato poco più di un'ora, partendo titolare. Non bene come né a lungo come avrebbe voluto lui, ma almeno era successo, e sperava che questo potesse alzargli un po' il morale. Era una partita importante, il derby d'Italia, quindi avere l'occasione di esprimersi in un match così non era assolutamente scontata.
Lei, dal canto suo, non avrebbe nemmeno dovuto essere lì. Non aveva detto niente al ragazzo, aveva chiamato la madre quando era già in autostrada verso Milano e le aveva promesso che sarebbe passata da lei il weekend seguente e avrebbero trascorso quei due giorni solo loro, da sole. Sapeva che sua madre aveva bisogno di passare un po' di tempo con lei, ma sapeva anche quanto per Federico fosse assolutamente fondamentale vederla, sentirla vicina in un momento difficile. Avevano parlato poco durante quella settimana e, a parte qualche domanda di convenienza o di abitudine, le loro conversazioni erano state veramente scarne e quasi vuote, una cosa che non era mai successa ai due. Al biondo piaceva parlare, era espansivo al punto giusto e non aveva paura di premere i tasti sbagliati con lei, tanto da riuscire a farla aprire quasi subito a discorsi fin troppo seri anche se lei, dal canto suo, non era una che adorava parlare.

La ragazza si strinse le braccia al petto. Faceva un freddo becco e lei non vedeva l'ora di uscire da quello stadio per salire in macchina e attaccare il riscaldamento al massimo.
In un attacco di coraggio- e sconsideratezza- che non pensava che avrebbe mai avuto, aveva consultato qualsiasi sito, ufficiale e non, per procurarsi un biglietto e alla fine ci era riuscita, probabilmente pagandolo più di quanto aveva fatto chiunque altro, ma in cuor suo sapeva che ne era valsa la pena.
I suoi genitori avevano messo da parte i soldi per mandare lei e suo fratello all'università fin dalla loro nascita e, grazie anche al fatto che nessuno dei due percepisse uno stipendio poi così basso, il loro bel mucchietto non si era esaurito. Nonostante il tenore di vita che lei aveva sempre mantenuto, da quando si era trasferita a Firenze viveva con il minimo necessario proprio per mettere mano a quel fondo solo in caso di estrema necessità. Quella situazione non lo era, per nulla, ma non ci aveva pensato due volte prima di attingere lì per andare a Milano e trovare un posto dove passare la notte lì con lui.
Il telefono le vibrò, così lei lo tirò fuori dalla tasca del cappotto pesante, appurando chi fosse che la cercava mentre un sorriso triste si faceva spazio sul suo viso.

Federico:
È appena finita la partita, io ho giocato un po'. Sia tu che tua madre siete ancora vive?

Non sapeva se sorridere di quell'ingenuità, del fatto che proprio lui non si aspettasse la sua presenza lì, o se rattristarsi perché anche attraverso un semplice messaggio aveva capito quanto il ragazzo fosse di cattivo umore, e sperava di migliorarglielo almeno un po' con quella trovata che aveva avuto, in collaborazione con Gaia. Quando si era scervellata abbastanza da non sapere cosa fare e scartare ogni possibile opzione, aveva deciso di chiamare la sorella di lui, convinta che avrebbe seppellito l'ascia di guerra per darle qualche consiglio, ed effettivamente così era stato. Avevano parlato solo al telefono quindi non poteva esserne sicura, ma la bionda le era sembrata tranquilla ed era quasi come se si divertisse a parlare con lei di quel fatidico weekend.

Vide che le stavano tremando le dita dal freddo, così mise via il telefono e tenne le mani in tasca, nella speranza di riscaldarle appena un po'. Salì velocemente le scale, aggirandosi per quello stadio che non conosceva, nella speranza di trovare una faccia amica a cui chiedere qualche informazione. Mentre i tifosi si stavano tutti dirigendo verso le uscite, lei trovò il modo di infilarsi in un corridoio attiguo, completamente vuoto, e lo percorse velocemente e in silenzio mentre sentiva le suole delle proprie scarpe in gomma stridere sul linoleum del pavimento. Quando arrivò alla fine del corridoio, stranamente era tutto silenzioso. Si chiese se fosse stata la mossa più sveglia infilarsi dietro a una porta a caso e sperare che la portasse più vicina a Federico, ma ormai non poteva fare più nulla. Era lì, e valeva la pena tentare, al massimo l'avrebbero cacciata e lei si sarebbe scusata: chissà quanti prima di lei l'avevano fatto!
Socchiuse la porta e davanti a sé trovò un pianerottolo buio. Le scale che salivano e scendevano sembravano molto delle scale antincendio. Guardò a destra e a sinistra: era vuoto. Fece qualche passo avanti, verso le scale, per poi rendersi conto che anche quelle erano vuote, così, silenziosamente, fece un gradino alla volta, arrivando fino al pianerottolo successivo, controllando se ci fosse qualcuno sotto e procedendo, fino ad arrivare a quello che pensava fosse il piano terra. Quando arrivò sull'ultimo pianerottolo, cominciò a sentire due voci chiaramente maschili ma difficilmente distinguibili. Saranno due della sicurezza, con ogni probabilità, pensò. Rimase in silenzio dietro il muro mentre loro facevano avanti e indietro, trattenendo il respiro quando sentiva che nella loro fastidiosa cantilena di passi si stavano avvicinando alla porta. Si sentiva come se fosse una ladra e loro i poliziotti che la stavano per beccare sulla scena del crimine, e aveva il cuore le andava a mille, almeno fino a quando non le vibrò il cellulare in tasca, facendo cadere il silenzio su quello che sembrava essere tutto lo stadio.
I due uomini si avvicinarono velocemente, per poi rivolgerle uno sguardo truce mentre lei cercava nella testa le parole adatte per spiegare la situazione, consapevole che in ogni caso non le avrebbero mai creduto. Erano sicuramente abituati a situazioni del genere, in cui un matto prende e cerca di infilarsi negli spogliatoi solo per incontrare il suo giocatore preferito. Con lei sarebbe stato ancora più facile perché, essendo leggera, potevano tranquillamente prenderla e lanciarla direttamente nei parcheggi senza nemmeno passare per il via.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now