68. speciale

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Alessia si stropicciò gli occhi, per poi sbadigliare apertamente. La testa le pesava da morire, come se fosse qualcosa di totalmente esterno al suo corpo che le dava fastidio dover mantenere. Si posò entrambe le mani aperte sugli occhi, perché le grandi finestre della camera erano aperte e la luce solare entrava fastidiosamente nella stanza, facendole venire voglia di ripiombare nel sonno il più presto possibile e non svegliarsi fino al giorno successivo, o magari mai più. Mormorò qualcosa che sembrava più un lamento senza alcuna parola scandita che una vera frase di senso compiuto. Allungò un braccio, cercando il solito corpo caldo che si era svegliato accanto a lei per così tanto tempo, trovando solo le lenzuola stropicciate, e brontolò di nuovo, sotterrando la testa nel cuscino.
Conoscendolo, si era probabilmente già precipitato a comprare le brioche o a prepararle un caffè caldo perché sapeva che la mattina ne aveva bisogno.
Lei, però, non ne aveva la minima voglia, quella mattina. Avrebbe voluto svegliarsi e trovarlo lì, abbracciarlo, anche se si moriva di caldo, e lasciargli un bacio sulle labbra che sapeva ancora di sonno. Magari, avrebbe voluto anche fare sesso con lui un'altra volta, considerato anche che la sera prima, dopo quel discorso su Geordie e i suoi consigli, l'atmosfera tra loro si era raffreddata a tal punto da far venire voglia a entrambi solo di andare a dormire. Si era fumata una sigaretta, forse due, e poi si era infilata a letto, dove c'era anche lui, e aveva dormito accanto a lui, senza toccarlo, senza dirgli nulla e senza che lui le dicesse nulla.
Non aveva la minima voglia di scendere, essere carina, mangiare con lui una bella brioche con la marmellata all'albicocca e sorridergli mielosamente, ringraziandolo della serata. Dopo le notti così, di solito, scappava prima che il malcapitato di turno decidesse di fare una cosa a caso, per quanto stupida o tenera, per farla restare. Dopo le notti così, non aveva la minima voglia di parlare, o di ringraziare, anche perché c'era veramente poco da dire, e comunque quella mattina sapeva di dover andare a Firenze per andare a trovare Anna e Nicola, perché non li vedeva da secoli e le mancavano proprio, così come Thomas.
Sbuffò, sollevando il torso e appoggiandosi sulle braccia, stropicciandosi di nuovo gli occhi e poi levando le mani dalla faccia, mantenendo per un attimo gli occhi chiusi e poi aprendoli poco a poco, cercando di abituarsi alla luce. Quando riuscì ad aprirli abbastanza da poter vedere qualcosa, notò un bigliettino giallo accanto al suo cuscino.

Fece sprofondare di nuovo la testa nel cuscino. Federico non sapeva proprio farle quelle cose, era chiaro, e sicuramente pensava che grazie a quella sera insieme e alla successiva mattina, che lei avrebbe potuto anche evitare, se solo fosse stata abbastanza sveglia, tutto si sarebbe messo a posto, ma non era assolutamente così, e non doveva esserlo. La sera prima era stata un inciampo, un ostacolo che non aveva saputo superare, ma era stata solo una sera, una notte, una scopata. Già andare a dormire da lui era stata un'esagerazione, anche perché erano finiti per parlare a cuore aperto e lei era stata fin troppo aperta a dirgli quelle cose riguardo come non avrebbe mai voluto lasciarlo. Chissà cosa aveva pensato, che, magari, un'altra chance, da lei, poteva ottenerla. Non aveva proprio voglia di parlare con lui, in quel momento. Cercò di concentrarsi, tentando di percepire qualsiasi rumore in casa che le facesse capire se lì c'era qualcun altro, e calcolando velocemente quante possibilità di scappare da lì avesse, senza che lui se ne accorgesse. Allargò le braccia. Se avesse chiamato un taxi immediatamente, ci sarebbe voluta almeno mezz'ora prima che arrivasse lì, ed era difficile che Federico, dovunque fosse, non se ne accorgesse. Sarebbe stata due minuti a vestirsi, anche meno, infondo aveva solo il vestito da infilarsi perché tutto il resto chissà dov'era. Non si sarebbe messa le scarpe, sarebbe andata abbastanza lontano da chiamare un taxi senza alcun rischio che il biondo se ne accorgesse, sarebbe tornata a casa, si sarebbe fatta una bella doccia, e poi si sarebbe subito messa in macchina verso Firenze, chiudendo definitivamente quella storia. E poi, comunque, non sarebbe più andata in locali a caso a Carrara, così non ci sarebbe stato alcun rischio di rivederlo.
Nell'allargare le braccia, incontrò per sbaglio il biglietto lasciato da Federico, e sbuffò di nuovo. Non voleva leggerlo, ma non voleva nemmeno ignorarlo. Avrebbe potuto scappare, ma voleva salutarlo, e lui non si meritava che lei scomparisse di nuovo, perché era talmente buono e tenero da meritarsi almeno una spiegazione. Sapeva che non si sarebbe mai perdonata di vederlo di nuovo, con quello sguardo triste e deluso di quando l'aveva ignorato in quel locale, non voleva nemmeno immaginare il suo broncio sincero di quando si sarebbe reso conto che lei non c'era più nel suo letto, di nuovo. Sospirò, perché infondo gli voleva bene, perché non voleva fargli male, anche se sapeva di averglielo già fatto andando lì con lui, quella notte. Avrebbe dovuto dire che voleva andare a casa e basta, che era stato bello in quel bagno e che era stato bello anche ridere con lui di come si vestisse, ma che era finita lì, che il bagno nudi in piscina e la chiacchierata con la vaschetta di gelato e quella confessione, erano state di troppo. Cosa le era saltato in testa? Dirglielo così, poi, come se fosse stata una cosa che non era riuscita a tenersi per sé, come se volesse proprio che lo sapesse. Si diede della stupida da sola, perché lei non era mai stata così, perché si era convinta che non sarebbe mai tornata con lui, che un'altra opportunità non gliel'avrebbe mai data, e che ormai quella storia era chiusa, che non sarebbe mai riuscita a perdonarlo e che la fiducia che si perde dopo un tradimento non si riacquisivo più, e invece quella sera, a causa dell'alcol e di come lui fosse riuscito a farla rilassare anche così, in mezzo alla gente, a farla stare a suo agio e a farla sentire bella e incredibilmente unica nonostante tutte le sue insicurezze, gli aveva rivelato che, forse, un'opportunità, se la meritava anche.
Chiuse gli occhi, poi prese il bigliettino tra le dita, aprendolo ma senza alzare la testa dal cuscino, quasi avesse paura di leggerlo.
Poi, si girò sul fianco, e aprì leggermente gli occhi, riabituandosi alla luce che entrava dalle finestre prima di leggere le poche parole che c'erano scritte sopra.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora