56. prote

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Federico si appoggiò con la spalla allo stipite della porta della cucina, per poi incrociare le braccia al petto e piegare leggermente la testa a lato. Sorrise in modo sghembo, godendosi la vista che poteva avere da quell'angolazione. Alessia aveva addosso la camicia che lui aveva indossato la sera prima, di ritorno dallo stadio dopo la partita a cui lei non aveva potuto assistere dal vivo visto che avevano vietato l'accesso agli stadi a chiunque non facesse parte delle due squadre. Così, quando era tornato a casa, l'aveva trovata appisolata, lei su un divano e Jessica su quello davanti, con Wendy comodamente adagiata sul ventre della castana e che, a sua volta, stava dormicchiando. Non era riuscito a capire come avessero fatto ad addormentarsi con la televisione a volume alto, ma non si era posto tante domande, svegliando la cagnolina per farla scendere e andare nella sua cuccia e poi scuotendo leggermente le spalle della rossa, che aveva spalancato gli occhi quasi istantaneamente e aveva blaterato qualche scusa ad alta voce prima di stropicciarsi il viso con le mani. Lui aveva scosso la testa, dicendole che non serviva che si preoccupasse, poi si era girato verso la castana, l'aveva guardata mentre si stava avvicinando poi, dopo avere piegato la schiena, aveva fatto scivolare le braccia sotto le sue ginocchia e dietro la sua schiena, sollevandola facilmente, per poi portarla a letto e lasciarla dormire. In quel momento, invece, era totalmente sveglia. Stava muovendo i fianchi a ritmo di una musica che stava canticchiando e, nel frattempo, stava riempiendo la moka con l'acqua per farsi un caffè. Odiava quello della macchinetta, diceva che le faceva impressione il concetto della capsula e che sapeva di plastica, così ogni volta che andava a Torino da Firenze si portava una moka da una persona per evitare di soffrire di una crisi d'astinenza da quella che, effettivamente, ormai per lei era diventata una dipendenza.

Sembrava molto di più a una visione che a una donna, con i tanti e lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle, sulla schiena, si spostavano quasi fino al suo sedere e ondeggiavano seguendo i suoi movimenti. La luce del sole mattutino entrava attraverso la finestra e, andandosi a scontrare con il tessuto bianco e sottile della camicia, permetteva al biondo di intravedere le sue forme generose ma toniche. Quel fascio di luce gialla si infilava tra le sue cosce lunghe e toniche e sembrava mangiare il suo corpo esile, facendo venire voglia di fare la stessa cosa a lui. Si fece passare la lingua tra le labbra, poi si avvicinò di qualche passo e avvolse i suoi fianchi con braccia, appoggiandole un bacio leggero sulla spalla «Buongiorno» mormorò, sentendola stringersi a sé e vedendola sorridere mentre continuava a muovere i fianchi, ma questa volta direttamente su di lui. A Federico venne in mente quasi immediatamente la situazione molto simile che si era presentata con lei solo qualche settimana prima, con lui rigido come un pezzo di legno e lei invece si muoveva sensuale, ma mai eccessiva, con il suo corpo flessuoso che sembrava abbracciarlo e poi scappargli e, allo stesso tempo, si lasciava stringere, si lasciava toccare. Adorava sentirla così, direttamente contro di sé, percepire le sue forme premersi contro il suo corpo e provocarlo così, quasi ingenuamente.

«Ciao 'more» rispose Alessia, avvitando la moka per poi girare la testa verso il biondo e lasciargli un bacio sulla guancia. Stava continuando a ballare tranquillamente, mentre qualcosa dentro -e fuori- di lui si stava accendendo. La castana lo notò facilmente e, con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra, scivolò via dalle sue braccia per spostarsi vicino ai fornelli e sistemarci sopra la moka, per poi girarsi verso di lui con quello sguardo vispo che solo lei poteva avere e rendere sensuale in quel modo. Sembrava allo stesso tempo una bambina capricciosa e una donna audace, una ragazzina fastidiosa e l'amante più incredibile che lui potesse mai desiderare. Appoggiò le mani ai lati della propria vita, sul ripiano, poi piegò leggermente una gamba mentre i suoi occhi vagavano sul corpo del biondo. Era così bello nella sua semplicità, anche se aveva quegli orribili pantaloni del pigiama color crema a quadri bordeaux e una felpa sgualcita, con lo sguardo illuminato di una luce che conosceva bene. Lei si lasciò guardare. Adorava sentire il suo sguardo addosso, godersi mentre le guardava ogni centimetro di pelle scoperta e immaginava quella coperta «Dormito bene?» gli domandò, facendo finta di nulla. Si girò verso destra, prestando poca attenzione -e per lo più in maniera annoiata- alla porta finestra da cui si vedeva il giardino.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now