25. Lucio, Ponte Vecchio e marmo di Carrara

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«Dai che sono già in ritardo» si lamentò Alessia, alzando gli occhi al cielo mentre l'ennesimo bacio tra i suoi due migliori amici le ostruiva la strada verso la sua stanza. Aveva avuto giusto il tempo per asciugarsi i capelli e sistemarseli, facendoli ricadere lisci sulle proprie spalle e fino alla sua vita, ma doveva ancora vestirsi e non aveva idea di come.

«Chissà in che posto speciale devi andare» la prese in giro Anna, spostandosi di lato per farla passare in quel corridoio stretto. Lei e Nicola si scambiarono uno sguardo. Non parlavano più tanto come quando facevano prima che la relazione di lui venisse alla luce, ma non le dispiaceva come pensava che sarebbe successo, eppure il loro rapporto era un po' strano: entrambi sapevano cosa stava succedendo nella vita dell'altro, ma non si intromettevano né ne discutevano più tanto. Lui sapeva che quel nervosismo era causato da un'uscita con Federico, eppure lei non gli aveva detto nulla, l'aveva solo capito.

Chiuse la porta dietro di sé appena entrò in camera, sbuffando quando notò il disordine che regnava in quella stanza. C'erano delle pile di fogli sparse sul pavimento, i libri intorno al letto e alcuni vestiti sopra le lenzuola. Odiava vivere nel disordine ma allo stesso tempo era inevitabile farlo, con una carriera universitaria che stava andando avanti da cinque anni e che coinvolgeva anche il suo coinquilino.
Aprì l'avrà del suo armadio, cercando di capire cosa potesse tirarne fuori di buono, e si sedette sul letto, sospirando. Non aveva la minima voglia di vestirsi bene e allo stesso tempo voleva farlo, per sentire i suoi occhi correre su e giù per il suo corpo, con lo sguardo di chi vorrebbe vedere sempre di più.

«Essia, muoviti, il biondino è qui» sentì la voce di Nicola dall'altra parte della porta e si strofinò le mani sulla faccia, sentendo la stanchezza della notte precedente ancora viva nella sua testa.
Era stato proprio lui a rispondere al citofono e poi ad aprirgli la porta. Continuava a non capire quella situazione tra di loro, soprattutto perché ormai lei non si confidava più, ma non la approvava perché era sicuro che non fosse una vera relazione come invece le aveva sempre augurato. Nonostante non si conoscessero bene e l'ultima volta che avevano parlato era stata al liceo, sapeva che Federico era un bravo ragazzo.

«Tienilo impegnato cinque minuti, arrivo» prese un paio di jeans dalla pila, i più chiari. Non erano particolarmente stretti, le stavano larghi sulle gambe mentre le fasciavano perfettamente i fianchi e la vita. Sopra, si infilò una camicetta chiara che fece scivolare dentro ai jeans, attenta a non causare alcuna grinza. Sopra, si mise un blazer nero e infine prese in mano un paio di tacchi neri, alti abbastanza da piacerle. Si passò una sola volta il mascara sulle ciglia già abbastanza lunghe e poi un rossetto rosso acceso che faceva ulteriormente concentrare l'attenzione sulle sue labbra naturalmente piene e creava un contrasto accentuato con i suoi occhi azzurri.

«Ciao» lui lo salutò appena entrato, senza alcun imbarazzo nel mostrare che era a proprio agio in quell'ambiente e che quindi era stato lì le volte necessarie da sapersi orientare in quell'appartamento. Nicola lo salutò, si conoscevano ma il loro gesto non risultò fluido come entrambi avrebbero voluto.

«Ciao, come va?» gli chiese, per poi indicargli il divano su cui si sedettero entrambi. Aveva visto le sue partite, sia con la nazionale che con la Juventus, e avrebbe voluto complimentarsi ma aveva paura di mostrarsi troppo un fanatico davanti a lui che probabilmente non ne voleva sapere niente, ma solo portarsi a letto la sua migliore amica.

«Bene dai, stanco» replicò l'ospite, passandosi le mani sopra le gambe in maniera nervosa, stirando i propri jeans sopra le gambe muscolose «Tu? Come va con... Anna?» si ricordava perfettamente di come la loro relazione avesse dato fastidio ad Alessia e quindi non era convinto se tirare in ballo quel discorso, ma comunque l'aveva fatto, nella speranza di non scivolare su una buccia di banana e di fare un po' di conversazione.

complici, federico bernardeschiWhere stories live. Discover now