28. Casa dolce casa.

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"Ai nostri nonni e ai loro occhi pieni di vita e di amore infinito per noi."

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Casa dolce casa

ARIZONA'S POV

Una settimana è appena volata via, come infiniti granelli di sabbia stretti in una mano e nonna mi sta stringendo in un abbraccio, mentre nonno mi guarda dall'alto della sua fidata poltrona.

Rivederli è stato così bello che mi sono persino commossa, perché loro sono la mia benedizione.
La mia forza, il mio rifugio sicuro in quegli anni che hanno caratterizzato la mia adolescenza.
Ci sono sempre stati, per me e gli sarò sempre e incondizionatamente riconoscente, anche se mai abbastanza per tutto quello che hanno fatto.

«In un anno sei cambiata tantissimo!» mi dice la nonna, accarezzandomi una guancia. La postura è rigida, ma al contempo rilassata e dato che deve stare seduta su una sedia a rotelle mi abbasso per essere alla sua altezza, accovacciandomi sulle mie stesse gambe. I capelli cenerini sono ricci e corti, il viso tondo ha i lineamenti aggraziati e un paio di occhiali le permettono di mettermi a fuoco.
Le forze la stanno lentamente abbandonando, vista l'età avanzata e lo capisco da come fatica a tenere alta la mano sul mio volto, dalle sue dita nodose che tremano impercettibilmente e dalle espressioni stanche, ma solari, che mi dedica.

«Ma se è sempre uguale!» la rimprovera nonno, così mi volto nella sua direzione.
È seduto e i capelli sono ancora abbastanza corvini, malgrado abbia qualche anno in più della nonna. È affiancato da un bastone, che lo aiuta nella deambulazione e sono inseparabili da qualche anno, in quanto non più agile come una volta.

«Cosa dici, sembra una donna adesso!» dice lei e sorrido, perché nonno gliela da vinta annuendo.
Effettivamente non sono cambiata molto in un anno, però non me la sento di contraddirla, oggi.

«Ragazzo, tu invece come ti chiami?»
mio nonno cambia argomento, puntando il suo sguardo vissuto sul ragazzo alle mie spalle e mi giro, indicandolo con un dito. «Lui è Thomas.»

Annuisce. «Tom.» mi corregge, presentandosi ai miei nonni con una stretta di mano.
«Io sono Mondo.» sillaba poi nonno, facendo oscillare le loro braccia. «Perché ho viaggiato.» specifica, gesticolando come suo solito fare in tali situazioni. Insieme hanno visitato gran parte del globo, collezionando svariati e diversi souvenirs, che hanno esposti in casa come ambiti trofei.

«In tutto il mondo?» chiede Tom curioso, tanto che non posso non sorridere alla vista di tutto ciò e osservo questo piccolo scambio di battute.

«Quasi, quando Berenice è diventata pigra... — la indica, ghignando. — ...abbiamo smesso.» esala.

Questo è sempre stato il suo modo di esorcizzare la malattia della nonna, che le ha fatto perdere l'uso delle gambe nel giro di poco, poco tempo.

«Smettila, dopo cinquant'anni sei sempre uguale. Sempre la stessa simpatia.» rassegnata nonna si porta un palmo sulla fronte, ridacchiando felice.

«Siate fidanzati?» chiede il nonno, mentre i suoi occhi, ormai diventati acquosi, saltellano da me a Thomas e viceversa.
«Ma che domanda cretina, certo che lo sono!» interviene nonna e lui scrolla le spalle, alzando la mano come se volesse scacciare delle mosche.
«Era tanto per chiedere, Bennie.» si giustifica lui e lo abbraccio ancora, sedendomi sul bracciolo di quello che è diventato il suo posto fisso in questa casa troppo grande per ospitare solo due persone anziane, per di più.

«Sono felice di avervi rivisto, davvero tanto! In giornata ripartiremo per Londra...» dico con un groppo in gola e Tom se ne rende conto, così mi abbraccia amorevolmente una volta che mi ha al suo fianco.

ThunderWhere stories live. Discover now