11. Devi andare.

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Devi andare.

ARIZONA'S POV

Nel momento in cui cerco di aprire gli occhi una forte luce mi porta a richiudere le palpebre e mentre allungo un braccio, per distendere i muscoli del corpo quest'ultimo va a scontrarsi contro un qualcosa, o meglio, contro qualcuno e tale collisione mi desta all'istante.
Apro così di scatto gli occhi, sobbalzando piano sul materasso quando metto a fuoco la figura di Thomas, coperta fin sopra ai pettorali scolpiti dal piumone color gesso e mi rilasso quando mi rendo conto che sta ancora dormendo sereno.

Sospiro facendo ricadere la nuca contro il mio cuscino e mi passo una mano sul viso, mentre mi rimprovero per essermi fatta trasportare dalla situazione ed aver fatto sesso con il mio vicino di casa, ma prima che possa realizzare veramente il tutto lo sento muoversi, così mi volto e lo trovo con una palpebra sollevata ed una ancora calata, a metà tra il dormiveglia e lo stato cosciente.
«Buongiorno..» la sua voce è graffiata e tremendamente assonnata, così gli dedico un sorriso e prima che la sua mano possa a tutti gli effetti raggiungere il mio corpo mi alzo subito dal letto, trascinandomi all'interno del bagno.

E quando vedo nello specchio il mio riflesso, ci punto un dito contro. «Tu, sei una cogliona.» sussurro, prima di vestirmi e darmi un minimo di contegno, pettinandomi a dovere i capelli e lavarmi accuratamente i denti, subito prima di tornare in camera da letto e constatare il mio più che imminente ritardo.
Thomas è seduto sul materasso, che si tasta le tempie e sbadiglia rumorosamente e mi perdo ad osservare il suo corpo ancora nudo.
«Devi andare via da qui.» incrocio le braccia al petto ed inclino il capo di lato, mentre si lascia ricadere sul letto, una vertebra dopo l'altra e mi guarda sottecchi.

«Niente secondo round?!» fintamente offeso si porta un braccio dietro la testa, per sostenerla al meglio e roteo gli occhi al cielo.

«No, devo andare a lezione.» affermo mentre compio un passo nella sua direzione, ma nel momento in cui lo raggiungo, per scostargli dal corpo le lenzuola calde, mi fa perdere l'equilibrio e cado inevitabilmente sopra di lui. «Thomas, sono già in ritardo, non mettertici anche tu.. mi stanno aspettando!» lo canzono, quando arpiona le dita al bordo della felpa che indosso e mentre cerca di sfilarmela la riporto al suo posto originario, prima che perda il controllo della situazione. Un'altra volta.

«Ancora cinque minuti.» mormora ma non posso cedergli, non questa volta.

Mai più. Perché se siamo finiti a letto insieme è stata tutta colpa dell'erba e nient'altro, o forse mi piace pensare che sia così quando in realtà non aspettavo altro da tempo.

La sua mano che incastra una mia ciocca di capelli dietro l'orecchio fa scoppiare la bolla in cui mi sono rinchiusa e scuoto la testa mentre riacquisto il bilanciamento che mi aveva fatto perdere, poggiando le piante dei piedi a terra.

«Devi andare.» ripeto, indicandogli la porta e lui si alza, noncurante d'essere ancora spoglio e cerca i boxer con lo sguardo, trovandoli in un angolo della stanza. Lo osservo mentre se li infila, facendoli scorrere lungo le cosce toniche fino a coprire la sua nudità e trattengo un lieve sospiro di sollievo nel momento in cui si veste completamente, con i medesimi indumenti che aveva la sera precedente.

«Così mi sciupi, Cox.» farfuglia guardandomi di sbieco e roteo gli occhi al cielo, per essere stata colta in flagrante, arrossendo e distolgo lo guardo, inoltrandomi nella zona giorno della casa. «Era una battuta, dai!» mi segue e nel momento in cui affianca la mia figura si porta una mano nei capelli, scompigliandoli appena.

«Non sei affatto simpatico. — sospiro. — E devi tenere a mente una cosa, non accadrà più.»

E lui sa perfettamente a cosa io stia facendo riferimento.
Gonfio il petto e cerco così di trasmettergli la mia sicurezza, che però si disintegra quando un suo braccio mi circonda la vita e mi regala un tenero bacio a fior di labbra. «Davvero, Cox

ThunderWhere stories live. Discover now