14. Cosa siamo?

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Cosa siamo?

ARIZONA'S POV

E nemmeno l'acqua calda della doccia è stata in grado di rilassarmi, tanto che nel momento in cui avvolgo i capelli in un telo per asciugarli al meglio, tamponandoli, la respirazione diviene irregolare a tal punto che un leggero affanno mi colpisce, quasi come se avessi appena corso una maratona.
Perché rivedere Thomas mi porta ad avere il cuore in subbuglio e la mente affollata, senza una ragione apparente.

O forse c'è, ma non lo voglio ammettere.

Con una lentezza che solitamente non mi caratterizza raggiungo poi l'armadio quattro stagioni, aprendone le ante ed esaminando il suo contenuto senza guardare davvero gli abiti che ci sono al suo interno, dato che ho la testa altrove e quello che indosserò è l'ultimo dei miei problemi, al momento.

La stoffa dei vestiti che tocco, di tanto in tanto, è così fresca che una piacevole sensazione mi porta a sorridere, rabbuiandomi quando la figura di Thomas mi si para davanti alle pupille come se fosse insieme a me.

Riesco a sentire il suo profumo, così intenso ed aromatico che storco il naso ed il suo sorriso mi compare davanti, ma lo scaccio non appena lo stomaco mi ricorda cosa provo per lui, cadendo nell' intestino con un tonfo sordo. «Basta.»

E dopo un'attenta analisi opto d'indossare un semplice pantalone abbinato ad un pullover del medesimo colore, nero e lascio il telo che prima mi avvolgeva la chioma sul pavimento.
Torno in bagno e tento di darmi una sistemata, truccando leggermente gli occhi e nel momento in cui termino anche di acconciarmi i capelli mi guardo allo specchio, ritenendomi pronta solo esteticamente ad affrontare l'imminente serata e non psicologicamente.

Perché non lo sarò mai, se prima non capisco che tipo di legame mi tiene stretta a Thomas.

*

Con due mandate chiudo il portone di casa ed il rumore che riecheggia nella tromba delle scale è metallico, ma una voce alle mie spalle attira la mia attenzione, così mi volto.

«Sei in ritardo.» mi canzona Thomas, mentre un groppo non mi permette di fare altro se non sorridere come un ebete.

«È accettabile, lo è di tre minuti.» interviene il suo amico e lo indico, per dargli ragione.

«È accettabile.» ripeto, rinsavendo e riacquisto la tenacia che mi contraddistingue, ma Thomas mi raggiunge compiendo delle ampie falcate e prima di schioccarmi un occhiolino mi lascia un leggero bacio a fior di labbra, così riperdo il controllo come poco fa.

Imbarazzata indietreggio con il capo fino a non avere più alcun contatto con lui, rivolgendo poi una fugace occhiata ad Harrison, il quale ci sta già osservando divertito ed emette una sottile risata divertita.
«Fate pure come se non ci fossi.»

«Non stiamo insieme, in caso te lo stessi per domandare.» chiarisco. «Non siamo nulla.»

Percepisco le iridi di Thomas bruciare sul mio volto, e mai mi era capitato di sentirmi tanto in difetto davanti ad un ragazzo.

«Così mi offendi, Cox.» teatralmente Thomas si porta una mano sul petto, inclinando il capo di lato e roteo gli occhi al cielo.

«Possiamo andare?» chiedo poi, cercando di calmare il battito cardiaco e tutti annuiscono.

Harrison entra per primo nella stretta cabina dell'ascensore, tanto che resto indietro e nel momento in cui Thomas mi affianca trattengo il fiato nell'udire le sue parole, così audaci e le soffia nel mio orecchio, per non farsi sentire dal suo amico a pochi passi da noi.
«Questo è un appuntamento.»

ThunderWhere stories live. Discover now