Capitolo 4

527 32 4
                                    

Hunter's POV

Sono seduto al solito tavolo da pranzo in cortile con Troy, Nick e William.
Sento i loro discorsi ovattati, perché in realtà non ci sto prestando poi chissà che attenzione.
Quest'ultima è ricaduta su una chioma castana dalla lingua lunga e un paio di stretti leggins neri.
Dana è seduta sotto un albero poco distante dal mio tavolo, assieme ad una sua amica dai capelli rossi. La vedo da qui la sua parlantina. La sua bocca non è mai stata chiusa da quando ho iniziato a guardare il profilo di Dana. Lei se ne sta più zitta, parla se serve e mangia una mela tagliata già a spicchi. Sul prato sono disposti un paio di libri e dei fogli. Probabilmente cose noiose da studiare.

«Ehi Will!», dico attirando tre paia di occhi azzurri su di me. «La conosci quella là?»

Indico Dana con il capo, e William mi fa segno di no. Lo stesso vale sia per Troy che per Nick.

«Perché? Chi è?», chiede Troy.
«La tipa dell'incidente.»
«Davvero?», chiedono tutti e tre insieme.
«Sì.»
«Mica male...», bisbiglia Nick, ma io lo sento ed alzo un sopracciglio.

Lui fa una smorfia e io torno a guardare Dana per un secondo.

«Le vuoi andare a parlare?», mi domanda Troy con una strana espressione sul viso.
«Per dirle che?»
«Chiedile di uscire.», aggiunge William.
«E chi guida? Quello senza patente o quella che ha un albero dentro l'auto?»
«Invitala a fare una passeggiata.», propone Nick.
«Questo discorso è inutile. Non ho intenzione di chiederle di uscire, stavo semplicemente riflettendo guardando in quella direzione.»
«Fingeremo di crederti.», dice Troy.
Ruoto gli occhi al cielo e mi alzo. «Vado in bagno.»

Loro riprendono a parlare di football ed io cammino in direzione di Dana e della sua amica, ma nessuna delle due sembra notarmi. Quando passo proprio di fronte a loro, di proposito, fortunatamente Dana mi vede.
Mi limito a lanciarle uno sguardo dei miei, e lei mi fissa seria, quasi incazzata. Non accenna ad un sorriso né niente. Cammino dritto verso il bagno per compiere ciò che dovevo fare e poi torni indietro. Quando tocca ripassare davanti a quella faccia tosta che mi sta sfidando con lo sguardo, mi viene il lampo di genio.

«Scusami, tu, c'è Jessica che vuole parlare con te. Mi ha chiesto se potevo dirtelo.», dico alla rossa.
«Jessica chi?», chiede Dana alzando un sopracciglio.
«Patterson o Lewis?»
«Lewis.», sorrido all'amica.
«Dana, giuro che se tira di nuovo fuori la storia delle saponette le tolgo via le sopracciglia con un pelapatate.», dice alzandosi. «Dov'è Jessica?»
«Vicino ai bagni, all'angolo dell'entrata del dormitorio femminile.»
«Okay, grazie. Dana, mi aspetti qui?»
«Sì, e non uccidere nessuno.»
«Non ti prometto niente!»

La rossa si allontana e rimaniamo solo io e la bella ferita.

«Beh, ciao.»
«Ciao.», dice abbassando gli occhi su uno dei libri, per poi aprirlo.

Rimango in piedi di fronte a lei ed incrocio le braccia al petto.
Nota che sono ancora qui ed alza gli occhi per vedermi.

«Sì?»
«Niente, passavo di qui.»
«Okay, passa da un'altra parte.»
«Ti sto così antipatico?», faccio il finto labbruccio.
«A primo impatto direi che non sei un granché come persona.»
«Ho capito, sei Miss prevenuta eh? Ho un piercing al sopracciglio e sono un cattivo ragazzo, no?»
«Il primo impatto è stato quando mi hai fatta sbandare contro un albero. Questo del piercing è stato solo il secondo.»
«Tecnicamente lì ancora non sapevi chi io fossi, quindi il tuo primo impatto dovrebbe risalire a quando sono venuto ad aiutarti, no? E poi caspita quanto sei rancorosa, ti ho chiesto scusa e ho pagato, cosa devo fare? Inchinarmi?»

Lei chiude il libro con uno scatto e lo riappoggia a terra.

«Quand'è che mi avresti chiesto scusa? Mentre dormivi o mentre facevi la doccia? Sai non ricordo proprio che un ragazzo dai capelli scuri e il piercing al sopracciglio sia venuto da me a chiedermi scusa.»
«Ho pagato il risarcimento e mi sono preso le mie colpe, cos'altro vuoi?»
«Che mi chiedi scusa.»
«Scusa.», sbuffo.
«Non sono scuse vere.»
«Sì, che lo sono.»
«Certo, vere come il fatto che non avrebbero dovuto darti la patente.»
«Ti hanno mai detto che sai essere pesante?»
«Sì, molte volte.»
«Vedi di prendere nota allora, perché la gente si stanca prima o poi.»
«Grazie per la lezione di vita, ora te ne vai?»

Rido.
Che faccia tosta.
Anzi, da schiaffi.

«Abbassa la cresta, ragazzina, perché non hai il diritto di parlarmi così.»
«Ragazzina a chi? Che avrai la mia età.»
«Venti anni tondi tondi, principessina. Felice ora? Posso benissimo chiamarti ragazzina o persino bimba. Hai pure l'altezza di una bambina.»
«Oh no sono bassa e tu sei grande e cattivo. Cosa farai? Mi ruberai il pranzo? Fammi il piacere, ma chi ti credi di essere?»
«Vuoi saperlo?»
«Se questo può aiutarmi a porre fine alla conversazione, sì.», incrocia le braccia.
«Hunter...»
«Wow, il tuo nome, che scoperta.»
«... Davis.»

Rimane un secondo in silenzio.
Ma dalla sua espressione non mi pare sorpresa.

«Che c'è? Ti aspetti che mi metta a chiederti scusa solo perché sei figlio di John Davis? Mi spiace, tuo padre potrà scrivere tutti i libri gialli che vuoi, ma io non mi verrò a scusare per la tua maleducazione.»
«Torna pure a studiare angioletto, magari impari qualcosa.»
«Provaci anche tu. Scommetto che se fai un esame senza corrompere gli insegnanti, magari riesci a guadagnartelo un ventuno.»

Vedo l'amica dai capelli rossi tornare indietro. Guardo Dana che mi fissa con aria di sfida ed io aggrotto la fronte. Le do' le spalle e me ne torno dai miei amici.

Okay, Dana.
Uno pari.

~~~
Buongiorno a tuttiii, come va?
Vi sta piacendo la storia?
Fatemi sapere ❤️

-Alessia

In my placeWhere stories live. Discover now