15 - Abuse

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«There are many difficulties, for this you have to bring out the strength to go forward, this means living, this is life.  And you have to live it as you can, because you can't live as you want.»

Penso di essere in classifica fra le persone che pensano di più al mondo. Rileggendo tutte queste pagine si può già capire che sono una persona difficile da capire, però se le studiate fino in fondo in realtà vi renderete conto che probabilmente e' ciò che pensate anche voi, ciò che vi succede, ciò che vi tormenta. Alla fine noi esseri umani non siamo molto diversi; abbiamo solamente modi e modi di reagire alle situazioni e affrontarle.
Una volta mi sentivo debole, non riuscivo ad affrontare determinate sensazioni, mi sentivo come una formichina che aveva paura di essere calpestata da tutti, mentre da fuori sembravo un leone pronto ad attaccare in qualsiasi momento. Non stavo recitando e non era nemmeno un modo per riuscire ad essere considerata: dissimulavo ciò che provavo perché non volevo portare dispiaceri a nessuno. Dentro di me c'è sempre stato qualcosa che non andava, e solo io lo so e basta, e questo qualcosa c'è ancora. Anche se tutto va nel verso giusto...arrivano i miei 'demoni' interiori a prendermi, quelli che mi fanno sentire debole, abbandonata, triste. Probabilmente ce li abbiamo tutti, alcuni banali e altri meno, però sono sempre 'demoni'. Una persona può reagire ad un trauma con un controllo emotivo diverso da un'altra oppure una persona può reagire ad un commento offensivo di poco conto in modo diverso da un'altra. E la reazione ti segna per sempre, a meno che non trovi il modo per superarla e non pensarci più.
Ma io penso troppo.
Ricordo ancora quando tempo fa ero in classe e stranamente mi sentivo spensierata e leggera. La professoressa mi aveva appena interrogata e, dato che ero praticamente la più brava della classe, mi fece persino i complimenti. Essere la più brava della classe in una classe di perfetti idioti sembra quasi un'offesa, ti senti più intelligente e acculturata ma alla fine ti rendi conto di essere l'unica che riesce a studiare senza impegnarsi sul serio, basta solo ragionare un po', usare il cervello, pensare molto...cosa che i miei compagni non facevano. Forse non sapevano nemmeno che servisse studiare per avere buoni voti, forse non avevano nemmeno il cervello. A differenza della scuola, nelle questioni pratiche all'esterno di quelle mura facevano uscire tutto il cervello che avevano. Non ero propriamente in una classe di disabili, senza offesa, ma era come se la loro natura consigliasse loro di essere così stupidi in classe e fuori completamente diversi. Alcuni lavoravano, altri si dedicavano a qualche sport, altri uscivano sempre con gli amici, altri si drogavano tutto il giorno...insomma avevano tutti qualcos'altro da fare oltre allo studio. Beh ovviamente anche io potrei star qui ad elencare altre centinaia di cose che avrei preferito fare al posto di studiare, ma bastava ascoltare qualche lezione, leggere qualche riga del libro e il gioco era fatto. Ad essere sincera non ero nemmeno una di quelle che si ammazzava di studio. Perché loro non ci arrivavano?
Tuttavia non è questo il punto.
Il loro studio non mi riguardava, ognuno nella sua vita fa ciò che vuole e se loro volevano essere ignoranti ok.
Ma ciò si rifletteva nelle questioni sociali.
Ricordo che quel giorno, subito dopo che la professoressa mi aveva interrogato, tornai al mio posto felice e soddisfatta. Un mio compagno, di fianco a me in banco, stava armeggiando una specie di bastoncello di plastica e lo stava infilzando sul buco del banco rompendolo sempre di più. Bella attività per chi lavora in una fabbrica, ma non per un dodicenne a scuola durante l'ora di letteratura. Non avevo cattivi rapporti con lui, non mi stava antipatico, a volte era anche gentile e simpatico con me, si comportava bene a differenza delle altre che le trattava come rifiuti con battutine offensive e sgradevoli. Probabilmente io gli facevo paura perché ero più determinata e meno stupida di lui, forse mi considerava una tipa con cui non si poteva scherzare e sinceramente mi andava bene così, almeno non mi avrebbe tormentata come faceva con le altre.
Correva voce che avesse già fatto sesso a undici anni con la sua vicina di casa di sedici, non me lo ha mai ammesso personalmente però tutti ci credevano. Però non aveva l'aspetto di uno che rimorchia tanto facilmente. Di conseguenza lui raccontava persino di essere un "pezzo forte", di essersi già fatto la maggior parte delle tipe del suo paesetto sconfinato (in cui probabilmente l'età media sarà stata sui 60 anni) e che aveva due fidanzate allo stesso tempo. Tutti ci credevano, tutti lo credevano un simpaticone, avete presente la persona della classe che si fa sempre vedere di più dalle altre e tutti lo considerano il leader? Beh ecco così. Per me invece era solo uno stupido ragazzo che si faceva troppe seghe mentali e aveva un'immaginazione troppo ampia. Credevo solo ad una cosa di tutto quello che diceva: si drogava; ed effettivamente non trovo altre spiegazioni per definire la sua strana vita. Forse si sentiva forte perché era tanto alto? Perché faceva palestra e aveva le braccia più grosse degli altri in classe? Sinceramente a me faceva schifo esteticamente, era una persona quasi inutile.
Io di fianco a lui in quel banco mi sentivo pressoché fuori posto: lui, una persona stupida e con tanti trascorsi ed io, una persona che era capitata vicino a lui solo per "controllarlo" - così aveva detto la professoressa-.
Io non ero proprio un angioletto, con lui ci parlavo qualche volta e ridevamo anche, mi divertivo a rubargli l'astuccio e lanciarlo fuori dalla finestra quando faceva lo stronzo e lui mi disegnava cazzi ovunque sul diario, sullo zaino,...e lo faceva sapendo benissimo che mi dava fastidio. Non era una cattiva persona, se solo non si fosse impegnato ad esserlo, con me sembrava quasi normale. Quel giorno pensai proprio a questo mentre ero di fianco a lui, la prof che mi interrogava sulle poesie di Ungaretti e lui che probabilmente non sapeva nemmeno chi fosse.
Insomma, alla fin fine non avevo brutti rapporti con lui, anche se il suo spifferare la sua vita in giro solo per farsi vedere non mi dava altro che fastidio. Quel giorno tutti questi miei pensieri cambiarono di sproposito, cone se il mio destino mi avesse punito per essere stata così buona a definirlo una persona quasi decente. In quel momento iniziò a parlarmi <<Grazie per esserti offerta interrogata, non ho studiato un cazzo ieri>> disse con una risatina isterica continuando ad armeggiare la sua cosa di plastica nel banco il quale ormai si stava sfrigolando tutto.
<<Come al solito avevi cose più importanti da fare>> dissi chiudendo il libro e mettendolo nello zaino.
<<Ho una nuova fidanzata>> disse orgoglioso <<Quindi sì ho qualcosa da fare>>
Non aggiunsi più nulla, sarà stata la ottava? La nona? In un anno. Non mi importava molto.
<<E tu? Come va con il tuo tipo?>>
<<Da quando ne ho uno>> risposi stupidamente.
<<Appunto ahah>> rise e mi osservò per vedere la mia reazione, come se quel commento mi avrebbe dovuta offendere. Vide che rimasi completamente normale, così decise di torturarmi ancora <<Almeno lo hai mai baciato un ragazzo?>>
<<Scusa ma che te ne frega?>> non so perché improvvisamente la mia vita privata gli interessasse; avevo una gran voglia di buttargli fuori l'astuccio dalla finestra oppure direttamente lui.
<<Ah è un no, immaginavo>> rise ancora, non so cosa ci trovava tanto da ridere. Probabilmente prima di venire a scuola si era bevuto qualche drink al posto della colazione.
Avrei voluto rispondere che sì, avevo baciato un ragazzo e che avevo anche avuto un fidanzato, ma non mi fidavo di lui e sicuramente avrebbe trovato il modo per buttarmelo contro per farmi stare male.
La professoressa chiamò un altro interrogato, e lui -il mio vicino di banco- per fortuna lo aveva ignorato sennò un 4 sicuro lo avrebbe preso. La classe iniziò a emanare quel leggero brusio che si crea quando i professori interrogano e nessuno ascolta l'interrogazione.
<<Beh non mi hai risposto>> ricominciò a parlare interrompendo il mio relax.
<<Non sono tenuta a farlo, non mi interessa parlare con te di questo>>
<<E di cosa vorresti parlare?>> mi chiese con un ghigno <<Della mia tipa?>>
<<Ehm, no>> risposi. Ecco perché lo definivo stupido.
<<Dai, so che muori dalla voglia di sapere cosa facciamo io e lei...>> iniziò a parlare, ma io sinceramente non volevo più ascoltarlo.
Chiesi allo professoressa di andare in bagno, così evitavo di parlare ancora con lui. Quando faceva così non lo sopportavo, era una persona così scema che non so nemmeno come facevo a resistere di fianco a lui per mesi. Non era la prima volta che mi faceva sentire così debole, così triste e ingenua, come se non avessi una vita. O almeno per lui "avere una vita" significava: uscire ogni sera con gli amici, drogarsi qualche volta, frequentare compagnie losche, cambiare fidanzata ogni mese, farle le corna... Per me quella non era vita, per me era l'unica alternativa di vita per chi non sa usare il cervello. E io sapevo di avere una certa dignità, poco ma sicuro. Anche con le altre faceva così, però in modo più terribile e diretto, andava direttamente al sodo mettendole in imbarazzo. Con me a volte era pure gentile, ma solo a volte.
Andai in bagno, ma dato che non dovevo fare assolutamente nulla rimasi lì. Guardai l'orologio: mancavano dieci minuti alla fine della lezione, di certo non potevo stare in bagno tutto sto tempo. Accesi il cellulare e guardai un po' la home di Instagram.
Ad un tratto la porta si aprì, ma rimasi con lo sguardo fisso sul cellulare senza fregarmene molto.
<<Da quanto tempo non ci si vede>>
Quasi mi venne un colpo. Era il mio compagno di banco, essì, proprio lì davanti a me. I nostri professori ci lasciavano uscire in due ma solo se andavamo in due bagni diversi, quello dei maschi e delle femmine. Probabilmente pure i professori sapevano che ci facevamo così schifo tra di noi della classe che nei bagni non avremmo mai fatto cose strane...
<<Sai vero di essere nel bagno delle femmine?>> gli chiesi stupita
<<So leggere i cartelli>> ah non l'avrei mai detto
<<Bene e allora sparisci>> risposi irritata continuando a guardare il cellulare.
Lentamente si avvicinò a me, appoggiandosi al muro come me. Perché non se ne andava? Era venuto in bagno solo per parlare con me?
<<Perché sei qui?>>
<<Non mi hai risposto>> disse sembrando più immaturo di quanto lo era già. Sbuffai e continuai a guardare il cellulare ignorandolo completamente.
<<Sì, ho baciato un ragazzo e sì una volta ero fidanzata>> risposi tutta convinta in modo che potesse lasciarmi stare.
<<Interessante...sì infatti non mi sembri una così troppo secchiona>> disse
<<Che vorresti dire con questo?>>
<<Che sei una falsa secchiona, l'ho sempre saputo>> rise e si divincolò dal muro.
<<Okay...>> buttai lì non molto convinta.
Solo perché avevo una vita sociale vuol dire che non ero secchiona? È bizzarra la logica degli stupidi.
<<Ma quindi ora sei single?>> chiese
<<Ehm sì>> risposi sempre senza distaccare lo sguardo dal cellulare.
Lui si avvicinò a me e mi mise una mano sulla guancia, alzai lo sguardo verso di lui molto stranita da quel gesto. Alzò l'altra mano e me la mise sul fianco per attirarmi a sè. <<Che stai facendo?>> chiesi schifata.
<<Vediamo come te la cavi...>> disse tutto convinto, mi fece strusciare contro di lui e si avvicinò a me per baciarmi, ma io mi divincolai scandalizzata. <<Ma che diavolo ti è preso??>> sbottai quasi incredula. Perché uno come lui doveva farsi una "secchiona" come mi definiva lui stesso.
<<Dai torna qui>> mi prese ancora e mi scontrò contro il muro, sentivo il suo corpo robusto contro di me, non mi faceva muovere e nemmeno avanzare. Non mi baciò, mi alzò la maglietta e iniziò a toccarmi. Perché nessuno entrava in bagno? Sarebbe stato utile un aiuto. Aveva un odore strano addosso misto con la benzina e l'erba, beh non c'era da stupirsi. Provavo a togliermelo di dosso ma mi bloccava, non volevo piangere, perché ciò che provavo non era dolore ma confusione e non sapevo dove volesse arrivare.
<<Non c'è molto da palpare qua sotto>> disse palpeggiando lo stesso sotto alla mia maglietta e sotto al reggiseno.
<<Possiamo tornare in classe?>> balbettai sperando di farlo cambiare idea.
Non rispose e continuò così, poi mi mise una mano dentro ai leggins. Non potevo mettermi dei jeans difficili da sbottonare quella mattina? Perché proprio dei leggins.
Mugugnò qualcosa che non compresi mentre con le mani mi palpeggiava il culo.
<<Dai basta...ti prego>> lo imploravo.
In quel momento, io, persona che pensa molto e sa sempre cosa dire, non sapevo cosa dire e cosa pensare. Non pensavo assolutamente a nulla. Che avrei dovuto fare? Non riuscivo a muovermi e se mi mettevo ad urlare probabilmente non si sarebbe accorto nessuno dato che le bidelle sono inesistenti al primo piano. E poi forse era una reazione esagerata...
<<In effetti non sei proprio male...>> commentò continuando ciò che stava facendo. Mi sentivo impotente e stupida. Mi stava trasmettendo la sua stupidità ogni secondo che passava di più in questo bagno.
Tolse le mani dai miei leggins e le appoggiò lì... <<Non...>> iniziai a dire
<<Dai tranquilla, tanto sei già stata fidanzata>> disse come se questo cambiasse qualcosa. Forse era meglio se in bagno non ci fossi andata, ma chi si sarebbe aspettato una cosa del genere? Tenevo stretto il mio cellulare in mano pensando che in qualche modo avesse potuto prendermelo.
<<Anche tu sei fidanzato ora...>> cercai di fargli ricordare.
<<Chissene, le ho già messo le corna altre volte>> rise <<Non preoccuparti>> .
Quando capii in quel momento che voleva andare oltre, e che probabilmente il mio angelo custode non sarebbe apparso dalla porta per aiutarmi, cercai di reagire in tutti i modi possibili. In quel momento pensai molto, pensai a come fuggire, pensai a che guaio stavo correndo, pensai a tutte le persone in classe completamente ignare, pensai al mio gatto che se la stava spassando sul giardino di casa, pensai a tutto pur di non pensare a questo.
Mi spingeva contro il muro e con la mano cercava di entrare sul davanti dei leggins, sentivo la sua pressione su di me, probabilmente era eccitato, al contrario di me che ero completamente scandalizzata. Si avvicino sempre di più in modo da potermi baciare, mentre le sue mani mi toccavano incessantemente.
Gli presi un braccio e lo strattonai in modo da togliermelo di dosso, fece un cenno di dolore, così ne approfittai di quel momento per sgattaiolare via. Aprii la porta del bagno e tornai in classe correndo, senza pensare che lui era il mio compagno di banco e me lo sarei ritrovata di fianco.
Tornò anche lui dopo un minuto circa. Si sedette di fianco a me e non disse una parola. Io non avevo il coraggio di guardarlo, non capivo perché avesse voluto farlo e perché proprio a me. Mi sentivo una merda.
Quando tornai a casa, ovviamente non dissi nulla a nessuno, nemmeno alla mia migliore amica. Forse era una cosa banale, forse succedeva a tutte nei bagni della scuola, solo che io ne ero all'oscuro. Non volevo fare la vittima o l'offesa, perciò decisi di tenerlo per me. E ancora oggi non l'ho mai detto a nessuno. Forse sì ad una persona, ma superficialmente, come se fosse una cosa di poco conto. Un conto però ce l'aveva, ed era inutile dissimulare la mia disperazione. Non avevo il coraggio di piangere, sarebbe stato troppo semplice dimenticare tutto sfogandolo con un pianto, non volevo proprio pensarci. Volevo ignorarlo. Volevo che non fosse mai successo.
Ma quella notte non riuscii a dormire, la mia mente viaggiava da sola, continuando a pensare proprio a quello. E se mi avesse trasmesso la stupidità tramite il suo contatto?
Avevo paura che il giorno dopo a scuola sarebbe successo ancora o che lo sapesse già tutta la classe. Cazzo...perché ero andata in bagno?!?!
Il giorno seguente mi sedetti al mio posto, lui arrivò alla prima ora con 5 minuti di ritardo e si sedette ovviamente vicino a me. Non osai alzare lo sguardo verso di lui per neanche un secondo. Non era degno della mia attenzione. Sentivo solo l'odore di erba che proveniva dai suoi vestiti, ogni mattina, quando era in ritardo, il motivo era sempre questo: si stava facendo una canna in cortile. Arrivava in classe anche mezz'ora dopo e poi per le prime tre ore dormiva sul banco. I prof ormai ne erano abituati.
<<Non sarai mica arrabbiata per ieri?>> mi chiese dopo mezz'ora di puro silenzio.
Sentire la sua voce mi fece rabbrividire. Era come se in quel momento sentissi ancora la sua pressione su di me.
Non risposi. Non volevo assolutamente parlargli.
<<Eddai, non puoi essertela presa, ammetti che un po' ti stava piacendo>>
Mi stava facendo incazzare sul serio, io raramente mi arrabbio con le persone.
<<No. No. Non so nemmeno perché tu l'abbia fatto>> dissi sbottando, ma a bassa voce per evitare che gli altri in classe potessero sentire.
<<Sei troppo patetica>> si lamentò <<Beh non avevi molto di cui vergognarti, dato che non hai praticamente niente ahah>> disse ridendo fortissimo riferendosi probabilmente alle mie tette, per fortuna il prof di matematica non si sta accorgendo di nulla. Sapevo di essere piatta, ma dirlo così spudoratamente era una cosa completamente diversa... non volevo farmi vedere offesa o dispiaciuta, perciò feci una risata ironica con lui. Ma stavo morendo dentro.
<<Ti sei offesa, povera>> disse <<Guarda che ho ragione, eh>> sussurrò avvicinando una mano a me e toccandomi ancora. <<Vedi?>>
Io gli diedi una sberla sulla mano e poi mi guardai intorno per assicurarmi che nessuno ci stesse guardando.
<<Ma sei matto? Smettila>>
<<Sennò che fai?>> disse sorridendo e allungo ancora le mani per potermi toccare.
<<HO DETTO SMETTILA DI TOCCARMI CAZZO>> urlai e chiesi immediatamente al prof di poter uscire perché non stavo bene.
Sono andata in bagno, ma questa volta mi sono chiusa a chiave e senza rendermene conto stavo a pezzi. Nessuno in classe avrebbe mai dubitato di nulla, e io non ne avrei mai parlato a nessuno. Tanto il giorno successivo saremmo stati in vacanza e per una settimana non l'avrei più visto.
Tornai in classe, staccai il mio banco dal suo. Mi guardò ridendo e poi si mise a fare i cazzi suoi guardando il cellulare nascosto dentro l'astuccio per non farsi vedere dal prof.
Il giorno successivo partii con i miei. Eravamo andati con degli amici a fare una vacanza di tre giorni ed eravamo andati a mangiare fuori. Quella sera, mentre ero al ristorante, la mia migliore amica mi scrisse dicendo "di che cosa sta parlando *** nel gruppo?" mi chiese riferendosi al mio compagno di banco. Andai nel gruppo whatsapp della classe e iniziai a leggere i 100 messaggi che mi erano arrivati e che ancora dovevo guardare. Parlavano di cose a caso e meme, poi arrivarono i messaggi che mi sconvolsero di più "Lydia non ci sa fare", "Lydia è piatta", "Lei non è nulla in confronto alla mia tipa tettona", "Lei può farle pure da schiava ahah". Ricordo quelle scritte come se fosse successo ieri, ma in realtà si parla di cinque anni fa. E gli altri che rispondevano con faccine che ridevano oppure con "Beh si sapeva!". Mi sono sentita umiliata. Volevo fosse passato, volevo fosse un segreto. Non riuscivo più a trattenermi, stavo quasi per scoppiare in lacrime davanti a tutti in tavola.
Tornata nella casa in cui ci ospitavano durante le vacanze, andai in bagno e scoppiai in lacrime. Volevo essere forte, volevo non pensarci più, ma fa male negare l'evidenza. Risposi alla mia migliore amica che non doveva preoccuparsi, stavano solo prendendomi per il culo, ma in realtà era successo evidentemente qualcosa.
Nascosi tutto e preferii sotterrarlo nella mia mente. A volte essere forte non basta, a volte serve anche avere sicurezza, sentirsi al sicuro.
In quel momento non sapevo più cosa era sicuro.
I giorni seguenti continuavano a sputtanarmi nel gruppo, ovviamente tutti attenti per la novità dell'argomento. Maledivo questo mio compagno per ciò che aveva fatto, perché a me? Cosa gli avevo fatto di male? Non risposi nulla sul gruppo, visualizzavo. Pensai anche di abbandonarlo, ma sembrava una cosa da deboli e non dovevo sembrarlo.
Tornata a scuola, lui continuò a stuzzicarmi, non si era ancora reso conto che ciò che mi aveva fatto mi aveva profondamente ferita, d'altronde mi aspettavo delle scuse sincere da una persona come lui? Pff.
Mi toccò altre volte sì, ma lì in ultima fila, con i prof mezzi addormentati, chi se ne sarebbe accorto di una come me che si lamentava del suo vicino di banco?
Quando cambiammo i posti fui più che felice. Da quel momento non mi infastidì più e smise anche di sputtanarmi. Tornò tutto come prima, tranne per la mia mente. Avevo ancora questo piccolo trauma inciso in me, la debolezza, la vergogna, l'incapacità di difendermi, lo sputtanamento. Forse non era una cosa da nulla, dal momento che ci sono rimasta malissimo. Vedere delle persone con cui hai a che fare tutti i giorni che partecipano a un tuo momento di debolezza senza aiutarti. Ovviamente la mia migliore amica non teneva corda a queste stronzate, però non capiva perché se la stessero prendendo con me dato che fino a quel momento nessuno aveva mai "parlato male" di me.
Ma ora è acqua passata, ripensarci in questo istante è stato difficile, inutile dire che scrivendo questo capitolo mi sto sentendo male rivedendo ciò che ho provato. È la prima volta che ne parlo, con gli altri e forse anche con me stessa.

La stupidità delle persone la puoi ignorare solamente nel momento in cui non ti si riversa contro, e solo tu ne pagherai le conseguenze.
Se sei in una situazione del genere parlane con qualcuno, non commettere l'errore di chiuderti in te stessa. Reagisci.

𝐆𝐫𝐞𝐞𝐝𝐲 𝐑𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐬 Where stories live. Discover now