parte 17

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Nonostante la mia delusione per la nuova scoperta. Per la mia nuova etichetta fresca, cercai di spingerlo a perdonarli. Ero arrabbiata, ma io non ero nessuno. Non volevo esserlo e per tutto ciò che mi avevi raccontato aveva bisogno dei suoi amici. Come al mio solito, stupidamente, cercai di risolvere i problemi di un’altra persona nascondendo i miei. Lui non lo sapeva, ma con molti miei amici si erano create delle falle, profondi vuoti che io non sapevo colmare, quindi cercai di colmare i suoi. Lui continuò a negare, insultandoli e giudicandoli a sua volta. Quei suoi occhi azzurri erano colmi, non di lacrime, solo di mostri, mostri che volevano solo essere liberati. Io li vedevo e cercavo di farli andare in direzione contraria, ma la sua testardaggine me lo impedì. Tornammo in casa dopo mille parole, ci riuscì, lo feci tornare, ma la casa era vuota. Vuota eccetto il piano superiore dove i genitori della mia amica continuavano a parlare. Scoprì qualche minuto dopo che erano fuori, al campetto a fumare. Ritornammo al gelo mentre io bestemmiavo a denti stretti. Lui rimase in silenzio, al mio fianco, parlando con se stesso. In quel momento ebbi io voglia di fuggire, ma ero già incatenata. Però , decisi. Decisi che quelle catene di etica e morale non mi avrebbero resa prigioniera, non quella volta. Andammo lì, riunendoci al gruppo. Ebbi la sensazione di essere un pesce fuor d’acqua. Lui tornò a parlare con gli altri, io ritornai a fare conversazioni futili. Una solo mi colpì, ma fu interrotta dalla sua figura che si distaccava. Fremeva di rabbia. Le sue spalle larghe iniziarono a contrarsi, si vedeva a distanza, la rete dei supi nervi che saltavano.
“Vai di nuovo a soccorrerlo?” mi chiesero.
Io risposi con uno sguardo quasi rancoroso che li incolpavano senza voce.
“Vedo cosa ha, non vale la pena giocarsi una serata come questa”
“Sembra che con te sia a suo agio” ridette il ragazzo e risi anche io
“Sembra  che in mezzo a voi lo sia di meno” risposi senza smettere di ridacchiare, per addolcire al pillola o forse per marcarla. Il ragazzo rimase in silenzio, non disse più nulla. Spento, nella stessa discussione che aveva acceso. Io mi sentì potente, ero solo una sconosciuta e in quanto tale, ero libera da ogni legame affettivo, potevo colpire senza subire danni. E potevo giustificarmi senza dover dare troppe spiegazioni. Sta volta Lui non scappò, si allontanò solo qualche metro. Io mi ci avvicinai anche se sta volta cercò di impedirmelo.
Gli arrivai vicina. Molto vicina ma non lo sfiorai, nemmeno con un dito.
“Scappiamo” sussurrai e lui mi guardò come se fossi impazzita, come se lui, poco prima non fosse scappato.
“Ah si? E dove andiamo?” chiese ridendo.
“C’è il mio posto preferito qui vicino” risposi seria.
“Scherzi?”
“No, non scherzo, aspettiamo che vada via un po’ di gente, poi…andiamocene”
“Non dormiamo qui?”
“Davvero? Dormiremo?” Chiesi “e l’alba?”
Il suo sguardo si illuminò. L’alba, il nostro fenomeno. L’alba, il nostro riparo. Lo sarebbe stato per molto tempo anche dopo. Ma che ne sapevamo noi?

L'Alba di Caøs ed ÅrmoniåWhere stories live. Discover now