CAPITOLO 8

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ALISHA EDWARDS' POV

Dopo due settimane da Margaret's tutto è diventato più facile e fluido: ho imparato a prendere le ordinazioni velocemente, a non far cadere il vassoio come succedeva i primi giorni e a preparare i muffin con l'aiuto della buona Margaret. 

E' chiaro come il sole che a Brett il coglione infastidisce la mia presenza a lavoro. Non ci sono state altre notti di sesso, ma qualcosa mi dice che non mancheranno di certo.

"Ali, potresti passarmi quel cannovaccio laggiù?"

Afferro il cannovaccio celeste che mi sta indicando e glielo porgo.

Un'altra persona che non riesco ad inquadrare è proprio lei: Shannon. Non capisco se il suo essere gentile, amorevole e simpatica è solo una facciata nei miei confronti per non fare una brutta impressione su Brett oppure è realmente così. Una cosa è certa, lei è la stessa rossa ossigenata che stava ballando con Brett il coglione alla festa di Alyssa Bahen. L'ho riconosciuta non appena ho messo piede in questo bar e mi tocca molto ammetterlo, ma è una ragazza molto bella e sembra sapere il fatto suo.

Sospiro.

Tutte sembrano belle rispetto a me, a quanto pare.

Butto un'occhiata, infastidita dai miei pensieri, all'orologio e noto che manca solo mezz'ora alla fine del mio turno a quel punto dovrò tornare a casa e studiare.

Il mio telefono trilla.

Mi sa che rimanderò lo studio a qualche altro giorno.

***

"Inoltre la camera da letto è dotata di una cabina armadio e come vedi è molto spaziosa"

Annuisco, sorridendo mentre con lo sguardo passo in rassegna tutto l'appartamento per l'ennesima volta.

Mi piace: è nella media, moderno e adatto a me. Perfetto per una ragazza di vent'anni.

Comunico alla signora Barden che ci penserò su e che le farò sapere a breve, anche se in parte la decisione è stata presa.

Dopo aver tirato un'ultima occhiata alla casa , stringo la mano della signora Barden.

Quando salgo in macchina un senso di felicità e serenità mi investe facendomi sentire dannatamente bene.

La mia libertà, adesso, non sembra così lontana.

Quando faccio ritorno a casa, ignoro mia madre e Joe seduti sul divano intenti a guardare i Griffin e salgo direttamente in camera mia sentendo la stanchezza del pomeriggio addosso.

Mi butto a peso morto sul letto e in poco tempo mi addormento.

Il suo viso è contornato da una smorfia di dolore, ma quando mi guarda tenta di nasconderla invano. Gli sorrido provando a dargli un pò di forza eppure il mio sorriso svanisce non appena strizza gli occhi ed apre la bocca, emettendo un urlo roco. Mia madre si alza frettolosamente dalla sedia accanto alla finestra e raggiunge il letto di papà afferrandogli la mano. "Va tutto bene, William. I medici stanno arrivando". Mio padre continua a dimenarsi emettendo vari urli seguiti da preghiere di porre fine a tutto questo strazio. Dopo qualche minuto la porta si apre e un'infermiera si avvicina al mio papà con una siringa che subito viene avvicinata all'aflebo. Dopo qualche attimo l'uomo sul letto sembra placarsi e la cosa mi dà sollievo, ma a mettermi in ansia nuovamente è il dottore che entra in stanza con una cartelletta che viene letta attentamente e in modo grave. Scuote continuamente la testa e fa cenno a mia madre di seguirlo in corridoio. Li seguo anche io e mi siedo in una delle sedie di plastica blu. Mia madre ed il medico credono di essere nella giusta distanza che permette di non farmi sentire nulla, ma le parole che pronuncia il dottore sono chiare alle mie orecchie piccole: "La situazione è critica, signora Edward. Il tumore ai polmoni si sta espandendo e sembra incurabile. Gli resta poco più di un mese" Mia madre sussulta. L'imbattibile Caroline Edward, la donna più forte che io conosca e la stessa che non versa mai una lacrima, crolla in ginocchio.

Apro gli occhi lentamente, leccandomi le labbra secche. Quando ingoio un groppo di saliva, la mia gola brucia come se al suo interno ci fossero delle lame.

Giro il capo verso la sveglia elettronica sul comodino che indica chiaramente le sette e mezzo di sera.

Sbuffo.

Ho dormito decisamente troppo.

Mi alzo dal letto ancora stordita dall'incubo e striscio i piedi fino alla porta di camera mia, proprio quando la apro mia madre urla che la cena è pronta ed io scendo infastidita dal suono alto della sua voce.

Continuando a strisciarmi fino alla mia sedia, i miei occhi non vogliono sapere di aprirsi del tutto e li strofino.

Il profumo familiare delle sue buonissime quesadillas con tanto di salsa arriva alle mie narici.

Joe la riempie di complimenti soprattutto perchè è il suo piatto preferito, io mi limito a ringraziarla con un sorriso.

Sono ancora stonata dalla mia dormita pomeridiana.

Quando suonano al campanello abbiamo appena finito di mangiare e stavo raccontando a Joe e mamma dell'appartamento mentre quest'ultima lavava i piatti.

"Vai tu,  tesoro?" mi domanda strofinando con la spugna un piatto.

Mi alzo, dirigendomi alla porta ma avrei preferito non farlo.

La faccia di Brett il coglione è davanti a me.

"Cosa fai qui?" chiedo seccata.

Alza il braccio e noto che in mano ha il mio telefono nero.

"Oh, grazie" dico afferrandolo.

"Brett, sei tu? Entra, fratello"

La voce di Joe arriva alle nostre spalle e continua ad invitare in casa Brett.

Osservo quest'ultimo entrare e anche lui mi fissa ... in quel modo.

Lo stesso modo con cui mi fissava la sera della cena a casa mia e della sera in cui abbiamo fatto sesso.

Questo non promette nulla di buono.

Spero che non faccia le sue solite battutine stuzzicanti nè osi prendere l'argomento davanti a mia madre o a Joe. Potrei non uscire di casa per la vergogna.

Lo sento salutare mia mamma e l'effetto della sua voce su di me è proprio quello che non speravo.

Chiudo l'uscio, prendendo un po' di fiato quando sparisce in cucina con il mio patrigno e mi preparo mentalmente a questa serata.

Odio come mi fa sentire. Speravo di continuare ad odiarlo fino all'eternità, ma a quanto pare la vita mi sta mettendo un'enorme sfida davanti a me. E se quest'ultima comprende il saper resistere a Brett Warren, io ho già perso in partenza.

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