Capitolo 9

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Ian

Percepisco il suo passo svelto cercare di raggiungermi.
Non posso seminarlo, non in casa sua, però se iniziassi a correre, non riuscirebbe a prendermi.
Se solo avessi la forza per farlo...

-Vado di fretta, Drew, qualunque cosa tu voglia dirmi può aspettare- visto che non posso creare la distanza fisicamente, le parole lo faranno al posto mio.
Non voglio proprio parlargli.
-Puoi evitare di essere un idiota per cinque minuti?- risponde retorico, il fiato corto.
Mi blocco di scatto, incapace di continuare.
Lo preferisco decisamente così piuttosto che timoroso di ogni mia mossa, ma se vuole giocare ha scelto il giorno sbagliato.
-Ho una fottuta riunione tra due minuti- esclamo voltandomi per guardarlo.
Sembra diverso: c'è qualcosa nel suo sguardo che mi porta ad intuire che sia cambiato.
-Cristo, da quanto non dormi?-
È l'unica cosa che riesce a dire?
Gli sto dedicando un minuto del mio tempo e le uniche parole che riesce a formulare sono ovvietà.
-Fammi pensare, da quando la mia ragazza è in una prigione sottoterra, mio fratello mi ha tradito e ci sono duecentosessantacinque ragazzini che hanno bisogno di una guida- sbuffo appena tiro tutto fuori.
Non mi sento meglio dopo aver risposto così, eppure è l'unica cosa che voglio dirgli, non c'è altro di cui parlare.
-Te la stai cavando bene con i ragazzi- sussurra abbandonando l'atteggiamento che aveva costruito poco prima.
Forse mi sono sbagliato, è sempre lo stesso.
-Grazie. Adesso se vuoi scusarmi, ho una riunione-
Mi sorprendo del tono della mia voce, più gentile del previsto.
-Con i militari?-
Annuisco, ho già perso troppo tempo.
-Ci stavo andando anche io- torna a camminare a passo svelto, nella speranza di arrivarmi al fianco.
Roteo gli occhi al cielo; non riesce proprio a capire quando una conversazione è finita.
-Sei preoccupato?-
-No-
La mia emicrania è la sola cosa che mi turba al momento.
L'unico che può mettermi in difficoltà sono io, e se inizio ad autosabotarmi diventa un segnale pericoloso.
Sono solo contro tutti, o resisto o la valanga di problemi mi travolgerà.
Non sono nato per essere un leader, possiedo esclusivamente le capacità per rivestire questo ruolo.
Conosco le persone per ingannarle, non per guidarle.

Apro la porta del salone da pranzo allestito apposta per l'evento.
Una volta entrato con Drew al seguito, mia madre è la prima che scorgo.
Il suo sguardo si illumina e si fionda su di me, rabbrividisco per le sue mani fredde sul viso.
-Ian, sembri un cadavere- mormora preoccupata. È strano vederla in questa veste di madre apprensiva.
Non pensavo che avrei mai vissuto un momento del genere.
-È il regalo per aver trascorso quasi vent'anni sottoterra- rispondo senza soffermarmi sui suoi occhi per troppo tempo.
Il suo pollice sfrega la mia mascella, lambendo la barba corta che non ho avuto modo di rasare.
-Tesoro, mi- la interrompo stringendo i suoi polsi nel modo più delicato possibile.
-Non puoi farci nulla-
Questa è la verità.
Io sono l'unico che può sopportare questo peso, l'unico che può risolvere la situazione.

Un uomo si schiarisce la gola interrompendo la riunione di famiglia.
-Ian Mitchell?- chiede a mio fratello, porgendogli la mano.
In pochi secondi assisto all'immediato arrossamento delle sue guance, il colore si diffonde con così tanta rapidità da arrivare alle orecchie.
-Drew Mitchell- lo corregge quasi inceppandosi con le sue stesse parole.
Con un movimento del capo mi indica, nel caso all'uomo fossero rimasti altri dubbi.
-Ian Mitchell- mi sciolgo dalla stretta della donna per andare incontro allo sconosciuto.
I suoi vestiti mi hanno già dato un indizio.
-Mi scusi per il fraintendimento, è un piacere conoscerla.-
Accenno ad un sorriso, ma sto ancora aspettando che riveli la sua identità.
-Rappresentante dei servizi segreti- si limita ad aggiungere, come se fosse abbastanza.
Sarà davvero una passeggiata fidarsi di qualcuno senza nome.
Il suo completo elegante ma anonimo mi aveva già detto più delle sue parole. Non ha nulla di riconoscibile addosso, chiunque potrebbe vederlo ora e scordartene mezz'ora dopo.

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