Capitolo 1

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Ian

Mentre attraversavo la galleria sotterranea mi sono detto che sarebbe stato facile.
Sono abituato a soffocare le mie emozioni, a dilaniarle e farle a pezzi per mantenere una facciata impassibile.
Ma una volta sgusciato fuori dal tombino, pronto a compiere qualsiasi forma di violenza contro i miei sentimenti, mi sono accorto di non avere nulla da massacrare.
Ogni cosa sembra essere stata risucchiata da una voragine situata nel mio petto, di impossibile accesso per me.

Riesco solo a trascinarmi, in bilico sulle mie stesse gambe, fino al punto di ritrovo; dove alcuni furgoni, opportunamente nascosti in una traversa buia, sono pronti ad allontanare i ragazzi da quella che era la loro casa.
Avranno bisogno del tempo per affrontare il distacco dalla Base, nonostante quelli che hanno partecipato alla fuga siano volontari, non possono rimanere indifferenti al cambio di realtà.
Mi basta avvicinarmi di poco per udire i loro schiamazzi sconvolti, incapaci di credere ai loro occhi.
Ho affrontato anche io questa fase, solo che adesso la persona che mi ha trascinato fuori da quella gabbia per la prima volta, è rimasta intrappolata dentro.
Avrei dovuto fare qualcosa.
Adam sarebbe dovuto morire.
Io sarei dovuto morire.

Alexa non è più la stessa ragazza fredda e fragile di qualche mese fa, ma non può sopportare un trattamento da prigioniera lì dentro.
Non posso nemmeno immaginare cosa le faranno e se mai potrà raccontarmelo.

Il solo accenno al suo possibile non ritorno mi basta per vacillare pericolosamente, costringendomi ad aggrapparmi alle spalle di un ragazzo davanti a me.
Sei stata così stupida.
-Scusa- articolo le lettere con fatica, anche le forze sembrano avermi abbandonato.
-Hai bisogno di aiuto? Sarai stanco- mi sorprendo nel trovare il suo tono comprensivo nonostante io gli sia caduto addosso.

Ci avviciniamo insieme alla massa di persone che pian piano vengono quasi risucchiate dal fondo scuro del secondo camion.
Il primo deve essere già per strada.
Automaticamente scansiono i visi di tutti, controllo i loro movimenti e il linguaggio del corpo, devo assicurarmi che tutto vada bene.
L'intera responsabilità si è riversata su di me.
Mi basta un istante, solo uno, per catturare lo sguardo insicuro di Renee.
Si è limitata a dirigere gli occhi verso di me e soffermarsi per un secondo di troppo per cadere nella mia trappola.
-Grazie per avermi fatto da bastone, mi sento meglio- mollo delle leggere pacche sulla schiena al ragazzo-stampella senza concentrarmi troppo sulla sua espressione; ho un'altra faccenda da risolvere adesso.

Raggiungo Renee che sembra occupata a defilarsi tra la folla, ma è praticamente impossibile per una persona appariscente come lei: i suoi folti capelli ricci si notano con facilità.
La chiamo appena ho la certezza che non potrà ritrarsi ed ignorarmi.
-Mi cercavi?- cerca di mantenere un atteggiamento tranquillo, il tono moderato.
Complimenti.
Tenendola per il braccio la conduco in disparte, sia per non essere sentiti sia per non essere d'intralcio agli altri.
-Che cosa sai?- non ho voglia di girarci intorno, non mi interessa essere gentile o persuasivo, posso anche manipolarla se serve.
Immediatamente la ragazza pianta lo sguardo a terra, decisa a non rialzarlo più.
Scoppierei a ridere per la buffa situazione e l'inutile metodo per sfuggire al mio controllo, ma al momento non riesco nemmeno ad immaginare il suono della mia risata.
Se però sarà necessario, posso fingere pure quella.
-Non so di che stai parlando...- alza le spalle simulando noncuranza.
-Renee- la richiamo ancora, vorrei sollevarle il mento per dimostrarle il ridicolo di questa conversazione, ma risulterei inopportuno e non so perchè, però mi sentirei tremendamente a disagio.
Anche lei ha preso parte al piano.
Forse è per questo che la sola idea di sfiorarla mi mette i brividi.

-Oh guarda! Sembra che abbiano bisogno di una mano laggiù!- indica un punto a caso alle sue spalle e fugge lontano dal mio interrogatorio.
È l'unica persona che è a conoscenza del piano di Alexa, non posso lasciarla in pace.
La seguo a passi lenti, sebbene lei sia già sparita dentro il furgone non ho fretta di recuperarla.
Otterrò ogni cosa che voglio, è sempre così.
Mi basta una fugace occhiata per far in modo che ogni mio compagno si sposti o non mi sia d'intralcio; prima che le gigantesche porte grigie del veicolo si chiudano lasciandoci completamente al buio, io sono già seduto e schiacciato contro Renee.
L'oscurità, la situazione e la pressione, inevitabile a causa della mancanza di spazio, la costringeranno a vuotare il sacco.
Si sente attaccata, oppressa, in gabbia.
La condizione mentale perfetta.

-Alexa ti ha detto di non parlarmi-
Rimango in silenzio ad aspettare la sua ovvia risposta.
-Ti giuro, non so nulla- la voce rotta non mi aiuta a pensare il contrario.
-Renee...- sto per aggiungere altro quando inevitabilmente sento il suo corpo tremare accanto al mio.
Ha la mano sulla bocca per trattenere i singhiozzi, nonostante il buio intenso non vuole che qualcuno possa per caso ricondurre quei versi a lei.
Ho sempre immaginato fosse così orgogliosa.
Non posso trattenermi dall'insinuare un braccio tra la parete fredda e la sua schiena, in un mezzo abbraccio.
-Non voglio che rimanga lì- sussurra poggiandosi sul mio petto, sento le sue gambe rannicchiate contro il fianco.
-Siamo in due- io non riesco a lasciarmi andare come lei, è passato troppo poco tempo, le mie ferite sanguinano ancora.
-No, ma tu non hai visto com'è messa male- ha il respiro affannoso, lo posso avvertire chiaramente.
-Cosa intendi?-
-Si reggeva appena sulle gambe, è dovuta correre in bagno a vomitare e sembrava abituata a tutto questo-
Un brivido mi attraversa la colonna vertebrale, mi scuote così forte che credo che anche Renee abbia percepito il mio tremore.
Come ho fatto a non accorgermene?
Da quanto tempo sta male?
-Credevo che fosse incinta- il mio cuore sobbalza.
L'aria diventa pesante, come se volesse soffocarmi.
È davvero possibile una cosa del genere?
-Mi sbagliavo, ma non si è degnata di dirmi cosa sia questo malessere- gioco con le mie dita per tornare a percepirle, ho avuto l'impressione come se non sangue non le attraversasse.
Se Renee avesse avuto ragione...
La mia testa inizia a dolere.
Non ha senso pensare queste cose.
Avrei fatto altre scelte in quel caso.
Forse Adam sarebbe morto.

-Ci mancava solo questa- sospiro liberandomi definitivamente dei miei pensieri.
Discorso chiuso, non si torna indietro.
-Alexa ha detto la stessa cosa- la ascolto ridere un po', è strano come i suoni sembrino più chiari nell'oscurità.
-Sai, all'inizio non mi piacevi- borbotta quasi come se fosse obbligata a confessarlo.
-Sai, lo so- ribatto scuotendole la spalla; l'antipatia era reciproca.
-Pensavo volessi prenderla in giro, umiliarla o le cose che facevano tutti-
Sembra passato così tanto tempo, eppure posso ricordare ogni singolo dettaglio.
-Bè, adesso l'ho abbandonata nel posto peggiore della terra, i tuoi presentimenti non erano errati-
Detesto ammetterlo, ma è quello che ho fatto venti minuti fa.
L'ho lasciata sola e lei sapeva che l'avrei fatto.
Devo cercare di calmarmi.
Il battito del mio cuore sta sfuggendo al mio controllo e non è il momento per lasciarsi cadere.
Non è mai il momento per me.
-Hey, non è vero, non è colpa tua, credi che qualcun altro avrebbe fatto una scelta migliore?- le solite frasi.
Apprezzo lo sforzo della ragazza, ma è inutile.
Io non sono qualcun altro, ho sempre saputo di aver quel qualcosa in più, un talento insolito.
Vivo nel passato, manipolo gli altri, calcolo le loro mosse e mi muovo di conseguenza.
Non sono qualcun altro.
Avrei potuto fare tante cose, ma non è successo.

Sospiro, ogni cosa sembra amplificata qui dentro: l'oscurità cela il superfluo.
Immagino che Nicholas lo sappia bene.
Sobbalzo di scatto, spaventando Renee che per poco non urla per lo spavento.
-Nick!- urlo al vuoto, nella speranza che in mezzo al brusio possa cogliere la mia voce.
-Ian!-  la risposta arriva un po' in ritardo, ma abbastanza chiara.
-Stai bene?-
Ecco un'altra cosa che non ho fatto.
Devo prendermi cura di lui, è come un patto non scritto per me.
Se lo dicessi chiaramente al ragazzo sbraiterebbe per non so quanto, lamentandosi di potercela fare da solo.
-Ho beccato qualche gomitata per salire, ma sto bene-
La comunicazione non è il massimo così, ma risulta impossibile avvicinarsi o anche solo sperare di trovarlo al buio, dovrei mettermi a tastare le teste di tutte le persone inscatolate qui dentro.
-Appena ci fermiamo rimani al tuo posto, ti aiuto io a scendere-
La risposta arriva quasi all'istante.
-Sì, certo, come no, è sempre stato il mio sogno venire calpestato-
Scuoto il capo, ha sempre da ridire su qualcosa.
Anche solo un piccolo accenno di aiuto lo irrita visibilmente.

La conversazione con Nicholas mi ha distratto abbastanza da farmi dimenticare del corpo di Renee addossato sul mio, ancora scosso dagli avvenimenti.
Non ho tempo per stare male.
Devo prendermi cura di tutti questi ragazzi e in particolare degli amici che mi sono rimasti, non finisce tutto perchè Alexa ed Adam non ci sono.
Devo andare avanti.
E forse, dopo che avrò sistemato ogni cosa, potrò piangere e medicarmi le ferite.

I miei pensieri ritornano ad Alexa, in un modo che ho cercato di evitare fino adesso.
Mi sono concentrato sulle sue bugie, sul piano e sulla sua condizione.
Ma mi basta chiudere gli occhi per immaginare di coricarmi da solo, tra le lenzuola fredde.
Nessuna battuta stupida, nè un silenzio di comprensione o semplicemente la voglia di darci fastidio a vicenda per passare il tempo.
Non c'è più un noi.
Sospiro.
Perchè mi hai fatto questo?

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