Capitolo 3 - He kissed me

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«Fratellino da quanto tempo» affermai sarcastica fulminando con lo sguardo Alex che si limitò ad alzare le mani in segno di innocenza. Sembrava uno scherzo del destino. Non bastava doverci vivere insieme, dovevo sopportare la sua presenza anche quando uscivo con i miei amici, che però erano anche i suoi.

Ci svestimmo tutti e andammo a fare un bagno. In quel momento sembravamo dei bambini piccoli per tutto l'entusiasmo che avevamo di andare in acqua, ma eravamo fatti così e forse era tutta quella voglia di divertirsi che ci univa nonostante tutti i problemi che c'erano nel gruppo.

Nuotai un bel po' fino a non toccare più il fondo e non appena mi fermai qualcosa mi affermò la gamba e mi tirò sott'acqua. Mi dimenai, ma senza nessun risultato, per poi finire sott'acqua e trovare due occhi marroni fissarmi divertiti.

«Ma tu sei scemo!» urlai riemergendo dall'acqua insieme ad Alex «Te la faccio pagare questa» promisi facendo la finta offesa e dirigendomi verso la spiaggia.

«Certo che avreste benissimo potuto degnarci della vostra attenzione o presenza» affermai ironicamente rivolgendomi a Jessica e a Marco, non potendo fare a meno di sorridere nel vederli tanto uniti.

«Eravamo occupati a soddisfare i nostri bisogni.» rispose ridacchiando. Passammo un po' di tempo a parlare e scherzare.

I ragazzi stavano lentamente cominciando ad andarsene e in quel momento mi accorsi che Taylor era stato uno di loro.

«Ragazzi io torno a casa» avvisai salutando tutti e dirigendomi verso la  fermata del bus. Non volevo disturbare Alex che era in fase di nuove conquiste con le ragazze.

Erano ormai le 5 del pomeriggio e quella sera avremmo avuto la cena in "famiglia" se così si poteva definire.

Con mala voglia entrai in casa sbattendo la porta per poi sentire un tonfo provenire dal salotto, dove mi diressi a passo spedito per vedere cosa fosse successo.

«Cosa ci fai per terra?» domandai sul punto di scoppiare a ridere nel vedere Taylor steso sul tappeto.

«Ma dimmi ma sei scema o cosa? Entri così, sbattendo la porta come se nulla fosse!» sbottò alzandosi di scatto e gesticolando, aveva gli occhi socchiusi ed era tutto spettinato, portava una tuta nera con una maglia verde acqua che gli faceva tremendamente risaltare gli occhi.

«Ti ho spaventato?» chiesi interrompendo il suo discorso morendomi il labbro inferiore cercando invano di trattenermi dal ridere.

«Allora per prima cosa smettila di fissarmi in quello modo, seconda cosa non morderti il labbro in quello modo» mi intimò avvicinandosi a me. Indietreggiai involontariamente fino ad avere le spalle contro al muro.

«Levati» dissi quando si avvicinò fino a far combaciare i nostri corpi.

«Te l'ho detto di non morderti il labbro in quel modo ma tu non mi hai dato retta.» sussurrò al mio orecchio per poi lasciare una scia di baci sul collo. Il mio corpo venne invaso da brividi mentre lui continuava la sua dolce tortura facendo aderire di più i nostri corpi.

«Taylor s-smettila.» parlai riacquistando un po' di buon senso, ma lui non mi ascoltò, era troppo concentrato nel spostare la maglietta sul mio corpo.

«Porca merd...»imprecai, ma prima che potessi finire, le sue labbra erano sulle mie.

Passò la lingua sul mio labbro inferiore chiedendomi l'accesso che io non rifiutai. Le sue mani erano ancora sotto la mia maglietta e stavano scendendo verso il mio fondo schiena mentre le mie erano occupate a tirare i suoi capelli, facendolo gemere. Perché diamine non riuscivo a staccarmi?

Mise le mani sul mio sedere sollevandomi da terra, involontariamente incrociai le mie gambe intorno al suo bacino e mi strinsi più a lui per paura di cadere.

«Taylor hai mica visto Melissa? Devo chiederle una cosa» ci staccammo il più velocemente possibile per poi acquistare una distanza appropriata.

«Vado in bagno» mimò con le labbra prima di uscire dal retro della casa che avevo scoperto si trovasse dietro la porta in vetro della cucina.

«John credo che Taylor stia facendo la doccia» spiegai sorridendogli mentre dentro di me fremevo ancora per l'accaduto con suo figlio e mi maledicevo mentalmente per avergli lasciato tanto capo libero. Diamine mi aveva baciata e io non avevo opposto resistenza, anzi avevo totalmente ricambiato.

«Oh non importa. Cercavo te perché volevo chiederti quali fossero i fiori preferiti di tua madre» ammise un po' in imbarazzo. John era un uomo così dolce e premuroso che mi chiedevo come Taylor avesse fatto a diventare così stronzo e insensibile.

«Sono le rose» risposi sorridendo dolcemente per poi dirigermi verso la mia camera. Ma nemmeno lì potevo avere un po' di tranquillità e privacy.

«Sono nuda non entrate.» dissi quando qualcuno bussò alla porta che si aprì di scatto dopo la mia rivelazione.

Pensavo fosse mia madre, ciò spiegava il perché di quella stupida affermazione, ma non pensavo di certo si trattasse di Taylor.

«Ma sei scemo o cosa? E se fossi stata veramente nuda? Non che adesso non lo sia!» sbottai coprendomi. Indossavo solo della misera biancheria intima. Era come se mi avesse vista in costume, ovvero come quel pomeriggio, ma no, non era la stessa cosa.

«Ci avevo sperato.» affermò buttandosi sul mio letto a peso morto.

«Dovrei cambiarmi, quindi fammi il favore di uscire.» affermai con tono duro, rimettendomi l'accappatoio. Si alzò dal letto e io tirai un sospiro di sollievo, forse per una volta si era degnato di darmi ascolto. Tuttavia la sua destinazione ero io e non la porta.

«Però ripensandoci non fa niente sei hai solo l'intimo, è facile toglierlo» sussurrò portando i nostri corpi ad una distanza quasi nulla. Vari brividi percorsero tutto il mio corpo. Non di nuovo, non di nuovo, ti prego.

«Taylor io dovrei vestirmi» il tono di voce uscì più incontrollato del previsto. Odiavo l'effetto che mi faceva, odiavo come riuscisse a rompere qualsiasi muro che aveva davanti.

«C'è tempo» sussurrò avventandosi sulle mie labbra. Cercai di respingerlo ma le mi azioni furono inutili, era troppo forte.

Lentamente mi slacciò l'accappatoio, facendolo scivolare altrettanto cautamente sul mio corpo.

«Basta» affermai di colpo, riprendendo il controllo delle mie azioni.

Io non ero una delle sue puttane, eppure comportandomi in quel modo sembravo esserlo diventata. Erano bastati due giorni nella stessa casa purché io diventassi il suo nuovo giocattolo.

Misi le mani sul suo petto e lo spinsi via mentre sul suo volto comparve una espressione sorpresa.

«Non azzardarti mai più a toccarmi» lo minacciai allontanandomi da lui. Afferrai i vestiti e uscii dalla camera.

Se non mi avrebbe lasciato l'opportunità di cambiarmi in camera mia, lo avrei fatto da qualche altre parte.

«Lunatica» lo sentì dire prima di sbattere con forza la porta della mia stanza.

Com'era possibile che con un solo sguardo riusciva a farmi dubitare di me stessa e rendermi tanto fragile da cedere alle sue attrazioni? Com'era possibile che l'odio che provavo vero di lui sembrava svanire quando il suo corpo veniva a contatto con il mio?

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