Capitolo 32

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Chiusi con forza l'armadietto creando così un forte rumore che fece sobbalzare la mia amica.

«Che ti prende?» chiese mettendosi una mano sul cuore ancora scossa dallo spavento. Non che fosse stato qualcosa di molto spaventoso, ma, dato che sembrava essere nel mondo delle nuvole, quel rumore le era apparso come uno scoppio di una bomba.

«Sembra che non abbiano mai visto una persona in vita loro» dissi con fare minaccioso. Da quando avevo messo piede a scuola, tutti avevano cominciato a fissarmi insistentemente, osservando ogni mio singolo movimento.

«Credo siano solo sorpresi nel rivederti a scuola, infondo sei mancata per due mesi e Trent si è dato da fare con altre ragazze» spiegò con troppa tranquillità «E poi nessuno sa veramente per quale motivo tu sia sparita per tanto tempo» aggiunse portando il suo sguardo su di me. Non ero pronta a dire a Jessica cosa fosse realmente accaduto, avrei potuto inventarmi qualche scusa oppure dire che erano sorti dei problemi tra me e Tayolr. Se lei avesse veramente scoperto che cos'era successo con quest'ultimo, probabilmente sarebbe andata fuori di testa. Tuttavia sapevo che prima o poi tutto sarebbe venuto a galla. Speravo poi, che prima.

«Non dovrebbe interessarli la mia vita» risposi afferrando saldamente i libri che tenevo in mano, per poi dirigermi verso la classe di storia.

Era ormai una settimana che avevo rincominciato a frequentare regolarmente la scuola, tuttavia gli sguardi degli alunni che sapevano della mia esistenza non continuavano a cessare, ma ad aumentare. Non riuscivo però a capire per quale motivo gli interessasse tanto il motivo della mia partenza, fino a quando Alesha non mi aveva illuminata.

«Ti sei divertita a fare la puttana a Los Angeles?» mi aveva chiesto nel bel mezzo del pranzo. Inutile dire che mi ero messa a riderle in faccia mentre quelli seduti al tavolo con me avevano sgranato gli occhi alle sue parole, probabilmente erano stati al corrente delle voci che aveva promulgato nella scuola, ma non mia avevano voluto dire nulla. «Mi dispiace per quel povero bambino, lo sai che è un peccato abortire vero?» aveva continuato. Se in quei mesi il mio autocontrollo non fosse migliorato, probabilmente mi sarei scagliata contro di lei. Tuttavia mi ero contenuta ed ero scoppiata in un'altra fragorosa risata.

«La puttana qui sei tu e lo sei sempre stata, probabilmente se i ruoli si invertissero, tenterei il suicidio» forse le avevo risposto troppo rudemente e offensivamente. Ero al corrente di averle detto cose orribili, avevo superato il limite, ma ciò non mi aveva spinta a chiederle scusa. Mi ero alzata sotto lo sguardo attento di tutti i presenti in mensa e me ne ero andata.


Mi spostai all'ombra troppo infastidita dal sole che mi batteva sugli occhi, impedendomi così di leggere i riassunti che avevo cominciato a preparare durante quella settimana.

Taylor ed Alex probabilmente si trovavano in salotto a giocare alla Playstation e mangiare patatine come se non gli attendesse un domani. Taylor ed io sembravamo aver preso la piega giusta, eravamo riusciti a passare un'intera settimana senza litigare o urlarci contro, tuttavia continuavo a tenermi pronta nel caso fosse successo. Sapevo che una settimana era un record, insomma: di solito passavamo due giorni come delle persone civili, per poi urlarci contro e litigare.

Sospirai ormai stufa di passare ore a studiare sui riassunti. Avevo cercato il più possibile di recuperare il programma che avevo perso durante il mio mese -quasi due mesi- di assenza, e orgogliosa di me stessa, ci ero riuscita. Stavo studiando solo per portarmi avanti in modo da non arrivare impreparata una settimana prima dell'esame della maturità. Francamente non sapevo a che cosa sarei andata incontro in quei pochi mesi che mancavano al mio diploma.

Spostai lo sguardo sul mio telefono non appena questo suonò avvisandomi dell'arrivo di un messaggio, o meglio di due.


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