War of hearts, Ruelle

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I can't help but love you
Even though I try not to

Federico Chiesa
Eravamo usciti allo scoperto.
Non che fosse previsto, sia chiaro, ma ora più che mai non sarei più riuscito a tirarmi indietro, a rinunciare a Deborah, non ora che ero sicuro di amarla davvero e che  tutti ci avevano sorpresi a baciarci.
Avevo liquidato i ragazzi con un commento dei miei, avevo visto Deborah sorridere.
Ero così felice di sapere che ero io il motivo del suo bellissimo sorriso.
Quando i ragazzi si furono allontanati da noi, ed erano in mezzo alla pista per ballare e ridere, Deborah si alzò dalle mie gambe e mi sussurrò un 'torno subito'.
La vidi andare verso il tavolo sul quale tutte le ragazze avevano lasciato le loro borse e i miei compagni avevano posato gli effetti personali.
Deborah aprì una borsa di cartone e ne prese un pacchetto, quindi tornò da me.
"Dai, non fai sul serio." feci, quando mi raggiunse e mi porse il regalo.
"Zitto. Sono fin troppo in debito con te. E poi, è una stupidaggine." ribattè.
Io le sorrisi mentre iniziai a scartare il regalo.
"È il pensiero che conta." dissi con aria filosofica.
Tolsi la carta e guardai quel che tenevo in mano: era una cornice per fotografie, dipinta a mano, con un piccolo riquadro in basso a destra nel quale era contenuto un biglietto con scritta la data in cui era stata scattata la fotografia.
Mi soffermai a guardare la foto. Era bellissima, una di me e Deborah, immortalati mentre ci baciavano sotto la pioggia.
Io ero vestito con la divisa da allenamento della squadra, e Deborah era in piedi davanti alle gradinate.
Ricordai l'episodio: era un giorno d'allenamento, quello dopo alla cena che avevo organizzato a casa mia insieme  a Deborah, quando Beatriz l'aveva chiamata e obbligata a venire ad allenamento perchè doveva parlarle.
Ricordai il tutto come fosse ieri.
Anche se, in effetti, non era passato molto tempo da quel giorno.
"È... favoloso." sussurrai fissando la fotografia.
"Quella foto l'ha scattata Bea. Di nascosto, con il suo cellulare. Aveva detto che sarebbe andata via, invece ci aveva fotografati. E quando le ho detto di non sapere cosa regalarti, lei mi mostrò la fotografia sul telefono." raccontò.
"È davvero bellissima. La foto, la cornice e il pensiero. Grazie, Deb. - dissi - Io... io però non ho niente per te. Mi hai impedito di regalarti qualcosa."
Mi sentivo così strano a pensare che lei mi aveva anche solo fatto un pensierino mentre io ero lì a mani vuote, ma Deborah mi aveva minacciato di perdere l'uso di una gamba se le avessi regalato qualcosa.
Ti tenevo ai miei arti, per giocare a calcio ne avevo bisogno.
Lei scrollò le spalle.
"Compensa con il regalo di compleanno e con la cena che mi hai offerto. Anzi, - aggiunse - in confronto è un'idiozia."
"È una testimonianza, Deb. Una testimonianza di ciò che siamo noi." replicai.
Lei mi guardò perplessa, i capelli che le incorniciavano il viso fine.
"E cosa siamo, Fede? Cosa siamo davvero?" mi domandò fissandomi con i suoi grandi occhi, che ogni volta mi sembrava che potesse vedermi dentro.
"Io... non lo so. - mi limitai a dire - So che..."
"Ragazzi! - urlò Giovanni per farsi sentire nella musica che rimbombava nel locale, e costringendomi a smettere di parlare - È quasi mezzanotte! Iniziamo a festeggiare?"
Ed ecco che tutti si spostarono nell'altra stanza del locale, per avvicinarsi al DJ e aspettare che arrivasse la mezzanotte, che avrebbe segnato l'inizio del giorno di Natale.
"Dai, ci avviciniamo?" mi domandò Deborah prendendomi per mano, sfoderando un sorriso al quale non seppi resistere.
Mi appoggiai allo stipite della porta della stanza, dietro alla massa di tutti i miei compagni di squadra e delle loro ragazze.
Deborah, davanti a me, indietreggiò il tanto per appoggiare la testa nell'incavo del mio collo.
Girai la testa e le lasciai un bacio sulla tempia.
Lei sorrise e spostò indietro la mano per afferrare la mia.
Mi sentii più felice che mai a pensare che, fino a un mese fa, non avrei nemmeno immaginato di riuscirci con lei, non avrei mai immaginato di piacerle, o che lei si lasciasse andare con me, soprattutto per quel suo peso che teneva dentro e che le impediva di aprirsi del tutto con noi.
E, finalmente, ora potevo dire di essere insieme alla persona che mi piaceva.
Ma, a tutti gli effetti, non glielo avevo ancora detto.
"Ehi." le sussurrai all'orecchio, quando mi accorsi che il DJ al momento stavo solo sparando cazzate per occupare il tempo che mancava alla mezzanotte, cioè poco meno di dieci minuti.
Sentii il profumo dei suoi capelli mentre lei si voltò di scatto e osservò le nostre mani intrecciate, mentre le chiedevo di allontanarci.
Ci spostammo dalla porta e mi avvicinai ad un tavolo ancora pieno di stuzzichini.
"Deborah, io... devo parlarti davvero." le dissi.
Lei mi guardò allarmata.
"È successo qualcosa?" mi domandò e, senza probabilmente rendersene conto, posando le sue piccole mani sui miei avambracci.
"No, è tutto ok, solo... che devo ben capire... cosa siamo noi due... me lo hai chiesto anche tu." spiegai, cercando di non mostrare l'ansia che provavo in quel momento.
"Non siamo solo amici. Credo." disse lei, dal nulla.
Ecco la cosa che volevo sentire.
I suoi occhi incatenati ai miei mi parlavano, e quando si avvicinò e mise la testa sul mio petto, le sue mani si posarono sulla mia schiena, mentre io le cinsi i fianchi con le braccia.
"Lo credo anche io. Ma Deborah io..." mi interruppi quando la vidi sospirare e allontanarsi dal mio petto, mentre la vedevo fissarmi le labbra.
Da quando era lei a desiderarlo così tanto?
"Fede... - sussurrò - Ti prego, in questo momento non ho voglia di parlare o di ascoltare."
"Ricevuto."
E fu lei stavolta a posarmi le mani sulle spalle per darsi una spinta ed arrivare alla mia bocca, quindi posare le sue labbra sulle mie.
Io la misi spalle al muro, e poggiai le mani sulla parete ai lati della sua testa, abbassando lievemente la testa per facilitarle il bacio.
Dopotutto, non era colpa mia se era bassa.
Le sue mani si spostarono sulle mie guance, e vi restarono fino a quando non si staccò, guardandomi ancora negli occhi, con quel suo sguardo intenso che mi mandava in tilt tanto quanto quel vestito stretto che indossava quella sera.
"Ormai lo hai preso per abitudine. - commentai - Baciarmi, intendo."
Lei sorrise. Sapevo che mi avrebbe risposto per le rime, servendosi della dose di ironia che suo fratello le aveva tramandato.
"Come se tu non l'avessi mai desiderato." ribattè.
Io la guardai alzando le sopracciglia.
"Ah, quindi tu desideravi baciarmi?"
Mi tirò un pugnetto nello stomaco. Non mi fece male, non ci sarebbe riuscita nemmeno se si fosse impegnata.
"Certo, idiota."
Quando mi chiamava in quel modo la amavo.
Non è vero, io la amavo sempre.

Buonasera lettori
Devo tristemente annunciarvi che siamo arrivati al capolinea anche con questa storia.
Settimana prossima ci sarà l'ultimo capitolo, poi pubblicherò l'epilogo.
Nel frattempo spero che questo vi piaccia 🥰

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora