Duele el corazon, Enrique Iglesias

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Si te vas yo también me voy 
Si me das yo también te doy 
Mi amor

Deborah Pjaca
Io e Marko eravamo a casa. Era metà settembre, il sole scottava ancora e io non ne potevo più di stare in casa.
Marko era giù in salotto attaccato alla Play, in una sfida online di Fifa contro Jordan, e io ero sdraiata nel mio letto intenta a contemplate il soffitto di camera mia, come se fosse la cosa più interessante del mondo, riflettendo sul senso della vita, se mai ne avesse uno.
I giocatori passano, la Juve rimane.
Questo era il motto della ormai ex squadra di mio fratello, che mi era penetrato nel cervello dal primo giorno in bianconero di Marko e che ancora era lì, non sarebbe mai andato via.
La frase era stata detta da una bandiera del calcio juventino, Alex Del Piero, e i giocatori e la società non hanno fatto altro se non riproporla a noi due, appena arrivati, in quel vicino ma così apparentemente lontano 2016.
E ora pensavo proprio a quel motto, quelle parole semplici ma dal significato profondo.
E non valeva solo per il calcio, mi stavo ripetendo, ma anche per la vita fuori dal campo, anche nella vita privata.
Le persone entrano ed escono dalla nostra vita eppure noi siamo ancora qua, dobbiamo andare avanti a vivere, lasciandoci alle spalle la tristezza di chi se n'è andato e convincendoci che magari sarebbe entrato nella nostra vita qualcuno di migliore.
Nessuno è migliore di Federico, quel Federico, mi fece notare una voce nella mia testa.
Nessuno è migliore di lui, è vero. Ancora soffro per lui, non ho più saputo niente di lui, non so con chi è, cosa fa, e sembriamo due sconosciuti.
Due sconosciuti che hanno un ricordo in comune.
Perchè ho in mente sempre i testi delle canzoni?
E sì, abbiamo davvero molto in comune io e il Berna, ma chissà se se lo ricorda, chissà se si ricorda di me, chissà se ancora soffre per me, chissà se invece ha già superato tutto e sta meglio di me, mentre io sono l'unica a stare male.
Stop ai pensieri, Deb.
Dovevo uscire di casa o sarei caduta in un esaurimento. Se andassi dal dottore ora mi diagnosticherebbe uno stress da mancanza di Federico Bernardeschi.
E quale sarebbe la cura?
Solo una...
Correre il rischio di vederlo insieme ad un'altra, correre il rischio che mi tratti come una semplice conoscente, e correre il rischio di scoprire che ormai non sia più innamorato di me.
Sì, quelli sarebbero i rischi che avrei corso.
Sentii le lacrime bagnarmi gli occhi. Basta.
Presi il telefono e cercai il numero di Miralem. Alla Juve era il mio migliore amico, il miglior confidente che potessi richiedere, l'unica persona a cui volevo bene come un fratello, quella persona che ha contribuito al mio fidanzamento con Federico.

A: Mire🎯
Ciao Mire ti ricordi di me? Spero di sì... Come stai tu? E i ragazzi? Mi sai dire come sta Federico? Non voglio scrivere a lui, non ce la faccio, sai che sono sempre stata molto sensibile...

Misi il telefono in tasca e mi costrinsi a scendere. Marko stava ancora alla Play e lo vidi voltarsi. Gli rivolsi un sorrisi molto tirato, e presumibilmente lo notò, perchè mi chiese:
"Cosa c'è?"
"Umh, nulla. - mentii avviandomi verso l'ingresso, per evitare che lui percepisse la mia bugia - Senti, ti spiace se esco?"
Quando tornai il salotto lui era ancora voltato verso di me.
"E dove vai?"
"Vado da Marco, qualche giorno fa ho promesso a Giusy che sarei andata da loro per stare con lei e con i bambini." inventai una scusa a caso, ma poi mi resi conto che davvero Giusy mi aveva detto che per qualunque cosa lei ci sarebbe stata. Anche ai bambini piaceva stare con me.
"Oh, va bene. Se ti viene tardi chiamami che ti vengo a prendere. Non venire a casa da sola." mi raccomandò facendomi un cenno, così mi avvicinai e mi lasciò un bacio sulla guancia, come facevamo sempre quando uno dei due andava via.
"Va bene. Ciao Marko."
"A dopo Deb."
Uscii di casa e misi gli auricolari. Non avevo musica nelle orecchie, ma gli auricolari riuscivano a diminuire il rumore delle macchine nel traffico di Firenze.
Presi il cellulare e impostai la via di casa Benassi su Google Maps, che mi era stata data da Giusy solo pochi giorni prima.
Arrivai davanti alla villetta e suonai il campanello.
"Chi è?" domandò la voce di Marco.
"Sono Deborah."
La porta si socchiuse dopo poco e la faccia stupita di Marco fece capolino.
"Ehi, entra dai. - mi aprì la porta il tanto da farmi entrare - Come mai qua?"
"Giusy mi ha detto che potevo venire. - dissi - Pensavo che ci fosse..."
"Oh, se te l'ha detto lei allora non preoccuparti. Te la chiamo, è su con i bambini, ora arriva."
Salì un attimo e poco più tardi la ragazza scese insieme a Marco.
"Ciao, torno dopo. - sussurrò alla moglie - Scusami Deborah, ma io devo uscire. Ci vediamo più tardi."
Sorrisi e lo salutai, guardandolo uscire.
"I bambini dormono?" chiesi.
Giusy annuì.
"Stasera ho promesso che avremmo guardato un film e quindi sono andati a dormire ora, altrimenti si addormentano solo alla sigla da tanto sono stanchi." rise, contagiando anche me.
Si sedette sul divano e mi fece cenno di imitarla.
"Come mai sei qui? Ti ho sempre detto che ti avrei aiutata e sarei stata disponibile per qualsiasi cosa, no? Io sono di parola." affermò.
Annuii, anche perchè non sapevo esattamente perchè fossi andata lì, non sapevo che dirle.
"Allora? Mi dici cosa ti turba? Anche Marco quando mi ha parlato di te la prima volta ti ha descritta come una ragazza con un alone di mistero. - replicò - E ancora adesso questo alone di mistero permane. Devi lasciarti andare alla nuova vita di Firenze, alle nuove amicizie e lasciare che le cose accadano. Cosa c'è che non ti convince?"
"Oh, nulla, qui è tutto bellissimo." scelsi le parole con il contagocce. Nè poco, nè troppo.
"E? Perchè sei sempre così sulle tue?"
"Torino. - dissi, come se lei potesse capire al volo - Lì ho lasciato gente importante della mia vita, e mi mancano le persone che ho lasciato. Forse ho fatto una scelta sbagliata a seguire mio fratello, dovevo restare là con..."
Mi bloccai appena in tempo.
"Con?"
"Con i ragazzi. Anche qui mi trovo bene ma... là ero proprio di famiglia. Qui ci vuole più tempo." spiegai.
Sentii la vibrazione del telefono. Mire aveva risposto.
Stavo per prendere il telefono, ma lei mi bloccò.
"Non rimpiangere le scelte che hai fatto. Non puoi più rimediare, è comunque non hai sbagliato a seguire tuo fratello..."
Ma io ero rimasta ferma a 'non puoi rimediare'. Si riallacciava ai pensieri che avevo fatto quando ero nel letto, quandi pensavo che esistesse solo una cura per farmi passare la malinconia.
"Sì che posso rimediare, invece."
"E come?"
La guardai negli occhi.
"Tornando a Torino."

Eccomi con un nuovo capitolo!
Siccome devo auto-pubblicizzarmi (?) vi invito a passare dal mio profilo e leggere la mia nuova storia su Rodrigo Bentancur 💕

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now