Stasera, Ultimo

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Resti stasera resti di sera
Che fuori piove
E non ho voglia di altro stasera

Deborah Pjaca
Ordinammo una barchetta di sushi in due, visto quanto io mangi poco, ma che finì in fretta, poiché Federico divorò alla velocità della luce tutto quello che non mangiai io, dopo avermi chiesto almeno venti volte "sicura che posso finirlo?".
Alla fine della cena, chiacchierammo ancora un po', per lo più riguardo agli allenamenti svolti quando ero a Torino, per poi dire due parole sulla partita in casa con l'Atalanta, vinta 2-0, alla quale non avevo assistito perchè ero appunto a Torino.
"Una buona partita, il mister è soddisfatto."
"Chi ha segnato? - domandai - Perdonami, ma non sono informata su quella partita..."
"Ha segnato Jordan. E poi Cristiano nel recupero."
Sorrisi e annuii. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento anche di Cristiano. Dopo la convocazione con la Nazionale iniziò a sentirsi più fiducioso di sé. E quel gol ne era la prova.
"E tu, che hai fatto a Torino? Sei stata da qualcuno?" chiese così, senza peli sulla lingua, spiazzandomi abbastanza.
"Io... sono stata da amici." risposi vaga.
Alla fine, era vero.
"Sicura?"
Feci spallucce, perplessa dalla sua insistenza.
"Certo."
Lui sorrise.
"Non me la racconto giusta, vero?"
"Non proprio. - dissi - Ma non è necessario. Più che altro, non è il momento."
Lui annuì.
"Se lo dici tu... io mi fido."
Sorrisi. Alcune frasi che diceva, così semplici, mi rendevano particolarmente felice. Mi facevano capire di avere davvero qualcuno al mio fianco che teneva a me, anche dopo Torino. E, a tal proposito, non volevo rovinare il fantastico rapporto che avevo con Federico in particolare, ma anche con Giovanni e con tutti gli altri ragazzi, dicendo loro chi ero realmente, o meglio a chi sono stata insieme.
Avrei dovuto dirlo, ma non sapevo quando. Avrei rovinato tutto in qualsiasi momento, anche se non volevo...
Non avrei mai saputo che fare davvero.
Quei pensieri che mi occupavano la mente mi avevano portato in un'altra dimensione; quando tornai al presente, al tavolo del Sushiland Florence, sentii Federico fare un sospiro.
"Deborah, posso farti una domanda?" esordì lui dopo attimi interminabili di silenzio.
Io lo guardai a lungo.
"Tutto quello che vuoi."
Guardò ovunque tranne che me, le mani posate sul tavolo iniziarono a cercarsi tra loro, e il ragazzo prese a torturarsi le dita, segno della sua insicurezza.
Accennai un sorriso rassicurante e allungai la mano per afferrare una sua.
"Fede, è tutto ok. Puoi dirmi tutto, lo sai."
"Io... volevo chiederti una cosa..."
"Me lo hai già detto Fede, ma se mi dici cosa, magari..." replicai con una risatina.
Si poteva dire tutto quel che si voleva, ma la versione timida e insicura di Federico era troppo tenera.
"Non so come tu la possa prendere, magari non-..."
"Fede. - lo interruppi - Mi hai detto che ti fidi di me, sai che io non me la potrei mai più prendere con te."
Sorrisi per rassicurarlo ancora più di quanto stessi facendo stringendogli la mano.
"Tu... Deborah, stasera resti da me a dormire?"
Restai più spiazzata per questa domanda che per quella che mi aveva fatto in precedenza.
Pensai a quello che mi aveva detto Marko prima di partire, a cui non avevo voluto credere manco per sbaglio, cioè al fatto che Federico avesse una cotta per me, e mi dissi che forse qualcosa poteva essere vero, anche se non volevo crederci.
A quel punto però sorrisi, senza un vero motivo, un sorriso spontaneo, che ti spunta sul viso quando sei felice.
E io in quel momento ero felice.
"S-sì, certo..."
Lui mi guardò intensamente.
"Deborah, non sei... obbligata, s-sono stato un po' troppo... affrettato. E stupido." si scusò.
Io sorrisi, per la sua goffaggine e per la sua - eterna - insicurezza.
"Fede, smettila. - lo ammonii - Se ho accettato, ci sarà un motivo. E se ho accettato di cenare con te, ci sarà un motivo. E lo sai allora, perchè ho accettato? Perchè ho troppa voglia di stare in tua compagnia, Fede."
Solo a quell'affermazione finalmente sorrise, realmente sollevato e vittorioso.
A quel punto il mio sguardo si perse nel vuoto, il mio cuore iniziò a battere più velocemente e il mio cervello cominciò a lavorare più in fretta.
"Deborah, tutto bene?"
La preoccupazione di Federico mi riportò alla realtà.
"Io... sì, più o meno... c'è... un problema..." farfugliai in preda all'ansia. Sia di non sapere che fare o dire, sia per quel senso di tradimento nei confronti del Berna.
Ma lui è acqua passata, Deb, mi suggerì il mio subconscio, lui ti ha ferita e rifiutata ieri.
"Deborah, è tutto apposto, cosa succede?" domandò posando la sua mano sulla mia, in modo rassicurante, come avevo fatto io poco prima.
"È tutto ok, non preoccuparti. Sto solo pensando... cosa dirò a Marko."
Improvvisamente Federico sbiancò.
"Oh, io n-non ci ho pensato..." balbettò, bianco come un lenzuolo.
"Lo chiamo ora e gli dico. - decisi. Poi adottai uno sguardo di ammonimento - E tu zitto."
Lui alzò le mani in segno di resa, riacquistando pian piano il suo colorito naturale, mentre composi il numero di mio fratello. Mi rispose dopo un paio di squilli.
"Ciao Deborah! È successo qualcosa a Fede? Devo venire a prenderti?"
Sapevo che, come al solito, la conversazione con Marko sarebbe iniziata subito con un fitto terzo grado.
"No, nulla di tutto ciò bro, stai tranquillo. Al contrario, volevo informarti - spostai lo sguardo su Federico, cercando il suo, e lo trovai che, come sempre, mi rassicurò - che Fede mi ha chiesto di stare da lui questa sera... questa notte..."
"Oh, be' per me è ok. - rispose senza scomporsi, facendomi sospirare di sollievo - Ti porta a casa lui domattina? Perchè c'è allenamento alle 9.00, ricordaglielo."
"Certo. Allora facciamo che alle 9.00 vengo con Fede e assisterò all'allenamento, poi alla fine vengo a casa con te."
"Va bene, facciamo così, allora a domani. E Deb, - sussurrò - mi raccomando le precauzioni."
Iniziò a ridere, potei immaginare il sorrisetto malizioso sul suo volto. Accennai un sorriso per la sua stupidità.
"Non essere idiota bro, sai com'è... A domani stupido."
"A domani sis."
Riattaccai e guardai intensamente Federico.
"Ha accettato."
Lui sospirò di sollievo, iniziando a sorridere.
"Sicura che domani ad allenamento non mi spaccherà la faccia?"
Ricambiai quel suo sorriso, che da qualche tempo mi faceva stare meglio.
"Te lo assicuro. Eventualmente la spaccherà a me."
Lui incrociò le braccia al petto e scosse il capo.
"Nah, non credo. Non glielo permetterò. Le ragazze non si toccano nemmeno con un fiore."
Io scoppiai a ridere.
"Non fare il filosofico. Non ti riesce."
Eppure il suo lato sdolcinato era così tenero, così come il suo fantastico lato insicuro e timido. Ma anche quando era naturale, con la sua abbondante ironia e la sua gentilezza, sapeva essere una grande persona, un grande ascoltatore, una spalla su cui piangere, un ragazzo su cui contare quando non si sa a chi rivolgersi.
E avrei tenuto in considerazione tutto di lui, anche i suoi difetti, perchè erano belli anche quelli.
Decidemmo di andare. Federico pagò il conto al bancone e poi uscimmo dal ristorante. Prese l'ombrello lasciato accanto alla porta quando eravamo entrati, quando scendevano poche gocce solitarie; ora pioveva a dirotto.
Mi allacciai la giacchetta di pelle e mi avvicinai a Federico, che aprì l'ombrello e lo avvicinò a me.
"Ma che fai? Così ti ammali." notai, vedendo che lui non stava sotto l'ombrello, lo teneva solamente sulla mia testa, mentre lui si stava praticamente annegando sotto l'acquazzone.
Lui sorrise, con i capelli e i vestiti bagnati.
"Io sono forte. Non mi ammalerò mai. Piuttosto tu, ti bagni i capelli. Voi ragazze vi fate le paranoie se vi bagnate i capelli."
"Grazie Fede." gli sorrisi, ammirandolo mentre, come un gentiluomo, si faceva la doccia per tenermi l'ombrello.
E solo dalla semplicità di quei gesti capii ancor di più la tenerezza del cuore del numero venticinque.

Ripeto che, come potete notare, all'inizio di tutti i capitoli ho messo alcuni versi della canzone che fa da titolo per il capitolo stesso.
Spero vi piaccia, sia la nuova revisione, sia il capitolo 🥰

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now