L'eternità, Fabrizio Moro ft.Ultimo

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Federico Chiesa
Il mister Pioli si era allontanato dicendo di dover andare dentro nel centro, probabilmente ad osservare qualcuna delle sue scartoffie.
Nel frattempo io ero lì nel campo d'allenamento con i miei compagni e il nostro preparatore atletico stava distribuendo le casacche per la partitella.
"Squadre equilibrate, mi raccomando!" si premurò di ricordare Jordan Veretout, sghignazzando insieme a Victor Hugo.
Quei due erano davvero una coppia pazzesca, messi insieme facevano forse mezzo cervello decente.
Con questo non intendo dire che sono ignoranti, intendo dire che sono davvero simpatici e pieni di voglia di ridere e scherzare, come tutti noi d'altronde, nonostante la tremenda tragedia che ci ha colpiti a marzo.
Davide è sempre stato per me una guida, e non riuscivo a capire come potesse essere successo davvero.
Giovanni mi si affiancò buttandomi in faccia la casacca bianca.
"Tieni piccolo tontolone. Come sempre hai la testa sulle nuvole, eh?" mi stuzzicò.
Io sorrisi. Le accuse di Giovanni erano sempre state scherzose, anche perchè noi siamo, oltre che ottimi calciatori (modestia a parte), due ottimi amici, e sono rare le volte in cui abbiamo idee differenti.
"Tu non sei con me?" domandai infilando la casacca, che però lui non possedeva.
"No. Per oggi avversari." disse porgendomi il pugno, che io contraccambiai come sempre.
Si allontanò per prendere il posto di prima punta nella squadra avversaria. Era una semplice partita a sette, ma Pioli pretendeva ovviamente che tirassimo fuori tutte le nostre potenzialità.
Io presi posto alla destra di Cyril Thereau, in un attacco a due.
Il preparatore atletico prese il pallone per metterlo al centro del campo e far partire il cronometro, quando si fermò e annuì sorridendo nella mia direzione. Ma non guardava me, guardava dietro di me.
Tutti ci voltammo e vedemmo Pioli avvicinarsi a noi con il suo cappellino in testa e il fischietto al collo, e accanto a lui un ragazzo ben piazzato in giacca e cravatta e una ragazza.
Pioli intervenne.
"Sospendete l'allenamento, abbiamo le presentazioni da fare."
Il ragazzo fece un passo avanti, poi si voltò ad osservare la ragazza, che diffidente era rimasta indietro.
Lui le sorrise e lei si rassegnò a venire al fianco del ragazzo, senza alzare gli occhi da terra.
Mi fermai un attimo a guardarla: diciassette anni, né più né meno. Contemplai i suoi capelli castani che sembravano onde sulle sue spalle, le sue mani che torturavano l'orlo della maglia, il viso fine e di corporatura mingherlina.
"Ragazzi, lui è il tanto atteso Marko Pjaca."
"Finalmente tra noi!" intonò qualcuno da dietro, probabilmente German Pezzella.
Il ragazzo sorrise e solo ora ricordai che era di proprietà della Juventus, ma che ora era in prestito qui, per un anno. Scuola Juve, sicuramente forte allora.
Poi tutti spostarono lo sguardo sulla ragazza. Lei alzò lo sguardo e io sorrisi nel vederla arrossire sentendosi tutti gli occhi puntati addosso.
"Lei è mia sorella. - parlò Marko - Si chiama Deborah e ha voluto seguirmi in questa nuova avventura."
Un brusio di 'ciao', 'benvenuti', 'starete bene' si levò dalla squadra, ma io stavo ancora osservando la ragazza, che spaesata si guardava intorno. Ad un certo punto si voltò anche nella mia direzione, e i nostri sguardo si incontrarono. Occhi color nocciola, i suoi, che però vidi per una frazione di secondo, perchè poi distolse lo sguardo da me, probabilmente a causa della timidezza.
Ma quella frazione di secondo bastò per farmi perdere le staffe. Dio, i suoi occhi.
"I nostri ospiti osserveranno la partitella che farete ora, ok? - intervenne il mister - Su, indossate le casacche e giochiamo!"
Adesso ti faccio vedere di che pasta sono fatto, bellezza, pensai alludendo alla ragazza che, seguendo l'indicazione del mister, si sedette sui seggiolini delle panchine, al fianco del fratello e dei preparatori.
Pioli mise il fischietto in bocca e fischiò: la partitella ebbe inizio.
Dopo un po' di giro palla, la nostra squadra attaccò sulla corsia di destra e partii, facendo 60 metri buoni in contropiede, per poi scartare Gerson e trovarmi in una posizione favorevole al tiro, ma non me la sentii di calciare, così feci un assist a Cyril, che andò in rete, battendo Alban Lafont, uno dei nuovi acquisti.
Cyril riprese la palla e mi sorrise, venendo a darmi il cinque, poi portò il pallone a centrocampo, pronti per ripartire.
Mi concessi un'occhiata in direzione della ragazza, che però stava nervosamente osservando lo schermo del cellulare, per poi metterlo in tasca e sospirare evidentemente pensierosa.
Tornai a concentrarmi sulla partitella fin da quando Valentin Eysseric mi diede palla al limite dell'area, e senza pensarci calciai, sorprendendo nuovamente Alban, che non riuscì a parare il pallone, portando così la nostra squadra sul 2-0.
Sentii un coro di "Wow!" alzarsi dal campo ma anche dalle panchine, così feci un occhiolino a Gio che mi guardava male, poi spostai lo sguardo verso le panchine, dove la ragazza mi stava guardando ammirata.
Ecco fatto, piccola soddisfazione per me.
Ma poco dopo fu lei a togliere lo sguardo per guardare il fratello, chiedendogli qualcosa mentre lui le rispose annuendo e indicando con un cenno del capo la porta nella quale avevo segnato.
La partitella finì poco dopo, con il risultato di 2-1, gol di Gio, che mi restituì l'occhiolino.
Mentre noi ci dissetavamo, i preparatori si misero a parlare con i due Pjaca.
Il mister ci concesse di andare in spogliatoio, annunciando la fine dell'allenamento, risparmiandoci i soliti discorsi post-allenamento.
Così ci incamminammo verso gli spogliatoi, e passai accanto (di proposito ovviamente) ai due nuovi.
Battei una mano sulla spalla di Marko Pjaca.
"Benvenuto, amico."
Lui mi sorrise, mentre si voltò a parlare con Giovanni, che gli aveva chiesto qualcosa.
Poi spostai lo sguardo sulla sorella, che stava uscendo dal campo e che fu obbligata a guardarmi negli occhi.
Stranamente fu lei a sorridermi per prima.
"Mi ripeti il tuo nome?" domandai.
"Deborah Pjaca. - rispose lei - Tu dovresti essere Chiesa invece, no?"
Io annuii.
"Sì, sono Chiesa, ma puoi chiamarmi semplicemente Federico."

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora