Lash out, Alice Merton

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All I know, sometimes it's frightening 
Hard to hold this fire inside me

Deborah Pjaca
Quando io e Giovanni fummo di nuovo all'ingresso, trovammo Federico e Marco seduti sul divanetto, entrambi con il telefono in mano.
Entrambi alzarono gli occhi e poi misero via il cellulare, segno evidente che volevano comunicare.
Io osservai il divanetto in cerca di un posto per sedermi, ma Federico si alzò.
"Siediti pure qui, io posso stare in piedi." mi offrì, ma io scossi il capo, anche se lusingata dal suo gesto da gentiluomo.
"Non preoccuparti, resta lì."
Mentre lui si sedette, io mi avvicinai per appoggiarmi al bracciolo del divanetto, ma Federico mi fece un cenno.
"Stai sulle mie gambe, se vuoi."
Accettai titubante l'invito e mi sedetti, mentre lui mi circondò la vita con le braccia.
Stavo bene, certo, ma quel gesto mi ricordò tremendamente Federico, l'altro Federico. Sempre quando eravamo fidanzati lui mi faceva posto sulle sue gambe, e poi mi metteva le mani attorno alla vita poggiando il mento nell'incavo del mio collo.
Lasciai perdere il pensiero.
"Allora, come ti sei trovata a Torino? Siete venuti via perchè stufi di vincere?" esordì Giovanni con tutta la sua euforia.
"No, decisamente no! - esclamai sorridendo - Mi sono trovata bene, troppo bene... Fosse per me sarei rimasta. Avevo gente davvero importante lì."
Abbassai gli occhi, mentre Marco intervenne.
"E perchè non sei rimasta?"
"Perchè lo scorso anno ero rimasta lì mentre Marko era in prestito allo Schalke, e io mancavo a lui, lui mancava a me. Per questo ho deciso di venire questa volta. Ma ora mi mancano gli altri ragazzi."
"Questioni fuori dal campo, vero?" domandò con un sorrisetto Giovanni.
Probabilmente arrossii violentemente.
"Ehm..."
"Gio, non serve farle l'interrogatorio. - prese la parola Federico - Saranno questioni private."
Grazie.
"Ehilà!"
Per fortuna Marko arrivò dalla conferenza.
"E si parte con la dieci!" esultò guardandomi.
Così sorrisi e mi alzai dalle gambe di Federico per andargli incontro.
"Fiera di te fratellino."
Lui si abbassò e mi baciò la fronte.
"Oh mio Dio, momenti di amore fraterno tra i due Pjaca!" esclamò Marco.
Io e Marko sorridemmo, poi mio fratello guardò i tre compagni di squadra.
"Che ne dite di illstrarci una buona pasticceria dove fare merenda?" chiese.
"Volentieri. Una pasticceria che frequentiamo spesso, fa anche al caso vostro. - spiegò Giovanni - Su, andiamo."
Uscimmo dal centro e i quattro giocatori, camuffandosi con cappelli e/o occhiali da sole, camminavano con me per le vie di Firenze.
Il bar pasticceria distava dieci minuti a piedi dal centro sportivo della squadra.
Una volta entrati, Marco si premurò di andare al bancone e chiedere un tavolo nella zona tranquilla della pasticceria, visto la vastità dell'edificio, e il cameriere subito ci guidò attraverso due porte e una stanza molto accogliente si presentò ai nostri occhi.
"Solitamente questa è per i VIP come voi. Arriviamo subito." disse diligente, quindi sparì.
Ci sedemmo ad un tavolino e, con dei vetri che permettevano di vedere fuori ma impedivano a quelli fuori di vedere dentro, osservammo il via vai di gente che si svolgeva in strada.
D'altra parte, come ci spiegò Federico, quella sera una delle zone più trafficate e affollate di Firenze, ed è per questo che da questa pasticceria passano parecchi VIP.
"Bè, che ordinate? Offro io." disse Marko.
"Bene, allora mi posso sbizzarrire." rispose Marco scoppiando poi a ridere.
Quando arrivarono a prendere le ordinazioni, io presi un succo all'ananas freddo e una brioche al cioccolato.
"Posso un pezzo? Uno solo." mi supplicò Marko, che aveva ordinato solo un caffè.
Annuii per farlo stare zitto, così iniziammo a parlare della vita prima che i nostri destini si incontrassero.
"Bè, io sono stato un anno in Germania, ma lei rimasta a Torino. Le ho impedito di venire, il tratto era troppo lungo e abituarsi era complicato. Tanto i ragazzi badavano a lei, la facevano stare bene e io mi fidavo di loro. - narrò mio fratello - L'avventura in Germania fu bella. Ma mi mancava Deb. E io mancavo a lei, ovviamente. Ma i ragazzi c'erano sempre, e le facevano dimenticare la lontananza."
"E ti sei fatta il morosino, vero?" chiese con vocina dolce Giovanni, mentre Marco scoppiò a ridere.
"Non sono affari tuoi, Gio!" esclamò Federico dandogli una gomitata.
"Perdonatelo, - riprese il ragazzo - ma Giovanni è il re delle ship, e da sempre si mette a tifare come un matto davanti ad una coppia. È fatto così, vi ci abituerete."
Io accennai un sorriso, ma involontariamente la mia mente tornò a Federico.
Basta Deborah.
Scacciai il pensiero.
Continuammo a mangiare tranquilli mentre Giovanni spiegava la sua storia a Genova.
"Mi piaceva stare lì, ma poi una squadra parecchio competitiva come la Fiorentina mi cercò. Come si poteva rifiutare un'occasione d'oro? E allora arrivai. E, indovinate un po', la prima persona del mondo viola a cui rivolsi la parola fu questo stupido qua."
Indicò Federico accanto a lui, il quale gli diede una pacca sulla spalla.
"Diventammo inseparabili. Papà ha sempre voluto il meglio per me, e mi ha detto di andare dove volevo. Così ho fatto. La mia sorellina viene spesso a vedere le partite, e quando segno io la saluto dal campo."
"Che cosa... dolciosa. " esclamò Marco.
"E quanto a te, Marco, che mi dici?" dissi rivolta a lui.
"Bè, moglie, figli, una vita normale. La mia non è più la vita che fate voi, quella con i fidanzatini e le fidanzatine a destra e a manca, la spensieratezza dei giovani... No. Sempre spensierato, ma non come voi. - spiegò - Una volta vi porterò le mie due pesti e ve li presenterò. Tenetemi a mente, anche la memoria non è più quella dei ventenni."
Finita la merenda, Marko si alzò dal tavolo per andare a pagare.
"Guardiamo se mi ricordo la strada... Se non arrivo chiamate 'Chi l'ha visto?' ." commentò, oltrepassando la porta.
"Sempre stato così sarcastico?" domandò Federico alludendo a mio fratello.
"Anche peggio."
"Bè, uno in più nel gruppo. Dovrai abituarti, siamo una massa di ragazzi parecchio infantili." mi avvertì Giovanni.
Parecchio infantili, certo, ma, dovevo ammettere, parecchio belli.

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now