New York, TheGiornalisti

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Mi ricordi l'alba vera
Mi ricordi l'alba vera

Deborah Pjaca
Mio fratello si era appena svegliato quando il campanello suonò.
Mi recai ad aprire la porta e Federico, tutto sorridente, mi salutò.
"Ciao Fede, entra un attimo se vuoi."
Accettò l'invito ed entrò in casa, mentre comunicai a mio fratello che Federico era arrivato.
"Ora arrivo." rispose ancora assonnato e, mentre si infilava una maglia bianca, uscì dalla camera e scese al piano di sotto.
"Ciao bomber." disse salutando Federico, che sorrise.
"Ciao Marko. Ti ho svegliato suonando il campanello?" domandò il numero venticinque.
"Oh no, ero già sveglio, non preoccuparti. Vuoi qualcosa?"
"No, grazie, tanto ora andiamo, appena Deborah è pronta..."
"Sono pronta, sono pronta. - annunciai arrivando da camera mia - Eccomi. Se vuoi andare..."
Federico annuì.
"Certo, quando vuoi."
Mi avvicinai a Marko e gli diedi un bacio sulla guancia.
"Mi spiace lasciarti solo, ma non posso rifiutare una colazione. - sorrisi, quindi guardai Federico - Gio ti ha dato i soldi vero?"
"Certo certo. Andiamo dai. Ciao Marko, tra un'oretta te la riporto indietro."
Federico sorrise, quindi mi seguii mentre mi avvicinai la porta, la aprii e uscimmo, poi la richiusi.
Salimmo in macchina e Federico mise in moto.
"Mi spiace che Gio ti abbia tirato in ballo. - mi scusai con Federico - Se avessi saputo prima che non stava bene, avrei rinunciato, io stavo scherzando quando gli ho detto della colazione."
Lui mi guardò inclinando la testa.
"Scherzi? Guarda che a me non dispiace per niente scarrozzarti in giro per Firenze, come non dispiacerebbe a Gio o a qualsiasi altro della squadra. Tu per noi sei come una sorella."
Quelle parole mi fecero scaldare il cuore, mi facevano sentire protetta e istintivamente sorrisi.
"Grazie Fede... Però mi scuso comunque."
Il ragazzo sorrise ancora con gli occhi fissi sulla strada.
"Non devi scusarti con nessuno, men che meno con me. - svoltò a destra e trovò parcheggio proprio davanti al bar - Eccoci, siamo arrivati."
Scesimo e guardai il posto. Non era troppo grande, ma molto carino, sia esternamente sia, come vidi dopo, internamente.
"Questò è il 'Caffè Gilli'. È il più antico bar della città e anche uno dei più rinomati. - mi spiegò quando mi vide osservare il bar - In principio era situato a pochi passi dal Duomo, verso la metà dell'800 è stato spostato e poi dopo circa cinquant'anni si è spostato di nuovo dove è ora. Io ci vengo molto spesso."
Sorrisi e lo guardai negli occhi.
"Mai pensato di fare la guida turistica?" scherzai.
Federico ricambiò il sorriso.
"Ho sempre preferito dimostrare le mie capacità con i piedi, non a parole, anche perchè le mie conoscenze in ambito culturale sono un po' ristrette." mi rivelò, quindi lo presi a braccetto e gli sussurrai un 'dai entriamo'.
Sentii il cuore martellargli nel petto in modo anomalo, e feci per chiedergli il motivo, ma arrivò un cameriere, che ci indicò un tavolo libero dove sederci, e subito prese le ordinazioni.
Osservai Federico in attesa, e lui sorrise.
"Prima le signore." commentò, quindi iniziai a ordinare.
"Una brioche alla marmellata e un cappuccino."
"Per me un caffè corretto e un krapfen. Alla crema." disse invece Federico, quindi il cameriere ci annunciò che in poco tempo saremmo stati serviti e si allontanò.
Io fissai Federico.
"Come mai ti batte così forte il cuore?" domandai.
"Come fai a sentirlo?" replicò perplesso.
"L'ho sentito quando mi sono accostata a te, quando siamo entrati..."
Lui mi guardò, poi scosse il capo sorridendo.
"Ho sempre avuto un po' di problemi al cuore, a volte mi aumentano i battiti così, a volte sono bassi... Vacci a capire qualcosa." spiegò ridendo per stemperare la tensione, ma io non ero convinta. Perché lo faceva quando c'ero io? E perchè aveva il presentimento che quella non fosse la verità?
Smisi di farmi domande quando il cameriere tornò al tavolo a servirci la colazione.
Iniziammo a mangiare.
"Grazie Fede." dissi tra un boccone di brioche e l'altro.
"E de che? Io sono solo da tramite. - rispose. Poi sembrò riflettere e aggiunse - Oddio, se non fosse successa la faccenda di Gio e mi avessi chiesto di portarti, lo avrei fatto lo stesso..."
Lo vedevo molto incerto, quasi timido, e mentre finivamo colazione lui non disse nulla e osservò pensieroso il piatto. Quando ebbi bevuto il cappuccino, appoggiai la tazza sul tavolo e lo fissai mentre finiva di mangiare il krapfen, quindi anche lui ricambiò lo sguardo.
"Che hai?" mi domandò.
Io sorrisi.
"Piuttosto che hai tu. Che ti succede?"
Lo vidi sorridere debolmente.
"Niente. Sto bene, tranquilla."
"No, non sto tranquilla. - ribattei - Lo sai che se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo, vero?"
"Sì sì lo so ma... non ora." ammise.
Io annuii.
"Non preoccuparti... Oh, io venerdì parto, sai?"
"Parti?! - ripetè incredulo, con gli occhi fuori dalle orbite - E 'ndo vai?"
"Vado tre giorni a Torino. - sussurrai sorridendo - Guarda che torno ancora!" aggiunsi quando vidi un velo di preoccupazione che aleggiava su di lui.
"E perchè vai a Torino?" domandò.
Lo guardai stupita. Che ficcanaso.
"Devo staccare un po' dalla vita attuale. Sai, non mi sono ancora abituata del tutto alla vita qui a Firenze." spiegai un po' titubante.
Lui mi guardò intensamente, le labbra erano una linea, l'espressione accusatoria e una luce negli occhi che non  avevo mai visto, che non gli apparteneva.
"Non è che ci vai per andare a trovare qualcuno, magari? Lasci perdere gli amici che hai qua e e le persone che ti vogliono bene davvero per andare a Torino per vedere chi ti tratta come una suola delle scarpe?" mi chiese con voce piatta, ma nei suoi occhi leggevo la rabbia e la frustrazione.
Non sapeva, ma sembrava sapesse, sembrava sospettasse e avesse capito tutto.
La frecciatina mi colpì nel profondo.
Lo guardai allibita. Quello non era il Federico che conoscevo io, che gli prendeva?
"Che c'è? - ribattei ferita e incredula - Non posso più fare quello che voglio? Non posso decidere io che fare della mia vita? Non posso decidere con che persone stare?"
Lui mi fissò.
"No, se quelle persone ti trattano male."
"E invece sì. - replicai - Sono io che a decidere cosa è meglio per me. Che ti vada bene o no."
Mi alzai violentemente dalla sedia e mi incamminai verso l'uscita. Federico lasciò i soldi sul tavolo e mi seguì.
Salii sulla sua macchina con il capo chino, incapace di guardarlo negli occhi. Lui aprì bruscamente lo sportello e mise in moto, il tragitto fu più silenzioso di un cimitero.
Giunto davanti a casa mia, lo sentii sospirare, mentre io attesi che sbloccasse lo sportello, ma non lo fece.
"Deborah, io... Mi dispiace, ho sbagliato, mi preoccupo troppo..." cercò di giustificarsi.
"Non mi interessa. - tagliai corto - Apri."
"No. Io voglio spiegare."
Mi voltai, mostrando il volto, rigato di lacrime represse, che mi facevano sentire nient'altro che debole.
"Non c'è nulla da spiegare. - dissi - Pensavo che ormai avessi capito cosa provo, credevo di aver finalmente trovato in te qualcuno che non mi giudicasse e che sostenesse tutto ciò che facessi, facendomi aumentare l'autostima che era svanita quando lasciai Torino. E invece che trovo? Uno come tutti gli altri, che appena faccio qualcosa di sbagliato o che non va bene me lo rinfaccia senza ritegno. Sono delusa. Come sempre."
"Deborah..." mormorò, cercando di farmi cambiare idea.
"Chiesa, apri l'auto."
Non so che impatto gli avesse fatto chiamarlo per cognome, ma sicuramente non positivo, perchè lo sentii trattenere il fiato come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco.
Arreso, schiacciò il pulsante e sbloccò la macchina. Aprii lo sportello, scesi e lo richiusi, senza voltarmi indietro.
Giunta dentro casa, feci per andare in camera senza farmi sentire, ma mi imbattei in mio fratello, che notò le lacrime sul mio viso.
"Deborah, che ti è successo?" chiese preoccupato.
"Niente." risposi piatta.
"Ma..."
"Niente. - sibilai - Lasciami sola."
Andai in camera mia e chiusi la porta a chiave. Mi lasciai andare sul letto, singhiozzando, e domandandomi perché il mondo ce l'avesse sempre con me.

So che mi odierete, ma la storia sarebbe stata troppo monotona se non avessi fatto succedere qualcosa 🙃

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now