Dear Wormwood, The Oh Hellos

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I know who you are now
I know who you are

Deborah Pjaca
Giovanni insistette fino alla nausea per ordinare le pizze, così io e Federico dovemmo cedere al suo volere.
"Come la mangiate?"
"Margherita con prosciutto crudo." risposi prontamente, da quando sono in Italia mangio sempre questa pizza.
"Quattro formaggi. - disse invece Federico, mentre prese il cellulare - E tu Gio?"
"Mmh... oggi facciamo margherita normale dai, sto leggero."
"Perchè, tu cambi pizza tutte le volte?" domandai.
"Certo! Altrimenti che gusto ci sarebbe?"
Federico compose il numero di telefono della pizzeria, quindi ordinò tre pizze a nome Chiesa e chiese gentilmente il servizio domicilio.
"Così sapranno dove abiti." osservai.
"No, gli ho detto di portarla davanti al museo, uno di noi andrà lì in macchina a prenderle." disse gonfiando il petto, fiero di essere stato così intelligente.
Quando le pizze arrivarono a casa erano ancora calde. Mangiammo parlando ogni tanto di calcio, allenamenti e future partite, mentre finita la cena i due ragazzi decisero di fare una partita alla Play.
"Tu fai il tifo intanto." mi disse Giovanni con un sorrisetto.
"Per chi tifi? - domandò Federico - Per quel perdente patentato di Gio o per il campionissimo?"
"Campionissimo tu? AHAHAHAH ma non farmi ridere!" esclamò ridendo Giovanni.
Decisi di fare l'imparziale e a metà del secondo tempo della partita, ancora inchiodata sullo zero a zero, mi squillò il telefono.

Chiamata in arrivo da: Brother 💕

"Pronto, Marko?"
"Ehi sis, sono io. Sono pronto, sto uscendo ora dal ristorante, ti vengo a prendere?"
"Ehm, sì, certamente. Chiedo l'indirizzo preciso."
Staccai il telefono dell'orecchio.
"Fede... l'indirizzo di casa?"
Mise in pausa la partita e parlò al telefono con Marko, spiegandogli come trovare casa sua e dandogli dei punti di riferimento.
"Ok, dieci minuti e sono da voi. Ciao sis."
"Ciao Marko, ciao ciao."
"Quindi ora arriva tuo fratello?" fece Giovanni riprendendo il gioco, quando ebbi riattaccato.
"Esatto. Ci vediamo domani, alla partita, e poi vengo a pranzo con la squadra." li informai.
"Ottimo. Nel caso tuo fratello non lo sapesse, la partita è alle dieci al campetto del Training, dovete essere lì mezz'oretta prima." mi spiegarono i due.
"Ok. Grazie mille ancora per la disponibilità di entrambi." dissi, quando il campanello di casa suonò.
"Niente. Ci vediamo domani."
Io due vennero sulla porta a salutare anche Marko, poi io e mio fratello salimmo in macchina.
"Com'è andata?"
"Bene, sono molto disponibili e gentili i dirigenti. Domani se vuoi venire mi hanno detto che Pioli può avere bisogno di te, appunti e tutto il resto. Ti spiegherà meglio lui."
Annuii.
Ero felice lì, la vita andava avanti, avevo nuove persone che tenevano a me, come Fede e Gio, e stavo trovando il mio posto.
Ma, ovviamente, Torino e Federico mancavano sempre più.

Il mattino seguente ci svegliammo alle otto e mezza.
Preparai la colazione mentre mio fratello era ancora assonnato, quindi mangiammo con due brioches surgelate che misi nel forno a scaldare.
"Dai Marko fai alla svelta che devi andare a giocare oggi!" lo caricai.
"È presto." si lamentò.
"Dai, alle nove e un quarto andiamo via di casa così almeno sei lì prima e fai già un'ottima impressione. Gioca bene, mi raccomando."
Lui annuì.
Verso le otto e cinquanta finimmo la colazione e andai a lavare i piatti in cucina, mentre Marko si preparava senza fretta.
"Marko! - esclamai dall'altra parte della casa, quando finii in cucina - Sei pronto?"
"Ehm... più o meno."
"Mi vesto e poi sono pronta anche io, ok?"
Andai in camera mia e indossai un paio di pantaloncini corti color militare, con una maglietta bianca della Vans abbinata alle scarpe della stessa marca.
Uscii dalla camera e presi il telefono.
Marko simultaneamente uscii dalla sua camera e mi guardò.
"Possiamo andare?"
Io annuii.
Lasciammo la casa e chiusi a chiave, salimmo in macchina e accesi la radio, quindi partimmo alla volta del Campini.
Arrivammo in poco meno di un quarto d'ora e subito Marko entrò e mi guidò verso il campo della partita. Là c'erano già alcuni ragazzi, che all'arrivo di Marko si voltarono.
"Ciao bomber. È lei la tua sorellina?" domandò uno.
"Certo ma la conoscerete dopo. Ora devo parlare con il mister, ti spiace?" tagliò corto Marko.
"Ovvio che no. Fate pure."
Marko accennò un'occhiata verso di me, poi continuò il suo cammino fino a giungere alla panchina, dove Pioli fischiettava con le mani in tasca, ascoltando distrattamente quello che suppenevo fosse un preparatore atletico gli stava dicendo.
"Certo, certo, lascio mezz'oretta di riscaldamento ai ragazzi e cominciamo alle dieci... Sì, ovviamente. - borbottò continuamente - Lasciateli venire dentro, indicategli gli spogliatoi, che... German! Mostra ai ragazzi lo spogliatoio per la squadra ospite, grazie."
"Mister, eccoci qua. - esordì mio fratello - Deborah è qui, se le serve qualcosa è a sua disposizione."
"Certo." ribadii.
Il mister Pioli annuì e mi posò una mano sulla spalla.
"Certo, resta pure, mi servirà soprattutto supporto morale per vedere cosa combinano questi scansafatiche. Marko, passa parola agli altri: andate in spogliatoio, sono nove e un quarto, cambiatevi e uscite per il riscaldamento."
"Agli ordini!" esclamò mio fratello, poi rivolse un sorriso a me e Pioli e se ne andò.
Pioli sospirò e si voltò a guardare Marko che giungeva dagli altri, gli riferiva quanto detto, e poi tutti i ragazzi si spostarono in gruppo verso gli spogliatoi.
Poco dopo un altro gruppo di ragazzi con dei borsoni e delle divise diverse giunse al campetto in cui aspettavamo io e Pioli, dietro di loro German Pezzella, che si fiondò verso di noi.
"Mister, ora quelli vanno in spogliatoio. Ehm... dove sono gli altri?"
"Sono appena andati in spogliatoio, vai anche tu." disse Pioli.
"Certo, vado!"
Fece due passi poi sembrò colto da un dubbio, infatti si voltò e mi guardò attentamente.
"E questa signorina?"
"Deborah Pjaca. Sono la sorella di Marko." mi presentai al ragazzo.
"Ah, tanto piacere! - rispose con enfasi - Io sono German Pezzella, capitano di questa squadra. Anche se credo che tu sappia quanto sia difficile esserlo ora."
L'allegria con cui aveva iniziato la frase si era via via spenta, e aveva lasciato spazio a dell'oscurità sul suo volto, il sorriso era diventato molto tirato.
"Certo, capisco benissimo."
Lui annuì, poi andò verso lo spogliatoio.
"Avrai tanto da imparare da questi ragazzi. - mi rivelò Pioli evitando il mio sguardo - Sono davvero un gruppo magnifico da allora."
Sospirai, mentre alcuni ragazzi arrivarono già in divisa, e quindi io e Pioli fummo, per fortuna, obbligati a smettere quel discorso, che mi faceva venire i brividi e le lacrime agli occhi.

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now