Il mondo prima di te, Annalisa

12K 426 21
                                    

Un giorno capiremo chi siamo senza dire niente
Niente di speciale

Federico Chiesa
Non smettevo di fissare Deborah. Non solo era una ragazza estremamente amichevole e solare, ma era anche parecchio carina.
Ma che dico, era bella.
La sua naturalezza, i suoi occhi grandi e profondi, la sua risata... Era unica.
Mentre suo fratello era andato a pagare, ne approfittai per osservarla meglio.
Di fronte a me, sorrideva ascoltando le vicende di Marco, sostenedosi la testa con la mano.
Era vestita semplicemente, con un paio di pantaloncini corti che mettevano in risalto il suo corpo perfetto, una maglia bianca infilata nei pantaloncini e i capelli castani che le incorniciavano il viso, abbinati a quel paio d'occhi che mi avevano mandato in tilt la prima volta e che continuavano a farlo.
Quando tornò suo fratello, la ragazza si rivolse a lui, poi fu Gio il primo ad alzarsi.
"Che dite? Andiamo? Domani abbiamo una partita e dobbiamo mostrare tutte le nostre capacità alla nostra nuova tifosa." disse guardando Deborah, che gli sorrise.
Giovanni stalle lontano o mi incazzo.
"Sarete bravi, lo so." disse la sua voce candida, mentre ci rivolse un altro sorriso.
Ci alzammo e ritornammo al centro, dove avevamo lasciato le macchine.
Incontrammo il mister.
"Marko, devo parlare con te. - spostò lo sguardo su Deborah - Mi dispiace farti aspettare."
Lei sorrise debolmente.
"Non fa niente."
I due scomparvero.
"Devo portarti a casa?" domandai.
Deborah girò la testa, poi mi fece un gran sorriso.
Non-sbavare.
"Ti dispiace?"
"Certo che no."
Salutammo Marco e Giovanni e mi diressi verso la macchina, con un sorrisetto vittorioso sul volto.
Deborah salì dal lato passeggero e, quando misi in moto l'auto, si voltò a guardarmi.
"Tu non sai dove abito." constatò, come se non fosse abbastanza evidente.
"No, ma me lo dici tu."
"In centro, vicino al museo 'Leonardo Da Vinci'. - rispose - Quando siamo là ti dico la via."
Annuii e uscii dal parcheggio, quindi accesi la radio.
Ogni tanto buttai un occhio a Deborah, che muoveva la testa debolmente al ritmo di musica, mentre i suoi occhi erano rivolti al di fuori del finestrino.
"C'è qualcosa di così interessante fuori dalla macchina?" chiesi sarcastico, probabilmente interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
"No, ma nemmeno in macchina. Tu vedi qualcosa di interessante?" replicò.
Sorrisi sempre guardando la strada.
"Io. Sono sicuramente più interessante di certi passanti."
Lei sorrise e si voltò a guardarmi.
"Stavo pensando, comunque. A Torino."
"Ti manca così tanto?" domandai.
Lei annuii.
"Te l'ho detto, mi mancano più le persone della città." disse vaga, tornando a fissare fuori dal finestrino.
"Questioni d'amore, aveva ragione Gio, non è vero?" tentai.
Lei annuì, finalmente rivelando il motivo di tanta sofferenza.
Quindi lei ha avuto un ragazzo. Quando era a Torino. E ora è single. Almeno spero.
"Non vuoi raccontare, vero?"
Lei scosse il capo.
"Sappi che se mai vorrai farlo io sono disponibile, ok?"
"Sì, certo. Va bene."
Le sorrisi e ripartii, vedendo il semaforo diventare verde.
Fede non farla stare male, così si innamora di te e dimentica il suo ex, chiunque egli sia, che le ha spezzato il cuore.
"Ecco, ora dimmi."
"Qui, a sinistra... - disse indicando la via - E poi giri nella seconda a destra... sì, quella lì. Fermati pure davanti al cancello."
Mi fermai dove indicato e tirai il freno a mano.
"Grazie mille del passaggio. Ci vediamo domani." disse la ragazza, e fece per scendere. Ma la portiera non si aprì. Dovevo premere io il pulsante per sbloccare la portiera.
Si voltò verso di me, che la guardavo divertito con una mano sulla volante.
"Devi pagare il pedaggio per scendere." spiegai indicandomi la guancia.
Lei sospirò ma sorrise, quindi si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla guancia.
Sarà quando me li darai delle labbra, bellezza.
"Ciao Fede."
"Ciao Deb."
Scese dalla macchina e prese le chiavi per aprire il cancellino. Aspettai che fosse sulla soglia di casa, si voltò a salutarmi con la mano, poi misi in moto l'auto e partii.

Arrivai a casa e mi feci una doccia, poi mi misi i pantaloncini della divisa dello scorso anno e restai a torso nudo, mentre mi accomodai sul divano per riposare.
Proprio allora mi arrivò un messaggio.

Da: Cholito ⚽
"Ehi a casa mia non c'è nessuno, nemmeno mia sorella... Ti spiace se vengo da te?"

Buttai un occhio all'orologio appeso alla parete. Segnava le cinque circa.

A: Cholito ⚽
"Va bene fra, ti aspetto."

Non potevo dirgli di no, perchè ormai era come un fratello per me, ma anche per un altro motivo. Quando sarebbe arrivato, avrei rotto il ghiaccio con discorsi normali, calcio e altro, ma dopo avrei trattato l'argomento fondamentale, quell'argomento che si chiamava Deborah Pjaca.
Ho notato le occhiate che lui le lanciava, e il modo in cui mi ha guardato quando l'ha accompagnata alle macchinette era uno sguardo quasi di sfida.
I sorrisi che lei le faceva non lo lasciavano sicuramente indifferente, così come non lasciavano indifferente me.
Scossi la testa per scacciare tutto dalla mente.
Impossibile che a Gio piaccia Deborah. È impossibile.
Cercai di riordinare le idee e i pensieri.
Federico, non pensarci.
Sospirai e mi alzai dal divano, poi andai in cucina e presi un gelato dal freezer.
Proprio mentre lo stavo per scartare il campanello suonò.
Con il citofono mi accertai che fosse Gio, poi andai alla porta e la aprii.
"Ehi, ci si vede ancora." gli sorrisi.
"Ciao bomberissimo. - mi salutò - Sicuro che non ti disturbo?"
"Certo che no. - risposi richiudendo la porta - Pardon se sono qui così, ma ho caldo."
Lui sorrise e mi guardò.
"Tranquillo, non mi scandalizzo. Hai un fisichetto da paura, eh?"
Si mise a ridere e io con lui, poi ritornai in cucina e, prendendo il gelato per me, lo offrii anche a lui.
"Grazie fra." mi disse iniziando a mangiare.
Finito il gelato gli feci una proposta.
"Se sei solo a casa possiamo prendere una pizza, ti va?"
Lui fece spallucce.
"Sei sicurissimo che non sto d'impiccio?" si assicurò di nuovo.
Scossi il capo.
"Allora è okay. Ho voglia di pizza, già."
"Ora è presto però. - notai, guardando l'orologio - Ci sta una sfida alla Play, tu che dici?"
Lui sorrise con sguardo d'intesa.
"Dico che ce ne stanno anche due." decretò, afferrando il controller dal tavolino del salotto, e sedendosi poi sul divano.
Anche io lo imitai e, dopo aver acceso la Play, iniziammo a divertirci veramente come due bambini.

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now