Couldn't believe, Broods

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I couldn't believe my luck 
I couldn't believe you're here

Deborah Pjaca
Erano le 12.30 passate quando German uscì dallo spogliatoio.
"Eccoci. - esordì - Abbi pazienza, sono lenti come lumache. Allora, dove andiamo a mangiare?"
Feci spallucce.
"I fiorentini qui siete voi, io non so nulla." dissi alzando le mani.
"Io andrei al 'Fashion Foodballer'. Lì siamo di casa, - spiegò il ragazzo - ci andiamo molto spesso e sia il cibo che il locale sono ottimi."
"Dici di chiamare e prenotare? Magari è già pieno..." ipotizzai.
"Per noi della Viola il posto c'è sempre, non disperare." mi tranquillizzò mettendomi una mano sulla spalla.
Nel frattempo uscirono altri ragazzi dallo spogliatoio, tra cui Marko.
I volti nuovi mi vennero incontro.
"Jordan Veretout." si presentò uno.
Sorrisi e afferrai la mano che mi porgeva, quindi feci lo stesso con altri, che si presentarono come Nikola Milenkovic e Cristiano Biraghi.
"Allora, siamo stati bravi?" domandò la voce familiare e assordante di Giovanni, che spuntò dietro al gruppo di ragazzi vedendomi accanto.
"Bravissimi. - risposi imbarazzata, avendo gli occhi di mezza squadra puntati addosso - Tu Marko sei stato bravissimo, sono fiera di te."
Lui sorrise e mi accarezzò i capelli, stringendomi a sè.
Quando arrivarono anche gli ultimi, i più lenti, come ha detto Giovanni, ognuno salì sulla propria macchina, il ritrovo previsto era al ristorante suggerito da German.
"Marko, stammi dietro e seguimi. - gli disse - So che non conosci ancora Firenze."
"Grazie, German."
Una volta in macchina, Marko accese la radio e entrambi cantichiammo la canzone di Sfera al ritmo di musica che proponeva Radio Italia.
Con le altre faccio lo stu-pi-do
ho bevuto meglio se mi riportano da te...
Non mi piaceva particolarmente il trap, ma con tutte le volte che questa canzone era alla radio ormai l'avevo imparata persino io.
In poco tempo arrivammo al ristorante, che era davvero molto accogliente come descritto dal capitano, e German andò al bancone.
Un cameriere, visibilmente giovane, si voltò e si illuminò nel vedere il capitano della Viola.
German chiese un tavolo per un pranzo della squadra, per venti persone. Il cameriere corrugò la fronte, probabilmente stupito dal numero delle persone, forse perchè di solito i ragazzi della squadra che andavano a pranzo era meno.
"Penso che tu sappia che abbiamo avuto nuovi arrivi questa stagione." commentò German spiegando al cameriere e facendomi un occhiolino scherzoso, al quale sorrisi.
"Certamente. - rispose il cameriere compito - Seguitemi, vi mostro un tavolo in veranda. Lì non c'è nessuno."
Imboccò la porta opposta a quella che portava al resto del ristorante, e una bellissima veranda chiusa da vetri, che però trasmettevano molto caldo, si presentò ai nostri occhi.
"Molto accogliente. Grazie mille." disse German, entrando seguito da tutta la squadra, mentre il giovane cameriere si congedò e disse di passare per le ordinazioni, lasciandoci alcuni menù.
Presimo posto a tavola, io tra Giovanni e Marko, e poco dopo lo stesso cameriere tornò da noi.
"Cosa possiamo offrirvi?"
"Non dobbiamo andarci giù pesante, raga, quindi farei un solo piatto ciascuno, siete d'accordo?"
Tutti promuovemmo l'opinione di German e il cameriere annuì.
"Come desiderate. Allora cosa vi possiamo portare?"
Ordinammo tutti pian piano, quindi il cameriere riassunse.
"Abbiamo sette tagliate con patate e funghi, poi tre rigatoni, cinque tortelli al ragù e cinque cappellacci con funghi e tartufo, più due porzioni di patatine fritte. Ci siamo?"
"Sì, è tutto perfetto." rispose Marco.
"Da bere invece?" domandò senza scomporsi il cameriere.
Ordinammo parecchie Coca-Cola e tè alla pesca e al limone, e quando se ne fu andato il cameriere, i ragazzi scatenarono la terza guerra mondiale per decidere se fosse più buono il tè al limone o alla pesca.
Per fortuna ho preso la Coca-Cola.
"Dai raga, parliamo di cose serie, altrimenti facciamo annoiare la signorina. - prese la parola Vitor Hugo. Quindi si rivolse a me sorridendo - Dai, una domanda molto diretta, imparerai che io sono un soggetto molto schietto..."
"Fin troppo." commentò qualcuno.
Vitor li ignorò e mi fissò.
"Chi di noi fantastici Viola è più attraente?"
Io non mi scomposi.
Se vuoi tirarmi fuori dal mio guscio, Hugo, questo è il modo più sbagliato per farlo.
Accennai un sorrisetto e socchiusi gli occhi inclinando la testa.
"È una domanda molto difficile. Devo rispondere per forza?"
Lui sorrise.
"Come mai è così difficile? - domandò Jordan - Perchè siamo una massa di superfighi irresistibili, non è vero?"
Continuai a sorridere.
"No, il contrario." risposi, suscitando una risata generale del gruppo, in cui molti si ritrovarono ad asciugarsi le lacrime agli occhi. In realtà era una bugia, avevo mentito spudoratamente ma non sembravano essersene accorti.
"Se questo è il tuo grado di ironia, Deborah, - disse Giovanni mettendomi una mano sulla spalla - sei capitata nella squadra giusta."
Anche gli altri annuirono, tranne Vitor, che mi guardava con sguardo di sfida, ma poi, nel vedere che continuavamo a fissarci in modo ridicolo, scoppiammo entrambi a ridere come scemi.
Erano bellissimi tutti, quei ragazzi, ma il punto era che non potevo affatto dirglielo e basta, avrei dovuto argomentare la spiegazione con quella vita di Torino, e non ero per niente pronta a svelare a gente nuova il mio passato, il mio segreto che solo Marko conosceva.
Mi dispiaceva fare così tanto la misteriosa, ma mi stavo ambientando così bene nella Fiorentina che avevo paura che, dicendo loro che ero la ex di Bernardeschi, uno della Viola passato alla Juve, potessero avere qualche reazione strana.
Non volevo rovinare l'armonia, e poi queste sono...
"Sono cose private, Deb." mi sussurrò all'orecchio mio fratello, leggendomi nella mente.
Mi voltai a guardarlo e annuii timidamente.
Poco dopo giunse il cameriere con i piatti. Quando lasciò il mio, mi sorrise amiccando, gesto che non sfuggì agli altri ragazzi.
"Ehi ehi, Deb, quello sembra molto interessato a questo tavolo." rise Cyril.
Ancora con la faccia schifata osservavo il punto nel quale prima giaceva lui.
"Cos'è questa faccia? Su con la vita, è un tuo ammiratore!" esclamò Jordan sorridendo.
"Non è bello. - commentai - E mi sta pure sulle palle."
"Uh, questo non è molto amichevole." borbottò Giovanni.
"Sta solo dicendo in modo non esplicito, banda di idioti patentati, che preferisce di gran lunga noi a quello sbruffone. - disse Valentin - Non è così?"
Io corrugai le sopracciglia.
"Ehm... sì, è esattamente così, Valentin."
Mangiammo con calma e verso le due e qualcosa ci alzammo dal tavolo per andare a pagare.
"Ognuno paga il proprio, ok?" chiarì subito Vitor.
Spinsi dolcemente mio fratello.
"Paga tu, non voglio vedere più quella faccia tosta di cameriere incapace."
Lui sorrise e si inchinò scherzosamente.
"Come desidera, signorina."
Gli sorrisi e mi misi in disparte, appena fuori dalla porta del ristorante, mentre presi il telefono e aprii Instagram.
Notai le richieste di seguirmi di parecchi giocatori della squadra, tra cui Marco, Jordan, Federico e Giovanni.
Accettai tutte e quindici (circa) richieste e poi caricai una storia.

InstaStory di @debpjaca_

Ultimo era uno dei cantanti che preferivo, davvero le sue canzoni rispecchiavano i miei stati d'animo

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Ultimo era uno dei cantanti che preferivo, davvero le sue canzoni rispecchiavano i miei stati d'animo.
Sospirai. Solo io sapevo cosa significasse quella frase. O forse anche lui sapeva cosa intendessi.
Scelta che faceva male, Ultimo ci aveva proprio azzeccato, mi faceva davvero male il cuore.
Sobbalzai quando una mano si posò sulla mia spalla.
"Non volevo spaventarti. - spiegò Federico - Scusami."
Accennai un sorriso tirato.
"Non importa."
"Non sono riuscito a parlarti nemmeno un po', oggi, mi dispiace. Però hai conosciuto gli altri."
"Sì, diciamo di sì." risposi sconsolata.
La storia pubblicata non faceva altro che mettermi ancora più malinconia di lui.
Federico si piazzò davanti a me e mi mise entrambi le mani sulle mie spalle.
"Ehi, che succede? Sai che di me ti puoi fidare e puoi dirmi tutto quello che vuoi, tutto quello che pensi." sussurrò.
Lo guardai negli occhi. Persi un battito. Erano così simili a quelli di... no, Deborah, i suoi erano verdi.
"Quindi se pensassi che sei un coglione potrei dirtelo senza problema?"
Lui inarcò le sopracciglia.
"Non avresti tutta la mia stima ma, sì, è così. Ma tanto tu non lo pensi davvero, no?"
Sorrisi, si unì anche lui.
"No, non lo penserei mai."
Mi avvicinai e lo abbracciai, poggiando la mia testa al suo petto, fino a sentire il battito del suo cuore.
Lui mi strinse forte e sembrava non mi volesse più lasciar andare.

Ecco a voi il nuovo capitolo! Spero vi piaccia 💕

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ