SESSANTADUE

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"È anche questa è a posto" dico, chiudendo uno scatolone e sigillandolo con lo scotch. Il camion dei traslochi dovrebbe arrivare tra un'ora circa.

"Cosa ti manca?" mi chiede Scott.

"Della mia stanza solo le armi. C'è da sgombrare il salotto" dico, con tono piatto. Di solito mi piace scherzare con Scott quando c'è da fare le valige, ma sta volta non ne ho nessuna voglia.

"Ok. Devo andare a comprare delle cose per il viaggio al supermercato, posso lasciarti da sola per un quarto d'ora?" mi chiede lui, accarezzandomi una spalla.

"Si, non preoccuparti" dico distrattamente.

Sto sfogando tutta la mia frustrazione contro gli scatoloni, e sto cercando di non soffermarmi a pensare. Non ho salutato nessuno dopo la sparatoria a scuola. L'edificio è stato evacuato, e per fortuna nessuno si è fatto male.
I soggetti armati erano cinque, tutto della cricca del tonto che aveva provato a spararmi. Ora erano dietro le sbarre, a rispondere ad un saaacco di domande. Gli adolescenti americani hanno qualche serio problema di testa.

Non ho avuto il coraggio di guardare nessuno, o di parlare con nessuno. Sono rimasta vicino a Scott, e ho compilato un verbale per la polizia, rispondendo ad alcune domande per fare chiarezza.

Me ne sono andata esattamente come sono arrivata, eppure sento come se il mio stomaco stesse per spappolarsi. Avevo sempre rifiutato la tristezza: avevo sempre preferito la rabbia o l'indifferenza. Eppure stavolta sembrava inevitabile. Di una cosa ero sollevata però: gli amici che mi ero fatta non sarebbero stati tristi nel vedermi andare via. Sarebbero stati troppo occupati ad odiarmi per ricordarsi di me, specialmente Nathan. Forse avrei dovuto dirgli che quello che avevo provato per lui non era stata tutta una bugia, ma ho preferito non farlo. È meglio così. D'altronde chi mi avrebbe mai creduto?

Sento Scott uscire dalla porta, e richiudersela dietro di sé. Scott aveva provato in tutti i modi a tirarmi su di morale, ma non ci era riuscito. Aveva preferito allora l'omertà. L'ultima cosa che mi aveva detto riguardo a questo discorso erano state delle scuse. Pensavo che sarebbe finita diversamente mi aveva detto. Forse anche lui un po' sperava di rimanere. Ma non è possibile.
Siamo agenti, e gli agenti non cazzeggiano nei paesini come le persone normali.

Comincio a incartare la roba del soggiorno, andando avanti per una decina di minuti, finché un suono fastidioso non comincia a trapanarmi le orecchie. Qualcuno sta bussando compulsivamente alla porta.

"Arrivo, arrivo" dico, svogliatamente.

Apro la porta e mi ritrovo davanti il piccolo Benjamin, con in mano un computer aperto.

"Benjamin?!" chiedo, stranita.

Benjamin non dice nulla, si fa solo largo in casa mia e appoggia il computer sull'isola della cucina.

"C'è qualcosa che devi vedere"

Il ragazzo comincia a smanettare sull'aggeggio.

"Ho decriptato i file del padre di Ethan. Ho trovato cose varie su associazioni mafiose e altro, ma a parte questo, mi sono infiltrato nelle telecamere a circuito chiuso...e guarda un po' che cosa ho trovato"

Benjamin mi mostra trionfante un video. Nel video un'uomo in giacca e cravatta bianca è appoggiato ad una macchina verdognola, parcheggiata nel loro giardino. Il conducente non si vede. Ad un certo punto il tizio vestito di bianco si alza e sembra chiamare qualcuno al cellulare. Dalla casa escono due uomini in smoking, che aprono la portiera dietro e... Tirano giù un corpo?! La ragazza è bionda, e a giudicare dalle foto sembra proprio Sarah.

"Che cazzo...Aspetta un secondo, torna indietro"

Gli faccio rimettere l'immagine della macchina.

"Quella targa" dico solo. Sapevo di averla già vista da qualche parte.
Ho un vago sospetto data la macchina, ma spero di stare sbagliando.

Benjamin si collega a internet, e in due secondi riesce a risalire al proprietario. Per poco a me non viene un colpo. Speravo che non uscisse quel nome sullo schermo.

"Samuel... Bennet?! Ma non è il padre di..."

"Prendi il computer" ringhio, infilandomi su per le scale.

Raggiungo la mia stanza e mi metto a frugare nel baule, rimasto solo nella camera spoglia. Afferro la più fidata delle mie pistole, e il mio distintivo.

Raggiungo Benjamin e insieme ci fiondiamo fuori dalla porta.

"Ma che vuoi fare?!" chiede lui spaventato.

Raggiungo la porta dei Bennet, e mi metto a bussare freneticamente.
Ad aprirmi è Mason, che mi guarda come se avesse visto un fantasma.

"Ciao.. Ehm.. Che sta succedendo?"

"Mason ma chi è che..."

Nathan si blocca, appena mi vede. Io mi schiarisco la gola. Il lavoro è lavoro.

"Vostra madre è in casa?"

"Mason, Nathan chi ha bussato?" chiede la signora Bennet, che smette di parlare appena mi vede.

"Che cosa vuoi?!" sbrocca Nathan.

"Dovete andarvene subito!" dico, nervosamente.

"Come?" chiede Mason, stranito.

Sbuffo. Perché mai le persone non ascoltano quando serve?!

"Vi prego, dovete ascoltarmi, non sto scherzando, siete in pericolo"

"E perché dovremmo crederti scusa? Non ci hai raccontato bugie fino a qualche giorno fa?"

Tiro un respiro, cercando di calmarmi. E va bene, vuotiamo il sacco.

"Io e Scott siamo stati mandati qui per scoprire chi fosse il responsabile della sparizione di Sarah Jones" dico solo.

Il volto di Mason si contrae, e impallidisce di colpo. Nathan rimane un attimo interdetto.

"Sapete qualcosa?! Che cosa avete scoperto?!" mi chiede Mason, avvicinandosi.

"Abbiamo scoperto chi è stato, ma non è una bella notizia"

Mason si blocca. Lancia un'occhiata agli altri due. Sembrano scambiarsi sguardi di apprensione.

"Entra" mi dice poi sua madre.

Al mio seguito c'è Benjamin, che ha assistito muto a tutta la scena. Lasciamo la porta aperta dalla fretta. Non sarà una cosa lunga.

"E questo chi sarebbe?" chiede Nathan, sulle difensive.

"Quello che ha scoperto gran parte delle informazioni. Mason, signora Bennet, è meglio se vi sedete" dico, imperativa.

Benjamin clicca qualche tasto qui e là e mette in riproduzione il video.
A mano a mano, le facce dei presenti si mummificano sempre di più. Gli occhi di Mason diventano lucidi, mentre la signora Bennet sprofonda in un trance ipnotico.

Una volta che il video finisce, cala il silenzio nella stanza.

"No...no,no.. Samuel non è un'assassino.. Non è un assassino.." comincia a balbettare la signora Bennet. Nathan le stringe la mano, mentre a Mason scappano lacrime amare.

"Mi dispiace avervelo fatto vedere così, ma non c'è tempo. Adesso che la voce è girata e sa che c'è qui l'FBI sicuramente potrebbe fare qualcosa di stupido, il che significa che siete in pericolo. Tutti e tre"

"Che cosa dobbiamo fare?" mi chiede Mason, preoccupato.

Il rumore di un proiettile che si infrange su una delle pareti ci fa sobbalzare tutti. Lasciando la porta aperta, a nostra insaputa, avevamo lasciato un passaggio all'assassino.

A WHITE HAIR SECRETWhere stories live. Discover now