SEDICI

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Esco dal bagno degli uomini con Benjamin al seguito e mi trovo davanti i miei quattro amici, con gli occhi sgranati. Alan, Ben, Wade e Mason sembrano appena aver visto un fantasma. Benjamin si dilegua sotto al naso dei quattro, che cominciano a squadrare prima lui e poi me.

"Beh?" chiedo, stranita.

"Ho paura a chiederlo, ma che ci facevi in bagno con quello?" domanda Wade, stupito.

"Niente di quello che i vostri quattro cervelli malati stanno pensando" dico, annoiata. Questi quattro sono fin troppo prevedibili.

"Signorina Parker!" tuona una voce al di là dei miei quattro amici decerebrati.

È il professore che io, Alan e Benjamin abbiamo piantato in asso. Grandioso, altre grane per Reel. Ottimo direi.

"Torni subito in classe! E anche lei! Tutti in punizione, immediatamente!" tuona il vecchio omuncolo.

"Agli ordini" dico, sbuffando e trascinando i piedi verso di lui.

"A dopo ragazzi" sento dire da Alan, che mi fissa piuttosto incuriosito.

Adesso mi toccherà sorbirmi un quarto grado allucinante.

Il professore ci rifila una ramanzina furiosa e decide di farci rimanere un'ora in più per riflettere su cosa sia il rispetto. Ah, che stronzate.

A fine pomeriggio riesco finalmente ad arrivare a casa, e mi lancio sul divano con fare annoiato. È la giornata giusta per rimanere chiusi in casa a guardare Netflix. Dopo una giornata di stress come questa è quello che mi ci vuole.
Mi infilo sotto la doccia ed indosso il mio comodissimo e decisamente poco attraente pigiama, dopodiché mi ritrovo a fissare il frigo per capire che cosa cucinare. Problema: non ho assolutamente voglia di farlo.

La mia pigrizia mi spinge a cercare su Google un ristorante cinese a domicilio e, dopo aver finalmente trovato ciò che cercavo, compongo il numero del ristorante. A rispondermi è una signorina dalla voce acuta, che sembra parlare a malapena la mia lingua. Cerco di spiegarmi al meglio e, dopo avergli ordinato mezzo ristorante, metto giù e mi sbrago sul divano, in attesa del mio cibo.
Spero che la cinesa abbia capito quello che le ho detto, perché sono terribilmente intollerante al salmone, e non voglio passare tutta la notte sul gabinetto per colpa del cibo cinese. Si, avete capito bene: sono intollerante al salmone. Un'altra delle gioie della vita che mi è stata negata, per cui mi sono dovuta accontentare del tonno e del branzino.

Arriva il mio camion di goloserie nipponiche e finalmente posso sprofondare sul divano con in mano il mio sushi e le mie bacchette, mentre faccio partire American Vandal su Netflix. Una serie su uno che si diverte a fare scherzi coi piselli e con la cacca. È tutto un dire, e raccontato così sommariamente sembra abbastanza spaventoso e inquietante, ma in realtà non è poi così male.

La serata passa senza che stranamente nessuno venga a rompere gli zebedei nel mio idillio, e per la stanchezza mi addormento sul divano senza neanche accorgermene.

Sto sognando un bellissimo paese fatto di nighiri e chirashi, quando un rumore strano mi sveglia. All'inizio non mi rendo conto della situazione e osservo il cellulare: le 2.08. Di colpo sento il rumore di nuovo e giro la testa: sembra che qualcuno stia cercando di forzarmi la serratura per entrarmi in casa. Un ladro un po' rumoroso per aver deciso di rapinare una villetta. Corro in camera e afferro una delle mie pistole di servizio. Se crede che se ne andrà da qui tutto intero non ha capito niente.

Sono davanti alla porta, mentre il bandito sta ancora cercando di forzarla. Lento e rumoroso:dovrebbe cambiare lavoro. Faccio qualche passo e decido di finirla in fretta. Sblocco la porta e la apro di botto, alzando la pistola, ma la scena successiva mi lascia basita.

Vedo un Nathan dagli occhi socchiusi e dai vestiti puzzolenti di alcool barcollare nel mio salotto.

"Oh grazie Brontolo. Ma che ci fai a casa mia?" mi chiede sbiascicando e togliendosi la giacca. Rimango stupefatta e inorridita a guardarlo. Si può essere tanto ubriachi da sbagliare casa?

"Oh beh, non importa" sbiascica di nuovo, cominciando a slaccciarsi i pantaloni.

"Si da il caso che questa sia casa mia, brutto coglione, e smettila di spogliarti!" strillo, cercando di non urlare troppo.

"Ah davvero?" domanda, più a sé stesso che a me.

"Si davvero, ed ora smamma, avanti!"

Lui comincia a camminare all'indietro, spinto gentilmente da me, ma si da il caso che i pantaloni slacciati crollino all'improvviso, facendo inciampare lui, che naturalmente si appende al mio braccio, facendomi cascare come un sacco di patate sopra di lui.

"Tu.. Sei.. Un.. Imbecille!" urlo, gesticolando animatamente, ancora sopra di lui.

"Io.."

Non fa in tempo a finire la frase che un'ondata di vomito gli esce dalla bocca, facendomi scattare in piedi. Ci mancava solo questa. Io odio la famiglia Bennet. Davvero davvero tanto.

Lo aiuto ad alzarsi e lo trascino fino al bagno, dove lo lascio finire di rimettere, mentre io pulisco il vomito, che per fortuna non è molto. Dio mio, che schifo. Mi dovrò far pagare il doppio.

Finito di pulire e dopo essermi disinfettata le mani con la candeggina, torno a vedere come sta il vomitatore, e noto che appena entro in bagno sembra essersi ripreso, nonostante sia ancora abbracciato alla tazza.

"Ho combinato un bel casino" riesce a dire.

"Prima di parlarmi dei tuoi problemi sarebbe meglio ti tirassi su i pantaloni" gli faccio notare.

Lo aiuto ad alzarsi e cerco qualcosa da dargli di pulito. Infilo i vestiti pieni di vomito in lavatrice, e quando torno trovo Nathan praticamente collassato sul divano.

La gente di questo paese è fin troppo strana.

A WHITE HAIR SECRETDove le storie prendono vita. Scoprilo ora