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Dopo un mese di ospedale Minseok venne, finalmente, dimesso. Jongdae aveva dato disposizione che l'uomo venisse sistemato nella sua stanza. Da quando si erano trasferiti a Busan aveva preso in mano le redini della casa e non solo di quella. Insieme a Luhan si era fatto vedere nei vari locali di Miseok, facendo capire a tutti che lui era, a tutti gli effetti, l'uomo del loro capo. E decise anche di cambiare il suo nome in Chen durante le ore di lavoro .

Veniva rispettato da quella gente che, fino a qualche mese prima, lo inorridiva. Persone che lo avevano aiutato, persone che gli erano state vicine, persone che, durante l'assenza di Minseok, avevano mantenuto i suoi affari. Gli scagnozzi, i ragazzi ai quali riservava sorrisi di gratitudine.

Jongdae nel mese trascorso a Busan era cambiato. Tutti l'avevano notato, dopo l'uragano Jongdae era diventato l'uomo del boss. Senza dir nulla a Sehun era stato accompagnato da Luhan a Dong-gu per riconoscere le salme dei genitori e predisporne la cremazione.

Per tutto il tempo che durò quella "seccatura" Jongdae non perse mai la sua compostezza, la sua, impassibile, maschera di cera. Di quelle due persone non gli importava nulla, mentre assisteva alla cremazione si rese conto di provare solo un'enorme sollievo. Sollievo nel pensare che sua madre fosse morta. Sollievo nel pensare che non avrebbe mai più rivisto le loro orrende facce, e che né lui né Sehun avrebbero più sofferto per mano loro.

Quando Minseok venne portato a casa si meravigliò di essere stato sistemato nella camera di Jongdae, ma non disse nulla, non fece domande. L'intervento al polmone ancora non gli permetteva di muoversi con agilità e di riprendere la vita di sempre, il medico aveva ordinato almeno un altro mese di riposo forzato.

Sdraiato sul letto a baldacchino blu, avvolto dalla carta da parati floreale, posò gli occhi su un pezzo di stoffa rosso.

Un pezzo di stoffa rosso trasparente.

Sembrava una maglia usata per la notte. Ma da quando Jongdae vestiva di rosso trasparente? Di un rosso provocante? Aggrottò le sopracciglia.

Che fine avevano fatto i pigiami di cotone colorati per niente attraenti ma che ai suoi occhi erano perfetti sul ragazzo?

Certo, la sera che gli si presentò con quella maglietta nera scollata non rimase mal impressionato. Il nero gli si addiceva. Semplice, sobrio, dolcemente sensuale.

Ma quella cosa posata sulla poltrona della camera da letto era volgare, per niente adatta alla personalità dolce del ragazzo di cui era innamorato, personalità che difficilmente poteva vedere, ma che ogni volta che accadeva si sentiva felice per quel grande privilegio.

Perso nelle sue elucubrazioni notò nell'aria una fragranza a lui sconosciuta. Di chi era quel profumo? Non di Jongdae. Troppo dolciastro, aggressivo, pacchiano.

Ma di chi era quella stanza? Non certo del suo Jongdae, il suo piccolo Dae. Dov'era finito il dolce profumo di fiori freschi che avvolgeva sempre il suo corpicino?

E cos'era quel profumo dozzinale da due soldi?

Mentre notava queste strane novità sentì la porta della stanza aprirsi.

«Hey» ecco la voce più dolce del mondo.

«Hey»

«Come stai? Hai bisogno di qualcosa?»

«No, tutto bene»

«Bene»

«Vieni qui» disse Minseok in un sussurro.

Jongdae si avvicinò al letto, avvolto dalla penombra della sera .Quando Minseok lo vide bene in volto rimase basito.

Gli occhi cerchiati da un pesante trucco nero spiccavano su un viso pallido.

Odio & AmoreWhere stories live. Discover now