11.

952 62 25
                                    


Era passato ormai un mese da quando Jongdae aveva lasciato la casa di Minseok.

Cercando di dimenticare quell'assurda convivenza si era gettato, anima e corpo, nel lavoro alla libreria, mentre cercava un posto per lui e Sehun.

Il giovane Sehun non aveva mai chiesto spiegazioni al fratello sul suo ritorno e non aveva avuto il coraggio di contattare Minseok per paura che Jongdae, scoprendolo, si sarebbe arrabbiato.

Minseok era tornato ai suoi affari, ai suoi casinò, ai suoi uomini. La loro vita aveva ripreso a scorrere come se quei mesi passati insieme non fossero mai esistiti, o, per lo meno, così cercavano di fare tutti.

Jongdae passava le sue giornate al negozio cercando di non scaraventare tutto fuori dalla porta ogni volta che pensava a Minseok. Quel senso di abbandono che solo lui riusciva a fargli provare non lo aveva ancora lasciato.

La sera, quando si sdraiava nel suo letto, inconsciamente annusava il cuscino nella speranza di percepire quell'odore che lo aveva ammaliato, che gli era entrato dentro e che, dalla sua anima, non se ne voleva andare.

Era passato un mese eppure il volto di Minseok occupava ancora i suoi pensieri.

La sua voce, le sue parole sussurrate nella penombra di una stanza, ancora vivevano in lui, nei suoi ricordi.

Era tutto sbagliato, era stato tutto un errore. Era stato un impasse della sua misera vita. Nulla più.

Il sole di fine agosto splendeva ancora caldo su Dong-gu. Su quel piccolo paese ridente , senza via d'uscita.

Jongdae si sentiva soffocare ogni giorno di più, non per l'afa persistente della stagione ma per un nodo che dentro di lui non si scioglieva. Restava bloccato all'altezza dello stomaco e da lì non si muoveva.

Durante le serate più calde prendeva Sehun e, insieme, si concedevano un buon gelato, come se la breve frescura di qualche pallina gelida potesse rinfrescargli anche l'anima.

Quell'anima in fiamme di una vita in pezzi.

In un ufficio, davanti ad una fotografia, un'altra persona ascoltava i propri tormenti.

Un uomo che non aveva mai avuto bisogno dell'amore di nessuno.Un uomo che era sempre bastato a se stesso.

Un uomo che, in due occhioni languidi color nocciola aveva scoperto cosa volesse dire amare.

Kim Minseok, da quando Jongdae se ne era andato, aveva ripreso la sua vita di sempre.

I suoi affari andavano a gonfie vele, diversi uomini occupavano le sue serate. Uomini come Shindong . Orrende maschere impiastricciate di trucco, risate gracchianti e insopportabili. Attorno a lui non c'erano ragazzi con dolci visi acqua e sapone. Occhi sinceri che non ti guardano per ciò che hai ma per ciò che sei, che sei dentro.

Occhi che guardano l'uomo che c'è dietro al signor Kim , quell'uomo che può amare e che sa amare. Quell'uomo che, in una vita, non aveva mai avuto bisogno di calore e che, adesso, stava agonizzando quel poco che aveva assaporato. Quell'uomo che la sera, solo nel suo letto, guardava verso quel posto accanto a sè, quel posto lasciato vuoto.

In quella parte di letto dove c'era stato lui, l'unico uomo che avesse mai dormito nel suo letto, nella sua casa.

L'unico uomo che avesse mai amato e che lo aveva reso suo schiavo. Quell'uomo che se n'era andato perché non lo amava. Minseok gli aveva creduto quella sera. Lui aveva creduto alle parole di un ragazzino. Lui aveva voluto credere a tutto ciò che gli aveva detto. Lui era tornato perché lontano da Jongdae non riusciva più a starci. Jongdae che lontano da Minseok si ingozzava di gelato perché ne sentiva la mancanza... se n'era andato.

Odio & AmoreWhere stories live. Discover now