Sabato - Firenze: Maestro (S)

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-"We're arrived"- disse la voce di Delia alle sue orecchie. La ragazza, seduta accanto a lui, si alzò per prima e lo incitò a fare lo stesso. Suga annuì, mettendosi lo zaino in spalla e seguendola fino alla porta del vagone del treno.

C'erano molte persone attorno a loro, la maggior parte giovani ragazzi che avevano deciso di approfittare del bel tempo per trascorrere un pomeriggio a Firenze. Non lo aveva mai detto a Delia, ma non vedeva l'ora di visitare la città. L'aveva sempre vista attraverso fotografie, immagini sul web e resoconti di altri; non aveva mai avuto modo di viverla in prima persona.

Finalmente era arrivato il suo momento.

Anche solo la banchina del binario aveva un che di diverso rispetto a Pisa. Suga scese dal treno e avanzò lentamente, guardandosi attorno meravigliato. Delia alzò gli occhi al cielo e lo afferrò con decisione per un gomito, incitandolo a camminare. Non oppose resistenza e non sussultò: ormai si era abituato ai suoi modi quasi burberi. Si fece trascinare fino all'atrio della stazione di Santa Maria Novella e lì, impuntandosi come un bambino, piantò i piedi per terra. Voleva scattare qualche foto da far vedere agli altri ragazzi: Delia avrebbe dovuto farsene una ragione.

-"As you wish"- si arrese allargando le braccia e facendole ricadere lungo i fianchi.

La macchina fotografica di Jungkook, per quanto fosse complicata da usare, era come un dono dal cielo: era in grado di rendere qualunque fotografia, anche la più brutta, simile a un capolavoro. Suga, durante i primi giorni, si era impegnato nello scattare immagini orrende e dalle inquadrature più assurde, ma, per quanto si fosse adoperato, la macchina fotografica, testarda come il suo proprietario, era sempre riuscita ad avere la meglio.

-"Done"- annunciò dopo qualche minuto.

Guardò Delia e attese i nuovi ordini che, stranamente, tardarono ad arrivare. Lo stava fissando dritto negli occhi, con le sopracciglia lievemente aggrottate e le labbra socchiuse. A cosa stesse pensando era un mistero. Suga inclinò la testa di lato e la interrogò con lo sguardo.

-"Okay, let's go"- si riprese d'un tratto dandogli subito le spalle.

Le andò dietro come un anatroccolo e, appena usciti dalla stazione, rivolse gli occhi al cielo azzurro.

"Finalmente sono a Firenze!", pensò, ignaro del fatto che quella giornata gli avrebbe cambiato la vita.



Delia lo superò di corsa e si fermò qualche passo avanti a lui, spalancando le braccia ed esultando. La affiancò e si guardò attorno, senza capire il motivo della sua esplosiva allegria. Nelle ultime due ore Delia si era mostrata irrequieta e insoddisfatta, come se non stesse più nella pelle all'idea di fare qualcosa che, per colpa di Suga, non poteva fare in quel momento.

Gli passò un braccio attorno alle spalle e lo attirò a sé. Le loro spalle si scontrarono e solo allora Suga si rese finalmente conto e accettò che Delia fosse alta quasi quanto lui. La ragazza tese in avanti il braccio libero e sospirò di ammirazione.

-"Piazza Santa Croce!"- proclamò marcando le Z e la R. -"Isn't it beautiful?"- disse cercando la sua approvazione.

Suga guardò il volto di Delia con la coda dell'occhio. Davvero le piaceva quella banalissima piazza? Certo, era grande e completamente sgombra, la chiesa dall'altra parte non era male, ma... Cosa c'era di bello in un rettangolo di pavimentazione vuota?

-"It's big"- le rispose con semplicità. Che altro avrebbe dovuto dirle?

Le sue parole rimbalzarono contro il muro di entusiasmo di Delia. La ragazza saltellò in avanti e lo incitò a seguirla, iniziando a camminare in mezzo alla piazza a passo spedito. Suga la assecondò restando però qualche passo più indietro, deciso a scoprire cosa stesse succedendo alla padrona di casa.

Delia si fermò sotto al basamento di una statua eretta a sinistra della facciata della chiesa. Alzò il viso, si portò le mani al petto e sorrise gentilmente. Guardò Suga e gli indicò la statua, il debole sorriso divenuto una fonte di amorevole calore.

-"Yoongi, let me introduce you to Dante Alighieri, the greatest Italian poet"-.

Suga seguì l'indice di Delia e guardò la persona raffigurata, un uomo dall'espressione arcigna e dal capo sormontato da una corona di alloro; il corpo era avvolto da una cappa che l'uomo stringeva a sé in maniera quasi gelosa; ai suoi piedi un'aquila cercava insistentemente di incrociare il suo sguardo.

"Dante Alighieri? Dove ho già sentito questo nome?".

Sentiva di star dimenticando qualcosa di importante, ma non riusciva a capire cosa.

-"Really?"- si intromise Delia nel suo silenzioso ragionamento. -"You don't know who he is?"-.

Suga scosse la testa, seriamente dispiaciuto.

-"Oh, c'mon! Dante Alighieri! This is serious, Yoongi!"- esclamò con gravità.

L'ultima frase, sputata con altezzosità e con fare maestrino, illuminò di colpo la mente di Suga, ripescando nei suoi ricordi confusi il particolare e comico episodio di giovedì sera, quando un'ubriaca Delia gli aveva chiesto di punto in bianco se conoscesse Dante Alighieri. Anche allora, difronte alla sua risposta negativa, si era lamentata e gli aveva fatto notare la gravità della sua ignoranza con "This is serious, Yoongi!".

-"Ah, you already..."- iniziò, ma Delia non lo stava più ascoltando. La ragazza dai capelli rossi era tornata a rivolgersi alla statua. Aveva incrociato le caviglie e, in quella traballante posizione precaria,aveva preso a gesticolare animatamente, ondeggiando pericolosamente ogniqualvolta i movimenti delle sue braccia risultassero troppo ampi.Stava parlando in italiano a ruota libera, senza freni e senza preoccupazioni. Suga non aveva la più pallida idea di che cosa stesse dicendo, ma in quel momento, completamente tagliato fuori e isolato dalla scena, gli sembrò di trovarsi di fronte alla contemplazione di un'opera d'arte. Delia, nella sua naturalezza, era ipnotica. I suoi occhi erano fissi sul volto marmoreo di Dante Alighieri, come in cerca di un ricambio e di una risposta. La statua la stava ignorando e Suga, guardando l'altezzoso Dante, avvertì una punta di odio. Come si permetteva quel poetastro da strapazzo di ignorare Delia? Chi mai avrebbe avuto il coraggio di non apprezzare la sua ammirazione? Spostò nuovamente gli occhi su Delia e, nel vederla così presa e in totale devozione, si sentì... strano.

Fu allora che Suga, spettatore di uno sguardo d'amore non corrisposto e rivolto a un uomo morto secoli fa, se ne rese finalmente conto.

Fece un piccolo passo indietro, sbarrando gli occhi scuri e scuotendo lievemente la testa.Non poteva essere vero, no, assolutamente. Sentì una tremenda fitta allo stomaco e una pesantissima morsa al petto. Scosse nuovamente la testa, come a volersi levare di dosso le terribili sensazione che stava provando in quel momento, ma fu tutto inutile.

Delia disse qualcosa con un tono leggermente diverso: doveva aver finito di elogiare Dante. Suga, cereo in volto, non rispose. La ragazza, resasi conto di aver parlato in italiano per tutto il tempo, si mosse a disagio e si passò una mano tra i capelli, infilandosi tra le labbra una sigaretta e cercando l'accendino nella borsa.

-"I'm sorry, I souldn't...!"-.

-"It's okay"- la interruppe con voce gutturale. Guardò Dante e le sue strane sensazioni si intensificarono. -"It's... okay"- ribadì con meno sicurezza di prima.

Si armò immediatamente di quadernino azzurro e penna. Diede le spalle a Delia e nascose il volto tra le pagine, facendo vedere alla ragazza dietro di sé che stava scrivendo come un pazzo. In realtà la penna si muoveva a pochi millimetri dal foglio, semplicemente simulando la scrittura.

Quella realizzazione lo aveva preso in contropiede.

Fissò le pagine bianche, profondamente turbato, e si sentì per un attimo mancare.

"Non è possibile", pensò chiudendo con incredulità il quadernino. "Non è possibile!".

Guardami come se fossi Dante Alighieri [Min Yoongi]Where stories live. Discover now