Venerdì - Mi dispiace

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Le gocce di pioggia battevano insistentemente contro il vetro della portafinestra del terrazzo, chiedendomi disperatamente di lasciarle entrare; graffiavano la liscia superficie trasparente come gli artigli di un gatto. Il suono di ogni goccia mi perforava i timpani, insinuandosi violentemente nella mia testa.

Abbandonai nel posacenere verde la sigaretta che avevo da poco iniziato a fumare emi accasciai sul tavolo della cucina, nascondendo il viso tra le braccia incrociate. Le gocce di pioggia alle mie orecchie sembravano spari di cannoni. Se ne avessi avuto la forza mi sarei maledetta per quei due moscow mule che, la sera prima, mi avevano mandata fuori di testa. Purtroppo ricordavo piuttosto bene gli eventi accaduti prima che mi addormentassi: la mia molestia nei confronti del mio ospite, il presunto bassotto fantasma e i collant strappati. I miei ricordi presentavano qualche falla, non tutti i pezzi erano al loro posto,ma, a grandi linee, ricordavo più o meno tutto.

Mi tirai su lentamente e mi passai una mano sul volto, desiderando che quelle cazzo di cannonate smettessero di fare rumore. Ogni suono proveniente attorno a me giungeva alle mie orecchie amplificato di dieci volte. Mi toccai con mani tremanti i padiglioni auricolari, temendo che avessero iniziato a sanguinare.

La sigaretta abbandonata si era spenta e mi stava fissando con aria di rimprovero.

"Hai fatto una bella figura di merda, eh?",constatò.

-"Vaffanculo"- bofonchiai prendendola e buttandola nel cestino vicino alla portafinestra.

Quando mi ero svegliata nel mio letto, felice ma sofferente, la prima cosa che i miei occhi avevano messo a fuoco era stata una mano bianca intrecciata alla mia. La testa mi faceva un male cane, ma il dolore non mi aveva comunque impedito di collegare la testa nera riversa sul letto con la mano candida e piena di anelli.

-"Cazzo..."- mormorai avvampando al solo ricordo.

Mi alzai dal tavolo e barcollai per qualche passo. Mi fermai in mezzo alla cucina e i miei occhi scivolarono sulla mia mano sinistra. La guardai in silenzio,avvertendo una stranissima sensazione al petto, una morsa rapida, dolorosa ma, da un certo punto di vista, piacevole. Come gli era saltato in mente di prendermi per mano? Non riuscivo a spiegarmelo. Feci appello alla mia memoria lacunosa ma, ovviamente, nei confusionari spezzoni della serata precedente non riuscii a trovare una risposta al mio insistente interrogativo.

-"Good morning"- gracchiò una voce alla mia sinistra.

Sobbalzai,portandomi le mani al petto e lasciandomi scappare un gridolino che ebbe bruttissime ripercussioni sul mio alterato apparato uditivo.Stringendo i denti, mi avvicinai una sedia e mi ci sedetti lentamente, posandomi una mano su un orecchio e pregando la Madonna di farmi morire subito, senza ulteriori sofferenze. La mano di Yoongi entrò nel mio campo visivo e mi sventolò sotto agli occhi una bustina del mio antidolorifico. Non disse niente, si limitò a lasciarla sul tavolo e a iniziare a prepararsi la colazione. Il rumore della pioggia era più forte di lui: si muoveva per la cucina come un fantasma, sfiorando piano le tazze e aprendo con cura le ante delle credenze. Per la prima volta da quando era ospite di quella casa, lo vidi alzare i piedi da terra, camminando come una persona normale e non come un ragazzo che aveva il male di vivere addosso. Il suo braccio comparve dietro la mia spalla per adagiarmi sotto al naso un bicchiere d'acqua. Non feci in tempo a ringraziarlo che, silenzioso come una creatura eterea, si sedette al tavolo; in mano aveva una tazza con dentro non so cosa, sembrava intenzionato a non mangiare niente.

-"You should take it"- disse piano dopo qualche secondo di troppo di silenzio.

Se non avessi avuto un mal di testa allucinante gli avrei sicuramente chiesto dove avesse trovato quell'antidolorifico, se avesse frugato tra le mie cose o se, addirittura, quella bustina fosse la stessa che gli avevo dato io prima di uscire con Azzurra; ma stando male, anzi, malissimo, non gli domandai niente. Versai il granulato bianco nell'acqua,guardandolo sciogliersi. Sentivo gli occhi affilati di Yoongi addosso, penetranti e insistenti come quelli di una lince. Per la prima volta mi sentii veramente a disagio. Sapevo di essere nel torto, di aver mancato ai miei doveri di buona padrona di casa e di avergli causato non pochi problemi, ma le mie labbra, così come lamia gola, erano secche e sigillate. Non riuscivo a spiccicare parola,eppure ne avevo tante da dire. Una mi premeva più delle altre, e non mi sarei mai perdonata se non fossi riuscita a pronunciarla; forse Yoongi stava proprio aspettando quella.

Guardami come se fossi Dante Alighieri [Min Yoongi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora