Capitolo 17

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Nadia

Mi svegliai pian piano. Ormai il sole era tramontato, e io mi ero allontanata dagli altri senza badare alle conseguenze.
“Ma perché faccio sempre le cose senza pensare?” Mi misi seduta, massaggiandomi la testa. Per quanto avevo dormito? Avevo sicuramente fatto preoccupare terribilmente gli altri. Mi guardai in giro, riuscivo a distinguere i contorni delle cose ma nulla di più, visto che ormai si era fatta notte.
“Quanto sono stupida.” Cercai di mettermi in piedi quando sentii un fruscio provenire dal bosco.
“Fenix sei tu?” Chiesi impaurita. Non era sicuro stare lì, dovevo scappare. Provai ad alzarmi ma il mio corpo non rispondeva.
“Oh, guarda, che ci fa un piccolo uccellino qui tutto solo in piena notte?”
Solo la voce mi fece accapponare la pelle. “Come hai fatto a trovarmi?”
Avanzò verso di me, mostrandosi. “Non sono stupido, bambolina. Quel ragazzo diceva di essere dei dodici dello zodiaco, quindi ho iniziato la ricerca proprio da questa città. Certo, è stato molto imprudente lasciarti allontanare da sola.”
Strinsi i denti, infuriata. “Maledetto. È facile vincere quando il tuo avversario non si può muovere. Combatti lealmente. Se vincerai, verrò con te di mia volontà.”
“Interessante proposta visto che non sai lottare. Accetto.”
Povero illuso, non sapeva che non ero più quella di una volta. Ripresi il controllo del mio corpo e iniziai ad attaccare, sferrandogli un pugno in pieno volto.
“Oh, hai tirato fuori gli artigli?” Alzò un braccio al cielo. “ Lighting!”
Venni pervasa da una scossa elettrica che mi fece cadere a terra. Avevo male dappertutto, ma non mi sarei arresa. Presi la rincorsa e mi avventai su di lui. “Frammenti di stelle lucenti!” Lo colpii in pieno, facendolo volare di qualche metro.
“Questo è giocare sporco, bambolina. Da quando sai combattere?”
Gli stava sanguinando il labbro inferiore, e nei suoi occhi non leggevo niente di buono.
“Sai, mi intriga molto come sei diventata.”
Si stava avvicinando a me, e io non potevo muovermi.
“Avevi detto che mi avresti lasciato lottare!”
“Sì, è vero, ma mi stai provocando col tuo bel faccino, quindi mi prendo la libertà di fare come voglio.”
Mi buttò a terra, mettendosi sopra di me.
“Sai come sta per andare a finire, non è vero?”
Gli sputai in un occhio.
“Questa tua tenacia mi eccita, sai?”
Cercai di urlare per chiedere aiuto, ma dalla mia bocca non uscì niente.
“Ti preferisco quando stai zitta.”
Bastardo. Che cosa avrei potuto fare? Non riuscivo né a muovermi, né a parlare. Avrei dovuto arrendermi e lasciarlo fare? D'altronde, che lo volessi o meno, era il mio destino rimanere legata a lui.
“Vedo che ti sei data una calmata, molto bene.”
Chiusi gli occhi, mentre sentivo le sue mani toccarmi dappertutto. Giurai a me stessa che almeno non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi piangere. Sentivo la sua bocca mordermi il collo per poi scendere lungo tutta la scollatura e, una volta in fondo, mi strappò il vestito con le mani. Dal dolore che avevo provato, sicuramente mi aveva lasciato i segni.
“Come sei bella con questa espressione! Vediamo però se riesco a fare di meglio. Lighting!”
Un'altra scossa potentissima si scagliò su di me facendomi contorcere dalla sofferenza.
“Oh, adesso ragioniamo.”
Cominciò a mordermi i seni, mentre con la mano mi percorreva tutta la coscia fino in cima, fermandosi dove mi faceva più male.
“Vedrai che ci divertiremo un mondo.”
Anche se mi ero ripromessa di non piangere, le lacrime mi scendevano dagli occhi senza che le potessi fermare. Avrei voluto urlare, tirargli un pugno in piena faccia, ma non potevo fare niente. Riuscivo solo a piangere, come una bambina.
Ancora con gli occhi chiusi intravidi una luce avvicinarsi a noi, che mi liberò dalla presa del mio aguzzino. Di riflesso mi nascosi nelle mie ali, ancora frastornata e scossa.
“Mi era sembrato di essere stato chiaro con te.” Il mio cuore ebbe un sobbalzo. Riconoscevo quella voce, era Loki.
“Non puoi difenderla per sempre, sopratutto adesso che so dove si trova. Sono molto arrabbiato, mi hai tolto il giocattolino dalle mani.”
“Non ti devi più permettere, sporco verme!”
Intravedevo delle luci, senza però capire cosa stesse succedendo esattamente. Dopo un po' di tempo, tutto si fece calmo e qualcuno si avvicinò a me.
“Hey, come ti senti?” Ero sollevata dal sentire la sua voce, anche se ero troppo shoccata per rispondere.
“So che sei spaventata, ma dobbiamo tornare a casa, qui non è sicuro.”
Aveva ragione, però non potevo uscire dal mio scudo, il mio vestito era a brandelli.
“N-non posso.”
Sospirò. “Prendi la mia giacca, penso vada bene. Stai tranquilla, terrò gli occhi chiusi mentre ti sistemi.”
Cautamente sbucai fuori dalle mie ali, indossai la giacca e con il vestito rimasto mi feci una gonna. “G-grazie.”
“Di nulla.” Mi mise un braccio intorno alla vita e lentamente ritornammo in città.
Appena varcato il cancello mi venne incontro Fenix.
“Stai bene meno male! Ero così in pensiero!”
Le sorrisi debolmente, ero ancora molto scossa.
“Fenix, è meglio portarla a riposare. Ne parlerete domani.”
Con aria confusa ci seguì fino a casa, dove ci aspettavano gli altri dodici.
“Che cosa è successo?”
“Stai bene?”
“Sei ferita?”
Stavano facendo un mucchio di domande simultaneamente, e io non sapevo che fare né come rispondere.
“Ragazzi! Statevene un po' calmi! Meno male l'abbiamo trovata, ma adesso ha bisogno di riposo. Grazie a tutti per aver partecipato alle ricerche, buonanotte.”
Entrammo in casa senza dare spiegazioni e venni accompagnata nella mia stanza.
“Non voglio essere invadente, quindi ti lascerò in pace stasera. Però se hai bisogno di qualsiasi cosa vieni a bussare, d'accordo?”
Annuii. “Grazie. Buonanotte.”
“Notte tortorella.”
Mi regalò un sorriso che mi fece sciogliere per un istante. Mi sedetti sul letto, e mi misi a piangere. Ero debole, incapace di difendermi da sola, una stupida testarda che nemmeno sapeva badare a sé stessa. Respirai profondamente, sentivo addosso ancora il suo sporco odore che mi stava facendo dar fuori di matto. Decisi di andare a farmi una doccia calda, e appena uscita, notai i lividi che mi aveva lasciato sulla pelle. Sbuffai. “Rimarranno sicuro per qualche settimana.” Indossai il pigiama facendo attenzione a coprire i segni con una sciarpa e feci ritorno nella mia stanza, sprofondando tra le coperte. Mi addormentai più volte, ma ero sempre svegliata dall'incubo di essere ancora nelle sue grinfie. Piansi tutte le lacrime che avevo, disperata.

Bussarono alla porta, erano le tre del mattino. Andai ad aprire anche se controvoglia.
“So che ti avevo detto che ti avrei lasciato in pace, ma i tuoi singhiozzi si udivano da camera mia.”
Mi sentivo uno schifo, avevo gli occhi gonfi e i capelli per aria.
“Scusami.”
Gli chiusi la porta in faccia perché non volevo mi vedesse così, ma lui la bloccò con il piede, riaprendola. Entrò nella stanza e prese posto sul letto. “Non mi va di lasciarti da sola.”
“Sei irritante.”
“Lo so.”
Mi sedetti vicino a lui, sospirando. “Non avrai gli incubi vedendomi così conciata?”
“Che esagerata che sei, lo sai che sei sempre bellissima.”
Arrossii appena.
“Vuoi parlarmi di cosa è successo?”
“Beh, credo che tu l'abbia già capito a sufficienza.”
Abbassò lo sguardo. “Avrei voluto arrivare prima.”
“E io avrei voluto non fare la stupida e rimanermene in città, ma non possiamo tornare indietro. Inoltre... Avevi ragione. Mi sono resa conto di non poter fare niente contro di lui...”
Mi pizzicavano gli occhi, di nuovo. “Non voglio farmi vedere così da te. Sono crollata, sto raschiando il fondo. Lasciami sola.”
Mi prese le mani fra le sue. “Non ti preoccupare di cosa posso pensare di te. La mia opinione non cambierà per qualche lacrima in più. E riguardo a quell'infame, troveremo una soluzione, devi avere fiducia in me.”
“Non ce la faccio. Ho capito di essere debole e ora vorrei solo sparire e non farmi più trovare da nessuno.” Mi appoggiai contro il muro portandomi le ginocchia al petto.
“E ti renderebbe felice?”
“Renderebbe felici tutti.”
“Mi sono stancato di sentirti dire scemenze, tortorella. E mi sono anche rotto di quel broncio.”
Si avvicinò a me con fare minaccioso. “Cosa hai in mente?”
Mi intrappolò le mani e iniziò a farmi il solletico. “No, questo no ti prego!”
“Allora rimangiati tutto.”
Facevo fatica a respirare dal ridere, e più cercavo di liberarmi più la situazione peggiorava. Dopo un attimo di lotta, mi dovetti arrendere.
“Okey, okey, me lo rimangio.”
“E devi anche dire che sono bellissimo.”
Stava esagerando. “Non ci penso nemmeno!”

“Peggio per te.”

Mi sdraiai sul letto cercando di sciogliermi dalla presa, ma lui era nettamente più forte di me.
“Allora?”
“Non ce la faccio più!”
“Quindi cosa devi dire?”
“Va bene, va bene, sei bellissimo, ma ora smettila!”
Le sue mani si fermarono e io finalmente ripresi fiato. “Sei troppo ostinato.”
Lo studiai, aveva lo sguardo fisso, e un'espressione che non decifravo. “Che c'è?”
Con la mano mi sfiorò il collo, e mi resi conto di essermelo scoperto un poco. Repentinamente lo nascosi sotto la sciarpa.
“Fammi vedere.”
“Non voglio.”
“Non fare la bambina.” Conoscevo quell'espressione, si stava arrabbiando. Mi tolsi la sciarpa, mostrando i miei lividi.
“Quel bastardo. Hai solo questi?”
Sospirai. “No, ma gli altri sono in posti che non ho intenzione di mostrarti, quindi mettiti il cuore in pace.”
Strinse i pugni. “Perché non sono arrivato prima? È riuscito a scappare, ma la prossima volta che mi capita di fronte giuro che...”
“Ehi, calmati. Hai già fatto tanto per me, non preoccuparti. Questi in un paio di settimane spariranno, vedrai.”
Cominciò ad accarezzarmi la pelle ferita. “Ti fanno male?”
“Bruciano un po', ma niente di insopportabile.”
Si stese vicino a me, mettendomi un braccio intorno alla vita. “Non lascerò che succeda di nuovo.”
“Grazie, lo apprezzo molto.”

Ci addormentammo insieme.

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