49)|Enkaze|

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Otp

"Fratello protettivo"

«Suvvia, Nathan!»
«Suvvia un cazzo, non ci vai.»
«Ci saranno si e no dieci persone che, tra l'altro, conosci perfettamente! Credi che ci sarei voluta andare, altrimenti?»
Mark si tappò la bocca per non ridere e Nathan lo fulminò con un sguardo tagliente. Poi tornò a guardare lo schermo del computer.
«So come funzionano quelle feste, Jade. Non ti permetto di andarci. E se per caso volete fare quei giochi stupidi che fanno gli americani?»
«Nathan, ho 22 anni...»
«Esatto, sei ancora troppo piccola.»
Jade sbuffò dall'altra parte dello schermo. Lanciò uno sguardo al suo fianco e scosse la testa. Paolo apparì per qualche secondo, giusto il tempo di sussurrare qualcosa all'orecchio di Jade. Jade, dal canto suo, ridacchiò e si sporse, come per guardare Nathan da un'altra prospettiva:
«Mark, posso andare?»
«Certo, Jade.»
«Mark!»
Si indignò Nathan, mentre Jade sorrideva e mandava un bacio volante al ragazzo seduto sul divano. Nathan lo guardò sconvolto, e, nel mentre, Jade li salutò velocemente e chiuse la chiamata.
«Mark!»
Gridò Nathan, ma per quanto paresse incazzato Mark capì che era solo un po' protettivo. Un po' tanto, forse. Mark mise su uno dei suoi soliti sorrisi ma Nathan, preparato com'era a certi colpi bassi, non lo guardò neppure in faccia.
«Eddai, Nathan, ha solo un anno meno di te.»
«Si, ma due in meno di tutti gli invitati a quella festa Universitaria.»
Sbottò il blu, e Mark notò un adorabile broncio ornargli la bocca.
«E se anche fosse? Anche io ho due anni in più di lei. Anche Paolo. »
«Infatti non mi fido né di te, né di Paolo.»
Mark rise e Nathan sbuffò, arrendendosi e sedendosi di fianco a lui. Mark gli baciò la fronte e Nathan sospirò e si mise comodo sul divano. Si rese conto più tardi che era nella "L position", e un'idea gli balenò in mente:
«Ma certo...»
Sussurrò sovrappensiero.
«Se le faccio scoprire un altro anime di una discreta trama potrebbe rimanere in dormitorio a guardarlo per tutta la durata della festa!»
Non si rese conto di averlo detto ad alta voce, fino a che Mark non si staccò fintamente preoccupato:
«Sei psicopatico.»
«Io mi definirei "astuto".»
«Nathan, scherzi a parte, perché non vuoi che ci vada?»
Nathan sorrise lievemente ed alzò le spalle. Mentre la lancetta dell'orologio segnava le sei di pomeriggio, ossia l'inizio esatto della festicciola, Nathan capì che non sarebbe riuscita a convincere in alcun modo sua sorella a rimanere al Campus.
«Perché so di cosa sono capaci i ragazzi.»

«Non so se essere felice perché non sei lì o incazzato perché sei qui.»
Queste furono le prime parole che Nathan pronunciò, quando Jade e Paolo comparirono all'ingresso di casa loro. L'Università che frequentavano distava quasi tre ore di macchina da casa Evans-Swift, e visto che ci avevano messo appena un'ora ad arrivare dovevano aver preso il treno.
Né Jade né Paolo si lasciarono abbattere da quello scarso benvenuto, e mentre la prima abbracciava il fratello (che ricambiò controvoglia) Paolo salutò calorosamente Mark, che era rimasto dietro al fidanzato, con un caloroso sorriso.
«Visto che domani è domenica, abbiamo pensato di fare una visitina.»
Esclamò Jade, togliendosi il giubbotto chiudendo la porta come fosse a casa sua.
«In realtà, più che "abbiamo" sarebbe corretto "hai". »
Continuò Paolo, imitandola e togliendosi le scarpe.
«Si, ma tu eri d'accordo. »
«Sono d'accordo, ma lo hai pensato solo tu!»
«Potevi anche non venire!»
«Non me lo avresti permesso »
«Si, hai ragione.»
Mentre Paolo e Jade ancora si attardavano sull'uscio, Mark circondò le spalle di Nathan, che ora si massaggiava la fronte per la frustrazione: erano le sette di sera, non avevano niente in frigo e sua sorella si era appena auto-invitata a casa sua. Probabilmente aspettandosi anche di mangiare.
«Almeno non è andata a sbronzarsi con gli altri, no?»
Domandò Mark con un sorriso. Nathan sghignazzò ed annuì, lasciando che Mark lo baciasse dolcemente.
I battibecchi di Paolo e Jade si bloccarono e Nathan si staccò, nascondendo il rossore. Afferrò la cornetta del telefono, senza che Mark si muovesse di un millimetro, e digitando un numero domandò, retoricamente:
«Pizza?»
Che domanda stupida da fare ad un italiano ed ad una Romagnola adottiva.
«Pizza!»















Ridendo e scherzando questa cosa è successa davvero.

La prossima shot spero di scriverla un po' più lunga e corposa, e ho intenzione di farla un po' speciale... Spero che, intanto, siate pronti ad aggiungere alla biblioteca laraccolta.
Vero?
VERO!?

Inazuma Eleven ~One Sh(i)t~ [In Revisione]Where stories live. Discover now