3)♦Fudokidou♦

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Otp

"Andava tutto bene"

Stavano insieme da tre anni, quando accadde. Stavano tornando a casa insieme, mano nella mano, quando Jude cominciò a sentire delle fitte allo stomaco. Non ci aveva fatto molto caso all'inizio. Continuava a sorridere sornione, lo trascinava allegramente tra i marciapiedi deserti, fino a sotto il lampione, dove finalmente Caleb lo vide in faccia: era bellissimo, come sempre. Anche nella penombra poteva vedere i suoi tratti delicati e precisi: i suoi occhi rossi e indagatori erano coperti dagli occhialini, ma Caleb notava quella scintilla d'amore che aveva anche lui, ogni volta che lo guardava. Jude gli circondò il collo con le braccia, ma quando si baciarono fece una smorfia di dolore: «Jude?» domandò Caleb preoccupato, mentre il rasta si inginocchiava per terra, trattenendo dei conati di vomito. «Cal.. Io...» sussurrò, prima che il vomito fuoriuscisse dalla bocca, senza sosta. Caleb lo prese tra le braccia, fregandosene di sporcarsi e, preoccupato, cercò di ricordarsi il tragitto per arrivare all'ospedale. «Va tutto bene, Jude, ora andiamo in ospedale». Jude cercava di scusarsi, tra un conato e l'altro, ma Caleb lo zittì più volte, imprecando contro Google Maps del suo cellulare. Quando finalmente arrivarono, Jude gli era svenuto tra le braccia.

Cancro. Jude aveva il cancro. Caleb non riusciva a crederci. Jude non si era mai ammalato in tutta la sua vita, non si era mai assentato per malattia né a scuola né a lavoro. Non aveva mai neppure finto di star male, a contrario di Caleb, che spesso si autodiagnosticava la febbre solo per farsi 'curare' a suon di baci. Ma, all'improvviso, Caleb cominciò a capire perché Jude dormisse così poco negli ultimi mesi. Quelle volte in cui Caleb si svegliava la notte, per colpa si uno di quegli incubi che lo tormentavano da sempre, Jude non era mai accanto nel letto. «Non ho sonno, stress da lavoro» gli ripeteva il compagno, prima si stendersi di nuovo accanto a lui per aiutarlo ad addormentarsi. Il cancro. Caleb si portò le mani alla cresta, quasi a volersi strappare i capelli. Una mano delicata gli sfiorò il profilo del viso. Caleb alzò lo sguardo: Jude era in piedi davanti a lui, in pigiama, una flebo a succhiargli sangue dal braccio e il palo stretto nella mano sinistra. Caleb si alzò in tutta la sua altezza e lo strinse forte tra le braccia. Sentì qualcosa bagnargli il collo e sospirò, accarezzando i capelli del suo ragazzo: «Perchè non me lo hai detto?». Jude lo strinse più forte tra le braccia: «È solo al primo stadio, un po' di chemio e...» «Jude, perché cazzo non me lo hai detto?» Caleb si staccò dall'abbraccio bruscamente, Jude rischiò di cadere a terra ma Caleb cercò di non mostrarsi debole aiutandolo a recuperare l'equilibrio. «Potevo aiutarti, potevo fare il doppio turno e racimolare un po' di soldi!» Caleb quasi urlò, ma questa volta il volto di Jude si indurì: «Proprio per questo non te l'ho detto, Caleb!» Jude venne interrotto da un colpo di tosse, poi si tenne una mano sullo stomaco. «Riesco a pagare le cure da solo, speravo solo che questa sera finisse in un altro modo..» sussurrò Jude debolmente. Caleb lo prese tra le braccia e trainò il palo della flebo fino alla stanza di Jude, dove lo stese sul letto: «Con "un altro modo" intendi nel letto? » sogghignò maliziosamente Caleb. Jude gli sorrise stancamente e gli indicò il giubbotto appeso alla porta: «Non solo..» sussurrò Jude, prima di chiudere gli occhi. Caleb gli strinse la mano, poi si voltò verso la porta ed afferrò il giubbotto. Non capiva cosa intendesse Jude con "non solo" ma.. Caleb tastò la tasca destra e per poco non sobbalzò. C'era un cubetto piccolo e duro e, tirandolo fuori, Caleb capì che era una scatolina. Mentre la apriva, le mani cominciarono a sudare, gli occhi si riempirono di lacrime: un anello.

Tre mesi dopo, Jude venne dimesso. Il cancro non era scomparso, Caleb lo sapeva, ma forse era appena cominciato il suo periodo di pausa. Jude gli giurò che, nel caso di una ricaduta, glielo avrebbe detto, ma Caleb continuò a temere di perderlo da un giorno all'altro. Fino a quel giorno. Caleb si svegliò tardi, quella domenica. Si chiese perché Jude non lo avesse svegliato come suo solito e venne travolto dalla preoccupazione. Corse fino al bagno, temendo di trovarlo lì steso a dimenarsi dal dolore, ma non era lì. Quando arrivò in cucina, vide un biglietto attaccato ad un filo rosso sul tavolo della cucina e, leggendolo, si asciugò il sudore dalla fronte, sospirando di sollievo:

Segui il filo, ti aspetto .♥

Caleb si svestì velocemente, poi afferrò il biglietto e aprì la porta. Il filo proseguiva fino a giù per le scale, poi a destra fino al parco dietro la chiesa. Guardandosi attorno, però, non lo vide da nessuna parte. «Ma dove..» il punk si bloccò, notando un altro biglietto attaccato al semaforo.

Quella notte

Leggendo quelle due parole, Caleb capì in un lampo dove doveva andare: corse per la strada come un pazzo, ripercorrendo il tragitto di quella notte, fino a quel lampione. Jude era appoggiato ad esso, parlava da solo gesticolando, e, spesso, schiaffeggiandosi la fronte. Era davvero tenero, con le guance ed il naso rosso e il broncio sempre più preoccupato stampato in faccia. Quando lo notò, Jude gli sorrise e attese che si avvicinasse. «Ciao» salutò Jude, riuscendo per miracolo a non balbettare. Caleb inclinò la testa, gli alzò il mento con un dito e lo baciò dolcemente. «Spero mi spiegherai perché mi hai portato qui.» sghignazzò Caleb e Jude deglutì. Quando lo vide frugare in tasca, Caleb indietreggiò: «No!» esclamò, quando Jude tirò fuori la scatola. Vedendo il rasta trattenere le lacrime confuso e sconvolto, Caleb portò una mano alla tasca dei pantaloni e, sorridendo, gli infilò l'anello al dito: «Volevo farlo io».

Prendendogli la mano, sentendo Jude pronunciare il suo "sì", Caleb ebbe la conferma che sarebbe andato tutto bene.

Revisionato

Inazuma Eleven ~One Sh(i)t~ [In Revisione]Where stories live. Discover now