22. La ville lumière è troppo romantica per me, Roma?

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Alle sette scesi da mia sorella e la feci alzare dal divano. Mentre si preparava (un’ora solo per fare la colazione), mi misi a parlare con quel ragazzo. Eh, tra maschi ci si capisce subito…Disse che aveva visto subito che avevo bisogno di un aiuto da Tess e in fretta, che avevo fatto un lungo viaggio e non avevo dormito quasi per niente.
«Ma…come fai? Io non credo di riuscirci…»
«Non lo so. È una mia capacità naturale…» Scrollò le spalle.
«Come ti chiami? Di cognome»
«Chase – Wellington»
«Hai due cognomi perché ti hanno adottato?»
«Sì. Ho conosciuto la mia mamma naturale. Si chiamava Astra…» Assunse un tono triste.
«Chiamava? È…è morta?»
«Purtroppo. Lei era l’unica che mi capiva. Una volta era venuta da me e mi disse che la sua ora era quasi giunta…in quel periodo era venuta spesso. Ma da allora, non l’ho più vista, né ho ricevuto sue notizie» Abbassò lo sguardo. Forse ero andato troppo sul personale? Naaah.
«E lei non faceva di cognome Chase»
«No, ma ora mi chiedi troppo»
«Conosco, o meglio, conoscevo una certa Astra che in effetti è morta…se è quella Astra, tu sei potente, Max. Non quanto me, ma abbastanza. E ho capito perché hai intuito tutte quelle cose su di me» Mi stesi sul divano, non curante del fatto di avere le scarpe piene di fango.
«Beh, descrivimela»
«Allora, era alta, magra e aveva le lentiggini. Aveva i capelli biondi, forse un po’ sul bianco, e gli occhi verdi giallognoli. Scusa, no, ai mortali sembravano così, ma in realtà erano dorati. Aveva un bel portamento da principessina, era molto gentile e raffinata»
«Sì, è probabile»
«Il cognome era Night qualcosa…» Richiamai alla mente tutti i cognomi che ricordavo. Zero assoluto.
«Ah già. Nightglider» si ricordò Max, per fortuna.
«Bravo. Lei»
«Allora è la stessa persona»
«Allora, finiti tutti i casini, se mi riesce salvare il mondo e non morire, torno qui. Io sono Harper, piacere» Gli tesi la mano. «Se qualcuno ti chiede di me, non si sa mai, digli che non mi hai mai visto»
«Ok…ma in che senso salvare il mondo?»
«Te lo spiegherò se sopravvivrò. Altrimenti chiedi a Tess. Lei ti potrà spiegare con più calma» Mia sorella comparve dietro di me.
«Allora, vuoi andare o no?»
«Ehi calma, sorellina, ora andiamo»
«No, altrimenti mi lasciavi dormire ancora un po’»
«Te almeno non hai dormito per terra con una tigre come cuscino»
«No, infatti ho dormito nel divano con due mie amiche»
«Ciao Max. Spero tanto di poter tornare, tra un paio di giorni…» Mi alzai dal divano e recuperai il mio zaino. Poi aprii un portale per Roma. «Ti va di andare prima a Roma? Parigi è troppo romantica e ancora non sono pronto»
«Va bene. Ma Roma è grande…esattamente dove?»
«Vedrai. Vai prima te» La lasciai passare e poi la seguii. Sbucammo dietro ad un albero, riparati dalla vista della gente. Tess si nascose dietro ad un cespuglio, furtiva, cercando il momento giusto per uscire allo scoperto. Io semplicemente mi diressi verso una delle arcate ancora integre del Colosseo. Di prima mattina, alle otto locali, non c’era tanto caldo, ma il sole picchiava già.
«Wow, se il sole è così ora, chissà a mezzogiorno!»
«Questo è seriamente il Colosseo? È fantastico!»
«No guarda, siamo qui per finta. Adesso, il babbo non ha minimamente accennato nel diario al posto preciso. Ha scritto “nel Colosseo di Roma”. Quindi può essere dappertutto»
«Di cosa stai parlando?»
«Della gemma che stiamo cercando»
«E me lo dici ora? Quella di Londra so esattamente dov’è!»
«Anch’io. E infatti l’ho presa. Dal cappello di Peter»
«Sei un grande ladro»
«Grazie. Se non lo fossi, non so dove sarei a quest’ora»
«Smettila. Com’è fatta?»
«Verde prato»
«Forma?»
«Dovrebbe essere a goccia…tipo queste» Le mostrai la collana.
«Le tieni tutte nella collana?»
«Sì, tanto Edgard da quant’è stupido non se ne accorge. Non mi ha neanche riconosciuto! E poi, ho così tante collane…»
«Le nascondi bene. Non sembra che ce le hai, tutte ‘ste collane» Entrò dentro il Colosseo, questa volta senza guardarsi intorno in modalità furtiva. Attraverso un lungo corridoio ad archi arrivammo in una zona con delle teche e alcune ossa di animali che si trovavano lì dentro, nell’arena.
«Ecco, guardiamo bene, ora…soprattutto dove c’è tanta roba accatastata»
«Hai detto verde?»
«Sì. Trovata?»
«Ancora no»
Ispezionai un paio di scatoloni. Il babbo aveva la passione per gli scatoloni. Non volevo usare la magia perché era mattina e qualcuno se ne sarebbe accorto e perché c’era Tess. Non volevo che mia sorella mi considerasse…strano. Era l’ultima persona di famiglia rimasta, e ci voleva poco ad allontanarla da me. Lei era una ragazza normale. Non aveva ereditato niente dai miei genitori. A volte capita. Ma era quasi impossibile che non ereditasse niente. Per esempio, anche Sue non aveva poteri. Però lei ha lottato per il bene della nostra dimensione e del mondo intero. Tess…non ne aveva voluto sapere. Era voluta andare via. Così la “adottarono” degli amici della mamma. Ha sempre saputo la verità su di noi, ma non ne voleva sapere di venire anche solo a dire: “Come va?”. A volte ero io ad andare da lei. Le ho dovuto nascondere molte cose per poterci parlare normalmente. Non volevo rovinare anche l’ultimo legame familiare così. Avrei usato i miei poteri solo se in casi estremi. E mai le Tenebre.
«Ehi, ho trovato qualcosa»
«Dove?»
«Lì, dentro a quel cranio»
«Ok, ora la prendo» La gemma era dentro il cranio di un leone, dentro una teca di vetro ben sigillata. Un attimo per riflettere. Era meglio il coltellino o la lancia? Con il coltellino avrei fatto leva solo su una parte del vetro e il resto l’avrei potuto alzare facilmente. Con la lancia avrei applicato più forza, ma la teca si sarebbe sollevata tutta insieme. E avevo più spazio per impugnarla bene. Se il coltellino mi scivolava di mano, rischiavo di fare seriamente male a mia sorella…
«Ok. Ora guarda e impara» Evocai una lancia decisamente poco appariscente. Il manico era d’oro lucente, che splendeva dove i raggi del sole riuscivano a colpirlo. La punta era fin troppo luminosa. Emanava abbastanza luce da poter sostituire il sole nel cielo. Per evitare che evocassi la lancia sbagliata (sì, ne ho tantissime. Ancora di più però sono le spade) mi ero concentrato un po’ troppo sull’Elemento della Luce. Quella era la lancia più pura. Ma anche la più resistente. Infilai la punta nella fessura sottilissima tra il vetro e il velluto, mi spostai di un passo più lontano dalla teca e spinsi giù la lancia il più forte possibile. Il vetro non oppose alcuna resistenza e saltò in aria. Per poco non colpì il soffitto. Lasciai immediatamente la lancia, che scomparve, e feci un’agilissima rovesciata indietro. Presi con entrambe le mani il vetro. Sarebbe dovuto essere pesante, ma non facevo un grande sforzo a tenerlo sollevato. Lo diedi in mano a Tess, che al contrario di me strabuzzò gli occhi e si piegò praticamente in due.
«Fatto da te sembrava semplice…e questo coso sembrava molto più leggero…»
Risi, mentre prendevo in mano la testa del leone. La gemma scivolò subito nelle mie mani e io la attaccai alla collana. Presi il coperchio della teca e lo rimisi al suo posto.
«Quanta forza hai, me lo spieghi? Ora m’immagino quanto sarà pesante quella lancia…»
«Non così tanto. Ora muoviamoci prima che…Oh no. È troppo tardi. Mi spiace dover lasciare il vetro sporco» Una guardia si era accorta che io avevo “rubato” qualcosa e ci stava venendo incontro, vestita da antico romano e con una lancia antica abbastanza affilata.
«Adesso cosa facciamo?»
«Sai qual è la cosa più eroica da fare?»
«Combattere?»
«No. Scappare» Molto agilmente, saltai da una teca all’altra fino all’arena. No, non cadde niente, per mia fortuna. Entrai nella famosa arena del Colosseo e mi voltai indietro. Vidi Tess che si era eroicamente nascosta dietro una vetrina e la guardia chiamare rinforzi. Sopra l’arco dal quale ero entrato nell’arena c’era una tribuna. Sicuramente non potevo non combattere lì dentro. E un combattimento uno contro cinque meritava un ingresso decente. Saltai nelle tribune e aspettai che le guardie facessero il loro ingresso nell’arena. Era meglio la mia spada lucente o un bastone apparentemente innocuo? Meglio il bastone. Potevano pensare che l’avessi trovato lì. Feci apparire il mio bastone e lo feci roteare in una mano.
«Ehi, guardie, sono qua!» Atterrai davanti alle cinque guardie schierate perfettamente in linea.
«Ascolta, ragazzino, non ti vogliamo fare del male. Ridacci subito quello che hai preso»
«Io non ho preso niente»
«E allora perché hai smontato la teca?»
«Per controllare che non ci fosse nulla di mio»
«Si, certo. Come ti chiami?»
«Matthew Harper. Piacere»
«Non sei italiano. Come mai lo parli così bene?»
«Parlo tante lingue alla perfezione. L’italiano è tra quelle»
«Dove abiti?»
«Non a Roma»
«Ti abbiamo fatto una domanda semplice: dove abiti?»
«Londra, Battersea Park»
«E sei qui come turista? Dove sono i tuoi genitori?»
«Non mi considero un turista. E…ehm, i miei genitori sono lassù» Indicai il cielo con la mano libera. «Io sono maggiorenne. E non ho nessun adulto con me»
«Come no! E perché dentro una teca del Colosseo ci dovrebbe essere qualcosa di tuo?»
«Perché un mio parente nascose qui una cosa che stavo cercando»
«Smettila ragazzino di inventarti scuse e dicci dove sono i tuoi!»
«Non ci sono. E vi ricordo che sono maggiorenne»
«E allora seguici dalla polizia»
«Eh no. La questione la risolvo da solo. Non ho bisogno di agenti ficcanaso»
«Cosa intendi? Non abbiamo mai avuto a che fare con ladri di ossa di animali…»
«Non sono un ladro» Li guardai uno ad uno negli occhi, e nessuno sorresse il mio sguardo. Io sorrisi. «Bene. Adesso…» Un ruggito mi interruppe. Come al solito, avevo a che fare con degli Stregoni che fingevano di essere comuni mortali. Una guardia alzò il capo, sorridendo.
«Scusa Harper, ma i rinforzi sono arrivati» Fece un cenno ai suoi colleghi e se ne andarono. Tess mi raggiunse, e mi disse:
«Lo sai vero che uno di loro è uno Stregone? E adesso andrà a dire a tutti di averti trovato qui? Ah, stai attento ai leoni»
«Si, so che uno è uno Stregone ma non andrà a dire niente a nessuno perché i suoi leoni falliranno il loro compito»
Lei fece spallucce e si sedette sulle tribune. Io feci scomparire il bastone e mi trovai a far roteare la mia spada. La cosa che non tutti sanno è che la mia spada può diventare una qualsiasi altra arma, sempre di Cristallo. Per sicurezza evocai anche la lancia di Luce fluorescente. Mi guardai intorno. Cinque leoni enormi. Erano intorno a me. Ero circondato. E attaccarono tutti insieme. No problem. Con il mio solito sorriso della serie: “non mi fate paura tanto vinco io”, aspettai che mi balzassero addosso, poi mi rotolai a terra sotto ad uno di loro. Vidi una nube enorme di polvere alzarsi in un aria, accompagnata dai ruggiti doloranti dei leoni. Quando capirono cosa era successo, si rialzarono e camminarono lentamente verso di me. Erano pieni di graffi e ferite sanguinanti. Uno di loro mi balzò addosso e lo infilzai con la lancia. Lo so che andrebbe lanciata ai nemici, ma avevo voglia di un enorme spiedino di leone. Evitiamo di parlare di cibo, per favore. Davanti a me ne erano rimasti solo tre. Ne mancava uno. Sentii qualcosa sfiorare il polpaccio. Chiamato in causa il leone mancante. Con uno scatto decisamente felino mi atterrò. Brutta mossa. Evito di dire che la mia reazione fu di mozzargli la testa. No, scusate, l’ho detto. Ebbene, decapitai un leone innocente. Brutta fine. Ma se l’era meritato. Mi aveva piantato gli artigli nel petto, lasciandomi anche quattro strisce sanguinanti che (per fortuna) si cicatrizzarono quasi subito. Purtroppo, gli incantesimi di guarigione non sono il mio forte, e quello mi prosciugò quasi tutte le mie energie rimaste. Mi mancavano tre leoni. E io ero a terra. Da bravo guerriero, avevo allentato la presa sulla spada. Per chi non avesse capito, non avrei mai dovuto lasciare la mia spada. Soprattutto perché non ero in grado di evocarla da sotto la zampa di un leone in quelle condizioni. E mi resi conto che quei graffi non erano di un leone normale. Quelli non erano leoni normali. Erano leoni focosi. Non nel senso che si arrabbiavano facilmente. Sì, anche quello, ma…Principalmente, prendevano fuoco. Letteralmente. Davano inizio a grandi incendi. Ma non morivano. E i loro artigli contenevano un veleno particolarmente…mortale. Ecco perché era stato così difficile per me, un Harper, fare un incantesimo di guarigione così. E, in effetti, sentivo il veleno scorrermi nelle vene. Una sensazione molto spiacevole. Beh, potreste pensare: “Se i tuoi erano stati uccisi entrambi con il veleno, ti saresti dovuto immaginare che avrebbero provato ad ucciderti con il veleno”. Purtroppo, non c’è alcun rimedio contro il veleno. Né prima né dopo l’avvelenamento. Ma nel mio futuro la mia morte non sarebbe stata lì (Menomale. Steso da un leone. No, decisamente non una morte da eroe). Diedi un calcio nel muso ad un leone, che svenne. Gli altri due arretrarono. Quello che teneva la mia spada me la allontanò ancora di più. Grazie mille, stupido leone. E poi arrivò Tess. Salvato da una mortale. Che vergogna! Sì, era mia sorella, ma ormai era una mortale come tutti gli altri. Prese la mia spada, con estrema fatica (forse perché non aveva poteri faticava così. Ci sono strane regole al giro…) e colpì un leone. Poi me la lanciò addosso, come se non mi facesse male una spada affilata in quel modo sul petto. Bastava sfiorare la lama per una ferita abbastanza profonda. Mise a terra anche l’ultimo leone.
«Sono tutti tuoi, Matti. Fagli fare la fine che meritano!»
«Vendicativa, eh sorellina?»
«Muoviti. Se non fosse stato per me…»
Alzai gli occhi al cielo, come se avessi potuto atterrare quei leoni anche senza il suo aiuto. Per niente vero, ma non lo ammetterò mai davanti a nessuno. Mi alzai e provai a uccidere il leone svenuto. Non ci vedevo niente. Non era colpa del sole che picchiava sulla mia testa. Era colpa di quel veleno. Mi era arrivato alla testa. E non mi restò altro da fare che svenire, uccidendo tutti i leoni con un incantesimo. Purtroppo, era un incantesimo delle Tenebre. Tess non ci fece caso. E svenni. Di nuovo. Per la seconda volta nel giro di tre giorni.

Moonshine I ~ Lo Stregone di FuocoWhere stories live. Discover now